Olive per accompagnare il viaggio nell’aldilà: le prime straordinarie scoperte archeologiche della civiltà messapica in Salento
La Messapia (terra tra due mari) era una civiltà che si era insediata nel Salento e comprendeva tutta l’area, da Egnatia in giù fino al capo di Leuca. Ceglie, la messapica Kailia, con il suo territorio rappresentava il confine e ben si prestava a questa funzione di difesa per la sua posizione in cima a un colle e con tante colline che si affacciavano sulla piana di Taranto da dove, grazie all’efficiente sistema difensivo, costituito da mura (paretone messapico), specchie, fortini messapici, ben riusciva a controllare le mosse del principale rivale dei Messapi rappresentato da Taranto, la grande città della Magna Grecia. I Messapi erano organizzati in una confederazione di 12 città: la dodecapoli messapica, ogni città aveva un suo re e una sua autonomia come le polis greche ma, nel momento del bisogno si riunivano in un’unica grande organizzazione. Ceglie rappresentava la capitale militare della confederazione messapica. I Messapi erano un popolo combattivo e indipendente, si scontrarono con i tarantini riportando una grande vittoria nel 473 a.C.; la battaglia decisiva avvenne sulle colline che scendono in direzione della piana tarantina. I Messapi furono sconfitti dai Romani nel 280 a.C. , ma mai del tutto si assimilarono alla civiltà romana. Della civiltà messapica restano testimonianze quali vasi, ceramiche, elmi, piccole statue e tante iscrizioni rinvenute copiosamente in tutto il territorio: purtroppo molto materiale è andato distrutto, disperso o occultato. Ora una ulteriore scoperta aiuta a comprendere quella civiltà. Una piazza cerimoniale, numerose tombe tra le quali quella di un bambino, il rinvenimento di olive quali offerte destinate ad accompagnare il viaggio nell’aldilà. Sono infatti alcune delle scoperte della prima campagna di ricerche archeologiche effettuata nella necropoli messapica di Monte d’Elia ad Alezio, in provincia di Lecce, condotta dal Laboratorio di Archeologia classica dell’Università del Salento sotto la direzione dal professor Giovanni Mastronuzzi.
Concluse nei giorni scorsi le operazioni di scavo, spiega l’ateneo, si prosegue ora con le analisi dei reperti a cura di un team di cui fanno parte i ricercatori del CNR – ISPC Ivan Ferrari e Francesco Giuri, gli archeologi professionisti formati a UniSalento Patricia Caprino e Francesco Solinas e le studentesse del corso di laurea magistrale in Archeologia Irina Bykova ed Elisa Lauri. Le indagini avvengono in regime di concessione ministeriale MIBACT (DG ABAP 1023 del 2019) e in accordo con la Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per le province di Brindisi, Lecce e Taranto, con il contributo economico del Comune di Alezio e dell’Università.
“Nell’arco di alcune settimane di ricerche sono emersi nuovi fondamentali dati per la conoscenza della civiltà messapica, innanzitutto attraverso la ricostruzione topografica dell’area di Monte d’Elia e il riconoscimento dei rituali funerari lì praticati nell’antichità”, spiega Mastronuzzi. “Alcuni saggi di scavo hanno permesso di recuperare informazioni sulla morfologia dell’area, ovvero sull’andamento del rilievo collinare che accoglie la necropoli di Alezio, da cui è possibile osservare, su un lato, il mare e, sull’altro, l’antico insediamento messapico. Di estrema importanza – sottolinea il docente – è il dato che concerne l’identificazione di una grande piazza cerimoniale intorno alla quale, all’interno di recinti costruiti con grandi massi, si concentravano i gruppi di tombe appartenenti a nuclei di famiglie o clan. Essa costituiva il punto di arrivo delle processioni che accompagnavano il defunto nell’ultimo viaggio dalla casa al luogo del seppellimento. Elementi di maggiore dettaglio provengono dallo scavo di sepolture che non furono intercettate nel corso delle indagini degli anni Ottanta dalla Soprintendenza Archeologica della Puglia. È stata infatti identificata una fossa, dotata di pavimento in blocchi di calcare e di cornice in carparo, al cui interno erano accumulati i resti di almeno 12 individui. Un ossario, insomma, collegato al funzionamento della necropoli e alla prassi del riuso delle strutture funerarie per varie deposizioni”.
Durante gli scavi, prosegue, “abbiamo rinvenuto alcuni oggetti appartenenti ai corredi: una lucerna, un piatto, una “trozzella” (tipico vaso della civiltà messapica, nda), due pesi da telaio e un puntale di giavellotto. Con alcuni di questi oggetti veniva identificato il sesso del defunto nel corso della cerimonia di inumazione (la “trozzella” per le donne, le armi per gli uomini), e potevano indicare rango e ruolo ricoperti in vita. Un altro rinvenimento molto importante è quello della tomba di un bambino, sepolto in un piccolo sarcofago con alcuni oggetti di corredo: un bicchiere per il vino (skyphos), un’anforetta, un sonaglio e un astragalo con funzione di giocattoli, e anche uno “strigile”. Quest’ultimo è elemento che contraddistingue gli atleti, potrebbe essere quindi un dono che sottolinea il mancato raggiungimento dell’età adulta”.
Inoltre, “intorno alle tombe abbiamo numerose deposizioni secondarie: i resti di inumati precedentemente collocati all’interno di sarcofagi potevano essere rimossi e spostati per accogliere nuove deposizioni. Le ossa e gli oggetti di ornamento personale, come anelli e spille, venivano religiosamente raccolti e ricollocati nelle immediate vicinanze delle tombe. Un dato di straordinario rilievo è, infine, rappresentato dal rinvenimento di olive, quali offerte alimentari destinate ad accompagnare il viaggio nell’aldilà”.
In questi giorni sono stati avviati il restauro e lo studio dei reperti, manufatti e reperti bioarcheologici; tali attività continueranno nei prossimi mesi parallelamente all’elaborazione della documentazione di scavo. Sulla base delle conoscenze acquisite potrà essere programmata una nuova campagna di ricerche sul campo, da effettuare a partire dalla prossima primavera in accordo con la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le Province di Brindisi e Lecce (funzionaria responsabile la dottoressa Serena Strafella).