Non qui, non davanti a questi morti, egregio Sindaco di Cervignano
In una terra dalle vicende così complesse come il Friuli Venezia Giulia, in cui è stata altissima la partecipazione alla Lotta di Liberazione contro il nazifascismo con un altrettanto alto tributo di sangue civile e combattente, spiace, offende e sdegna vedere un Sindaco che, nei suoi discorsi ufficiali davanti ai monumenti del suo (il mio) Comune in occasione del 25 aprile, pronuncia parole inaccettabili e gravi sull’ANPI, sulla Resistenza e sui Partigiani comunisti.
A Strassoldo – frazione di Cervignano – ha incardinato il suo breve discorso su tre argomenti.
Il primo, tentare di delegittimare l’ANPI nella persona del suo Presidente Nazionale G. Pagliarulo, utilizzando scientemente la guerra in Ucraina, un argomento sensibile su cui è forte il coinvolgimento emotivo. “Nei giorni immediatamente successivi” al conflitto russo-ucraino – racconta il Sindaco – cosa ha osato dire Pagliarulo? Ha parlato, pensate, di “Ucraina Stato nazista”. Una affermazione, quella del Sindaco, dal sapore dell’accusa, buttata lì, sospesa, isolata, pesante, sorprendente nel suo nulla centrare col contesto: pura volontà di screditamento di un’intera associazione, cui viene attribuito di difendere, giustificandolo, uno Stato invasore, di esserne complice. Peccato che il Presidente, queste parole, le ha dette una decina d’anni fa, in tutt’altro momento (e contesto), legato agli eventi del 2013-14 quando le armate ucraine hanno attaccato il Donbass autonomista: sono ben note le violenze, noti i gruppi sia politici sia militari allora ispirati al nazismo, noto il simbolo del battaglione Azov, note le affermazioni gravemente razziste e naziste dei suoi capi militari, noti i crimini di guerra da essi commessi e denunciati dalla stessa ONU. Nel 2022 la posizione dell’ANPI è stata da subito (e continua ad esserlo) per il ricorso alle vie diplomatiche, per la trattativa, per una Conferenza internazionale. E non per l’invio delle armi. È la nostra Costituzione del 1948 nata dalla Resistenza a stabilirlo, e non solo con l’articolo 11 attraverso la voce “ripudio”. La Carta è interamente permeata di pace in tutti i suoi princìpi, così come è interamente antifascista e solidale. E l’ANPI da sempre la difende, la promuove, lavorando per attuarla e renderla viva: è il testamento, il dono, dei Partigiani e delle Partigiane.
Il secondo argomento riguarda una questione legata a quella che il Sindaco chiama “paternità” di questa Festa: “Mi riferisco al Partigiano”. Ci sono quindi Partigiani (e Partigiane) buoni e Partigiani cattivi, guidati da finalità molto diverse: i buoni sono della Osoppo perché volevano davvero liberare l’Italia, i cattivi sono quelli che chiama della “Brigata Garibaldi”, i comunisti, il cui obiettivo secondo lui era “assoggettare l’Italia alla zona d’influenza del blocco sovietico”. D’altronde, aggiunge, “Porzus testimonia proprio questo”. Ma quale storia ha studiato il Sindaco e, soprattutto, accodandosi in questo alla seconda carica dello Stato, quale storia vuole farci passare per vera? Squallida operazione, congeniale però al suo dichiararsi, proprio lì e proprio in quel momento, antifascista ma anche convintamente anticomunista. Questo è il suo pensiero ma qui lui è Sindaco, è uomo delle Istituzioni, non è al bar con gli amici. Non ricorda il Sindaco che una buona metà dei Partigiani e delle Partigiane erano comunisti: molti provenivano da una militanza antifascista già precedente gli eventi seguiti all’8 settembre, nata al nascere stesso del fascismo che subito, subito, aveva mostrato la sua carica di violenza, squadrismo, razzismo, negazione di ogni libertà: vogliamo ricordargli il delitto Matteotti (1924), vogliamo ricordargli qui le barricate di Torre (1921), vogliamo ricordargli gli olii di ricino, le torture, le prigioni, gli assassinii, il confino…? I comunisti, i socialisti, gli antifascisti c’erano, già allora. Larga parte della Resistenza friulano-giuliana fu comunista. Mio padre fu uno di quei comunisti su cui il Sindaco spara e sputa livore. La Carta, sottolineiamolo ancora, è antifascista ovunque e in ogni suo minimo soffio, anticomunista in nessun luogo. Corrisponde al progetto sociale dei e delle resistenti, che combattevano per la libertà e la pace, e molti/e dei quali divennero Costituenti. Ringrazi questi comunisti e queste comuniste, è un suo dovere. E non si trinceri dietro il “se non ci fossero state le forze alleate”. Gran parte delle città fu liberata dalle formazioni partigiane, che aprirono il varco alle forze alleate. A Milano il CNLAI proprio nel 25 aprile che ricordiamo emanò l’ordine di insurrezione generale. Bologna è già libera il 21 quando arrivano gli alleati, così Firenze. Così Torino. Trieste il 29 è occupata dai Partigiani (gli alleati arrivano il 2 maggio). Udine il mattino del primo maggio, con i Partigiani partiti il 30, è libera, e nel pomeriggio arrivano gli alleati. Non intorbidi le acque: il nemico era il fascismo, col nazismo di cui fu complice. Non confonda le parti, né metta sullo stesso piano cose inconfrontabili. Non confonda vittime e carnefici. Non metta nello stesso mondo (anche ideale) chi tortura e chi viene torturato. Chi combatte per la libertà e chi lo fa per il dominio. Chi ha un progetto di uguaglianza e di emancipazione e chi di sottomissione, giogo, eliminazione fisica: le leggi razziali sono i fascisti ad averle emanate. Fu secco il democratico Vittorio Foa davanti a un senatore fascista: “Se aveste vinto voi, io sarei ancora in prigione. Siccome abbiamo vinto noi, tu sei senatore”.
E infine, il suo terzo argomento: Paola Del Din, Medaglia d’oro al valore durante la Resistenza. Perché proprio lei? Perché la parola Partigiano, alle corde vocali del Sindaco, proprio non si attaglia, e allora sostituiamola con “patriota”, eliminiamola dal vocabolario, così elimineremo anche la figura del Partigiano e della Partigiana, e anche la Resistenza, cosa passata ormai, bisogna guardare avanti. E no, senza radici avanti non si guarda, senza le ragioni che hanno guidato la stesura della nostra Carta non si procede, non si comprendono i diritti, i doveri, i limiti, le relazioni tra di noi, la funzione della scuola, la libertà d’insegnamento, il diritto d’asilo, la solidarietà, i compiti che la Repubblica deve assumersi. E che Del Din abbia detto che preferisce patriota a Partigiana, questo è soltanto un suo modo di guardare a se stessa. Partigiano vuol dire una scelta di campo, ed è proprio per questo che va usata: resistere è stata la scelta, una scelta radicale, una scelta rischiosa. Eppure anche il Sindaco la parola incriminata se la fa sfuggire, ma per associarla a un’altra: lei sì è stata una “vera partigiana”. E le altre, gli altri, cosa erano? Ma già, dei venduti e delle vendute alla causa sovietica, come affermato in precedenza. E le donne resistenti che ebbero i ventri squartati, i seni tranciati, gli occhi accecati dalle baionette, le donne che morirono per non parlare e così tradire, tutte le donne che parteciparono in forme diverse a questa lotta, cosa erano? Cosa era Virginia Tonelli, comunista, e medaglia d’oro al valore anche lei, gettata viva nel forno crematorio delle Risiera di San Sabba? E le donne comuniste e Partigiane che fecero parte della Costituente? Tina Merlin, Teresa Noce, Nilde Iotti, Teresa Mattei il cui fratello si tolse la vita, imprigionato nelle terribili carceri di via Tasso. Via Sindaco, si inchini a queste donne. E non parli a vuoto di unità e pacificazione mentre getta benzina, mentre nutre le sue favole. E soprattutto questi discorsi li faccia in un dibattito pubblico, dove sarà facilmente contraddetto, e non approfittando della sua veste istituzionale. Oppure li faccia dove verrà sicuramente applaudito, nelle sedi dei partiti che compongono la sua giunta, uno dei quali è rappresentato dalla fiamma tricolore, proprio come il MSI, partito di fascisti riciclati. “Inizi dal togliere la fiamma dal logo del suo partito!” questo chiese alla Presidente Meloni la Senatrice Segre. Li faccia lì, in mezzo ai suoi, questi discorsi, e non davanti a questi morti che offende. E soprattutto non li faccia in questo giorno.
Dianella Pez, figlia di Partigiano Comunista della Divisione d’assalto “Garibaldi Natisone”.