“La madre” con Lunetta Savino e Paolo Zuccari dal 30 marzo al 2 aprile al Teatro Orazio Bobbio di Trieste
Quanto oltre può spingersi l’amore di una madre per un figlio prima di diventare ossessione, di sconfinare nella follia? È la domanda che agita il dramma “La Madre” col quale il geniale drammaturgo Florian Zeller indaga il tema dell’amore materno e le possibili derive patologiche a cui può condurre. “La Madre”, nel nuovo allestimento diretto da Marcello Cotugno, interpretato da Lunetta Savino e Paolo Zuccari insieme a Niccolò Ferrero e Chiarastella Sorrentino, approda al Teatro Bobbio di Trieste dal 30 marzo al 2 aprile (repliche alle ore 20.30, la domenica alle ore 16.30) come undicesimo appuntamento in abbonamento della Stagione 2022/2023 del Teatro La Contrada. Nei panni di Anna, la madre del titolo, un’intensa Lunetta Savino, che abbiamo visto negli ultimi anni anche in televisione nelle serie “Studio Battaglia” e “Le indagini di Lolita Lobosco”, oltre che nel film “Rosa”, tutto girato a Trieste. La partenza del figlio, ormai adulto, viene vissuta dalla donna come un vero e proprio tradimento, come abbandono del nido, a cui si aggiunge una decadenza dell’amore coniugale in atto da tempo. Anna è ossessionata da una realtà multipla, una sorta di multiverso della mente, in cui le realtà si sdoppiano creando un’illusione di autenticità costante in tutti i piani narrativi. Il mondo di Anna è un luogo in cui lei non si riconosce più, isolata da un ménage familiare che l’ha espulsa. Ma la responsabilità di questa solitudine non sta forse anche nell’aver rinunciato alla vita? Abdicare ai sogni, alle speranze e ai desideri unicamente per dedicarsi al proprio unico figlio maschio su cui riversare frustrazioni, rimorsi e ideali d’amore non è forse un cammino che inclina pericolosamente verso la disperazione? «Il testo di Zeller racconta una deriva dell’amore materno portato all’esasperazione dalla solitudine assoluta di una donna che, di fatto, si è dedicata solo a crescere i figli e al marito», dice Lunetta Savino. «La sua potrebbe sembrare una figura superata ma non lo è, perché Zeller ce la presenta in una dimensione originale, oltre ogni stereotipo. Anna esprime un disagio forte: per lei il figlio maschio ha sostituito l’amore di un marito assente. Questi personaggi creano empatia ma, nello stesso tempo, respingono: quella di Zeller è anche una critica feroce dei rapporti deteriorati all’interno della famiglia». Sebbene il drammaturgo racconti una situazione al limite, è facile riconoscersi nei sentimenti che mette in scena: «Molte spettatrici di diverse età che vengono a vedere lo spettacolo ci si ritrovano: capita spesso, soprattutto alle donne che hanno vissuto un fallimento matrimoniale, di riversare tutto sul figlio».
“La madre” fa parte di una trilogia di opere di Zeller che, approdate dal teatro anche al cinema, indagano proprio i rapporti famigliari: la pièce “Il figlio” è diventato un film con Hugh Jackman, mentre “The Father”, che ha vinto anche il Premio Oscar come miglior sceneggiatura non Originale, ha visto protagonisti sullo schermo Anthony Hopkins e Olivia Colman. E spesso, in Zeller, lo spazio mentale diventa in scena quasi uno spazio fisico. Accade anche in “La madre”: «Con la scusa di un convegno il marito di Anna è sempre in partenza, ma poi riappare. C’è una parte quasi onirica: le cose accadono davvero o sono nella testa della donna?».
LA MADRE
di Florian Zeller
regia di Marcello Cotugno
con Lunetta Savino e Paolo Zuccari
e con Niccolò Ferrero e Chiarastella Sorrentino
scene Luigi Ferrigno
produzione Compagnia Molière / Teatro di Napoli – Teatro Nazionale / Accademia Perduta Romagna Teatri