La ghigliottina può attendere? Una nuova legge elettorale sicuramente no
Robespierre venne sfiduciato e ghigliottinato nello spazio di poche ore. Sarà così anche per Di Maio, Toninelli e Fico? La “palude” del (centro) destra osanna capitan Salvini e il suo programma del SI quale investimento decisivo per tornare finalmente al governo dopo otto anni di purgatorio, in cui quella che un tempo si chiamava la “sinistra” ha potuto dimostrare di poterne essere degno sostituto. Dall’articolo 18 alla TAV per meglio chiarire il concetto.
Quello di cui si sta discutendo in questo ferragosto non è certo un “progetto nuovo per l’Italia” ma un posizionamento tattico per capitalizzare al meglio le risorse che ognuno dei mercanti politici in questo momento possiede. Da un lato Salvini e la sua Lega dominano rispetto al prevedibile consenso popolare in nome della cacciata dei profughi e della riduzione delle tasse, con il placet del mondo degli “industriali di stato” ansiosi di rimettere le mani sui tesoretti di infrastrutture (utili ed inutili). Su una sponda diversa il PD gioca ufficialmente la partita della scomparsa del M5S per accreditarsi come unico concorrente in una futura competizione elettorale dopo che Salvini ed i suoi accoliti avranno ulteriormente massacrato la democrazia repubblicana.
La variante di Renzi nel lanciare due giubbotti di salvataggio, al M5S ed al PD, è l’azione politica più sensata che il mercato offre ma rischia di essere tardiva e poco credibile per il deterioramento del quadro di riferimento. Da un lato la confusione mentale di Di Maio che vede solo le 345 poltrone parlamentari da eliminare, mi domando perché non le 1000 esistenti visti i ragionamenti che girano, e dall’altro l’evidente incertezza di un PD che ha tutto da perdere a fare la stampella provvisoria di qualche mese ad un nuovo governo, magari monocolore tecnico, al M5S.
Con i cervelli che abitano l’ordine monastico di Grillo-Casaleggio vedo ben difficile un minimo di programma di legislatura che vada oltre l’orizzonte di un contratto bis.
Ma nel disordine mentale che si palesa in questi giorni, da cui va esclusa la lucidità di Salvini, c’è una questione completamente trascurata. La esistente legge elettorale prodotta a suo tempo dal mitico Rosato e aggiornata pochi mesi fa per essere già pronta in previsione dell’approvazione della modifica costituzionale sul numero dei Parlamentari. Fermo restando che comunque vada, anche con l’approvazione della modifica Costituzionale (e prevedibile referendum confermativo), una consultazione nel giro dei prossimi mesi si farà con la legge applicata nel 2018 a cui sono state fatte modifiche la cui applicabilità non mi pare garantita.
Dentro questa materia ci stanno due vicende che ci interessano particolarmente. Quello delle modalità per garantire rappresentanze delle minoranze linguistiche e la percentuale di voti da ottenere da un partito al livello generale statale per poter accedere alla ripartizione dei seggi del Senato. Ritengo che a proposito di questa norma ci sia stato il livello più basso di condiscendenza del Presidente della Repubblica Mattarella alle pressioni dei partiti politici di andare ben oltre la Costituzione, poiché proprio questa definisce le elezioni per il Senato su”base regionale”.
La domanda politica di fondo che dovrebbe coinvolgere le forze politiche in questo momento diventa allora la seguente: l’Italia può sopravvivere democraticamente con una legge elettorale maggioritaria che può permettere ad una minoranza di prendere il potere e modificare le stesse basi di un equilibrio istituzionale e di convivenza civile, o non è piuttosto necessario ritornare ad un sistema proporzionale, pur con limiti di accesso, ma in grado di integrare politicamente la società italiana e le differenze geografiche e linguistiche che in essa coabitano?
Senza porsi questa domanda nessuno potrà evitare il baratro che ci aspetta e l’inevitabile sacrificio del circolo giacobino a cinque stelle sarà presto dimenticato dalla storia.
Giorgio Cavallo