La primavera negata a Monfalcone
Ormai, la prima rondine è tornata, il tempo bello viene ad annunciare la primavera. Aprite le finestre al nuovo sole, lasciate entrare un po’ di aria pura con i profumi dei giardini e i prati in fior, è primavera. Sono alcune parole di una canzone che ci ha accompagnato per anni, che annunciava la stagione della sveglia, della ripresa, della vita, della speranza. Delle tante magie che la primavera viene a regalarci tutti gli anni, gratuitamente. Con l’età cambiano, ma sempre sono meraviglie ed emozioni che contaminano tutte le persone.
Qui comincia la storia di alcuni bambini e di un asilo nido, che con l’arrivo della primavera, che testardamente viene ogni anno, non potranno andare in giardino perché non c’è. Al suo posto è stato creato uno spazio di cemento e pietrisco, recintato da una rete metallica che lo separa da un parcheggio, per proseguire da una strada trafficata. Nello spazio ci sono ben due alberi e una trentina di vasi con piantine per una futura siepe. Niente verde, fiori, giardino, giochi e giocattoli che stimolano le attività costruttive, solo cemento e pietrisco. Una parte di questo spazio è stato ricavato tagliando un altro giardino inaugurato sei anni fa, intitolato a una persona importante del luogo e del contesto, giustamente ricordato e omaggiato. Da subito è stato dimenticato e abbandonato, ora la parte rimasta, per metà è coperta di pietrisco e l’altra diventata un deposito di rifiuti e di biciclette legate agli alberi. Oltre alla mancanza di rispetto per la persona di cui è stato dato il nome, è proprio un brutto vedere, in particolare perché è un luogo di passaggio obbligato per un sito pubblico importante. Ritengo giusto parlarne perché fa parte del contesto e i bambini ci vivono.
Aprite le finestre…..alcune sono rivolte verso il traffico sottostante che provoca inquinamento, le altre rivolte verso i capannoni e officine che confinano, da cui provengono fumi, rumori, odori, polveri di fibre. Quindi, per ragioni di prevenzione della salute e consigliabile che rimangano chiuse. Pertanto, per i bambini, l’incanto della primavera verrà vissuto nel chiuso dei muri, e la curiosità, le meraviglie, la scoperta, le conoscenze e l’apprendimento, sensibilmente ridotte. Chiusi in una specie di prigione, mentre fuori scorre la primavera che viene e se ne va, e le rondini volano alte dove non si vedono e si sentono.
Penso a questi bambini seguiti e coordinati da insegnanti con il compito di stimolare lo sviluppo dell’immaginazione per vivere la primavera dell’identità del territorio. Un percorso che parte dal mare immenso che si trova a pochi metri, dal suo rapporto con la città e il posto di lavoro dei genitori. Seguendo il mare si arriva ad incontrare il punto più a sud del canale Dottori, un’opera dell’ingegneria dell’uomo che ha trasformato l’agricoltura del territorio dove vivono le loro famiglie. Questo luogo è il punto più a est della pianura padana che incontra il Carso, il polmone verde della città che si stende fino a incontrare il cielo. Certo, possono venire in aiuto le tecnologie per creare suoni, rumori versi, odori e profumi, colori, e per proiettare le foto e i filmati, per vedere anche il cielo. Torno nella realtà, è il posto dove ci sono dei bambini, dentro quattro mura, dove la primavera viene negata. Qui termina la storia. Storia nella quale si trovano le opportunità per il cambiamento, che dipendono da noi.
I bambini sono i primi nei discorsi, ma non lo sono sul terreno dell’agire politico. Il tema della primavera è una dimensione privata di quei bambini, che ha a che fare con la possibilità di vita dei loro genitori è non quella delle responsabilità collettiva. Quasi delle non persone.
Mi chiedo:
-che idea di società e dietro a questa scelta?
-perché si è percepito che si poteva fare?
-perché non ci sono state proteste?
Forse perché è più facile adattarsi al peggio che ribellarsi e pretendere il giusto. Siamo davanti a una indifferenza generale che prevale. Quella dei responsabili che hanno deciso e quelli che hanno condiviso, poi c’è quella di chi è stato in silenzio e poi quelli che hanno distorto la conquista dei lavoratori trasformandola in un regalo dell’azienda. Questa volta le conseguenze dell’indifferenza ricade sui propri figli, quelli “Doc”. Ritengo questa, una fase di emergenza culturale, a un passo dal fallimento.
Tutto parte dal posto scelto, e li che bisogna tornare per vedere che a pochi passi esiste uno spazio verde con fiori, con alberi, con vista mare, dove i bambini possono essere Loro la primavera, sviluppare i propri sensi, curiosare, meravigliarsi, vivere un incantesimo, sognare il loro futuro. E compito di tutti quello di prepararlo, ascoltando i bambini.
Luigino Francovig