La poesia del silenzio a cura di Lucrezia Lombardo
Una poesia capace di silenzio. Nel luogo del non detto, difatti, prende forma la parola, che è luce che si staglia nell’oscurità del tacere e di un mondo privo di nomi, in cui la vita è ridotta a pluralità di oggetti. La logica della massa oggi imperante e che ha caratterizzato l’intero XX secolo, del resto, è logica numerica e quantitativa, che annulla l’individualità a vantaggio di un collettivo fanatico, consumistico, narcisista e sadico. Solo nell’intimità individuale, perciò, si dà la bellezza che nasce dalla meraviglia che lascia attoniti. Ogni atto creativo, che genera e dà inizio a qualcosa di nuovo, si radica infatti nello stupore privo di parole, per poi dare forma a un’espressione-linguistica, pittorica, musicale…- che si serve di un linguaggio.
Il paradosso della poesia è tutto qui: nascere dall’impossibilità di dire tipica dello stupore dovuto alla bellezza o al terribile (la presa d’atto, per esempio, della morte) e, solo allora, il silenzio si fa parola. Nel non detto, il detto si delinea.
Dunque, non può che essere una poesia in ascolto, quella che riesce a cogliere l’universale e a colpire nel segno. Il termine silenzio, difatti, nella radice indoeuropea rimanda all’atto di legare, ovvero il mondo e il soggetto si legano nel non detto, nel tacere delle cose, poiché nell’ascolto la realtà si svela e parla di sé. Il poeta è, allora, colui che sa cogliere e riconoscere i suoni e i segni di tale realtà. Non è la poesia che svela il mondo, ma il mondo che si disvela alla poesia, se nel silenzio si pone ascolto.
Lucrezia Lombardo