Lo storico russo Sergej Bodarenko a Vicino/Lontano: “La Nato? In Russia è del tutto strumentale alla propaganda, se ne parla per intimorire i cittadini”
Come previsto si è svolta nel pomeriggio a Udine presso l’Hotel All’Allegria (via Grazzano 18) l’incontro stampa con lo storico russo Sergej Bondarenko del Direttivo Memorial International, eccezionalmente al festival vicino/lontano per l’incontro “La guerra alla memoria nella Russia di Putin”, realizzato in collaborazione con l’Associazione Friuli Storia. Un focus sull’offensiva del governo russo che ha recentemente disposto la liquidazione di Memorial international, ong fondata durante la Perestroika dal Premio Nobel Andrej Sacharov per mantenere viva la memoria delle vittime della repressione sovietica ma che oggi viene considerata una cellula pensante e quindi “meritoria” della attenzioni censorie di Putin. Perchè l’autocrate russo non si limita alla guerra presente ma è in corso una “operazione speciale” anche contro la memoria storica piegata dalla propaganda alle esigenza di una guerra prima negata e ora diventata continuazione finta di quella “patriottica” contro il nazifascismo. Infatti assieme alla guerra contro l’Ucraina, c’è stata l’offensiva del governo russo contro i custodi della memoria dello stalinismo in Russia. Giù nel dicembre del 2021 la Corte Suprema della Federazione Russa ha disposto la liquidazione di Memorial international, la ong russa fondata durante la Perestrojka dal Premio Nobel Andrej Sacharov per mantenere viva la memoria delle vittime della repressione sovietica, per poi disporre la chiusura a quattro giorni “dall’operazione militare speciale”. In che modo la narrazione della storia sovietica imposta dal governo di Mosca ha fornito la giustificazione ideologica della guerra in Ucraina? E che rapporto c’è tra la memoria dello stalinismo e il rispetto dei diritti umani nella Russia di oggi? Una anticipazione dei temi sul tappeto è stata fornita ai giornalisti da Bondarenko che ha risposto alle domande senza alcuna reticenza ma con l’evidente preoccupazione per il futuro, certamente suo, ma soprattutto dei collaboratori della sua ong, oggi in Russia, e per il lavoro culturale preziosissimo svolto negli ultimi anni. Alla domanda sulla annunciata adesione di Finlandia e Svezia alla Nato, che ovviamente riportava all’oggi le questioni, Bondarenko dopo un primo momento di titubanza, essendo lui uno storico e studioso del passato, ha risposto giustamente non sulle conseguenze geopolitiche o sul conflitto in atto, ma sull’effetto che tale notizie hanno in Russia. «La NATO? In Russia è del tutto strumentale alla propaganda. La nostra percezione è che se ne parli per intimorire i cittadini sui rischi di aggressione al Paese da parte dell’occidente. D’altra parte – spiega Bondarenko, quando il potere è nelle mani di una sola persona che ha perso il contatto col resto del mondo, e non ha più alcun feedback e dialogo critico sugli accadimenti in corso, ci troviamo davanti a un vicolo cieco. Non vedo vie d’uscita alla situazione attuale. L’occidente cerca a tentoni una figura che possa avere qualche impatto sulle decisioni di Putin, ma questa figura non esiste». Parole certamente non rassicuranti ma di un disarmante realismo. Sergej Bodarenko ha poi raccontato ai giornalisti prima e al pubblico poi, i dettagli legati alla liquidazione dell’ong Memorial da parte del regime russo. Una chiusura piovuta a quattro soli giorni dall’invasione dell’Ucraina, il 28 febbraio. Un po’ come se il governo russo volesse cancellare, con i confini ucraini, anche la memoria della nazione russa e dei suoi cittadini. Già, perché Memorial è una ong fondata negli anni Novanta in piena Perestrojka, dal Premio Nobel Andrej Sacharov per mantenere viva la memoria delle vittime dello stalinismo e della repressione sovietica. «Memorial si compone di un archivio che è in gran parte digitalizzato e continua a essere operativo, le persone possono portare i loro documenti – ha raccontato ancora Bondarenko – E di una parte divulgativa, il museo e la biblioteca, che a Mosca sono adesso chiusi. Lo stesso vale per le sedi regionali, dove tutti hanno paura di entrare in contatto con Memorial. Molti fondatori di Memorial, nel 1990, ritenevano che il processo di ricostruzione e ripensamento del passato si fosse completato con la nascita di questa realtà focalizzata sul pensiero critico di quanto avvenuto durante lo stalinismo. Invece questo processo di critica è avvenuto a varie riprese, a strappi e rallentamenti, in Russia. La politica governativa degli ultimi 15 anni è stata di ostacolo in questa direzione, e le cose non cambieranno velocemente nel Paese – ha concluso Bondarenko – Però finchè gli operatori di Memorial continuano a fare il loro lavoro, la nostra ong dimostra tutta la sua vitalità».