Lettera aperta al presidente Fedriga in merito all’applicazione del Pnrr in Fvg
Il consigliere regionale Walter Zalukar ci ha trasmesso una lettera aperta che ha scritto al Presidente della Regione Fvg Fedriga in merito all’applicazione del Pnrr in Fvg. Questo il testo integrale della lettera:
Gent.mo Presidente,
nella seduta della 3° Commissione consiliare del 30 novembre scorso l’Assessore alla Salute, in replica alle mie critiche al PNRR, aveva convenuto di non essere d’accordo su questo piano statale, pagato con fondi comunitari, e di non credere che le Case della comunità siano una soluzione per l’assistenza territoriale. Aveva altresì precisato di dover applicare un riassetto deciso dal Governo, che le Regioni devono eseguire, facendo osservare – con veemenza – che non era quello il luogo per discutere di PNRR, in quanto è di competenza dei parlamentari e in particolare delle commissioni sanità di Camera e Senato, e a loro bisogna dunque rivolgersi.
Condivido nel merito le valutazioni espresse dall’Assessore alla Salute sul PNRR, ma se è vero che tali provvedimenti sono decisi a livello centrale è altrettanto vero che il Presidente del FVG, e tanto più essendo anche Presidente della Conferenza delle Regioni, ha maggiori possibilità di interloquire efficacemente con il Governo e anche più forza per correggere provvedimenti discutibili, come pare essere il caso del capitolo sanità del PNRR.
Sarebbe quindi auspicabile un intervento del Presidente del FVG sul Governo per ridiscutere le parti più claudicanti del PNRR, perché credo sia inaccettabile investire ingenti somme di denaro in una sorta di sostanziale replicazione del piano sanitario della Giunta Serracchiani, che nei fatti è risultato fallimentare.
Relativamente alla missione sanità del PNRR pare evidente che le risorse rese finora disponibili non saranno sufficienti per potenziare radicalmente il SSR, però è possibile ipotizzare degli obiettivi che si prefiggano un impiego più efficace delle risorse disponibili.
Con la pandemia sia la medicina del territorio che la rete ospedaliera si sono dimostrate largamente insufficienti ed è chiara la necessità di potenziare e ammodernare il sistema sanitario, e per questo il PNRR costituisce un’importante occasione.
“Puntare” sulla medicina del Territorio (“Cure primarie”) è fondamentale, e in questo senso, in linea di principio, l’azione del Governo appare del tutto condivisibile.
Ma nel PNRR proposto dal Ministro Speranza, al di là delle affermazioni ideologiche e di principio, non sembra esservi una vera riforma dell’assistenza sanitaria, ma una semplice moltiplicazione di sportelli e strutture (Case della Salute comunitarie, Centri di Coordinamento territoriale e Ospedali di Comunità), senza che si possa intravvedere una vision complessiva, né una programmazione credibile, in termini di analisi dell’esistente, di definizione degli obiettivi e della loro fattibilità, delle azioni idonee a perseguirli, di un sistema di monitoraggio atto a verificare i risultati e indicare possibili correzioni.
Dall’esame dei documenti relativi al PNRR attualmente disponibili, dove si entra nel dettaglio su servizi, strutture e relativi costi, non emerge neppure un reale potenziamento delle cure territoriali.
Per i Medici di Medicina Generale, che dovrebbero rappresentare il fulcro delle Cure Primarie, è previsto addirittura un decremento, da 42.000 nel 2020 a 35.300 nel 2027. Attualmente sono previsti 1500 assistiti per ogni medico. Già ora con questi numeri ogni medico può dedicare ad ogni assistito in media circa un’ora all’anno (considerando un impegno orario settimanale pari a quello di un medico dipendente, 38 ore/settimana). E dovrebbe distribuire il suo tempo fra ambulatorio (se lo mantiene), Case della Comunità, visite domiciliari e Ospedali di Comunità.
Per ogni Casa della Comunità è prevista la nuova assunzione di soli due infermieri. Il resto del personale (medici di medicina generale e specialistica, infermieri, fisioterapisti, dietisti, tecnici della riabilitazione, assistenti sociali…) sarà quello già esistente, che semplicemente sposterebbe la propria sede di lavoro.
La cosiddetta “presa in carico” da parte dell’assistenza domiciliare per il 60 % degli assistiti dovrebbe consistere in media in una sola visita al mese del Medico di Medicina Generale, e per un altro 20% di una visita del medico ogni due mesi o anche meno, e una dell’infermiere ogni 11-12 giorni. Non è comprensibile a quale tipologia di pazienti si pensi di rivolgersi, ed è difficile pensare che in questo modo si possano evitare ricoveri ospedalieri o accessi in Pronto Soccorso.
Ma per le cure a domicilio servono medici e infermieri che vadano a casa del paziente; nuovi manufatti, sportelli, ecc. non servono a questo fine, anzi sono dannosi perché distolgono personale sanitario dall’assistenza.
E bisogna non scordare – come sembra fare il PNRR – la rete ospedaliera, l’Italia ha 3,1 posti letto ogni 1000 abitanti, quando la Germania ne ha 8 e la Francia 5,9, e la pandemia ha chiaramente evidenziato l’insufficienza di questi rispetto alla necessità di ricovero.
Grazie per la cortese attenzione e cordiali saluti.