Opinioni: Il pensiero identitario post nazista e il futuro della questione friulana
La presenza a Udine il 15 giugno di Alexander Dugin e Diego Fusaro al Convegno “Identitas: uguali ma diversi” organizzato dal Comune di Udine e da “Historia” ha rappresentato la sanzione di una svolta culturale poiché ha posto ufficialmente l’attuale sistema di potere del F-VG, rappresentato “in primis”dalla Lega Salvini, sotto la protezione di una ideologia politica forte, la cosiddetta “quarta ideologia” di Dugin corroborata dalla superata distinzione tra destra e sinistra del pensiero post marxiano e post modernista di Diego Fusaro.
In quel convegno vi sono state anche altre voci autorevoli, sostanzialmente non divaricanti dai pensieri leader di Dugin e Fusaro, ma l’elemento politico di interesse è stata la sanzione politica data dal Presidente della Regione Fedriga al senso propulsivo di un nuovo pensiero che accompagna le strabilianti performances della Lega in questa fase storica. Chi pensava che la Lega fosse un circolo di benpensanti autodidatti è servito. Finalmente i pennivendoli del “politically correct” accompagnatori di un neoliberismo che opprime i popoli vengono messi in un angolo ed una nuova egemonia culturale è all’orizzonte.
La Lega Salvini è oggi saldamente al potere nella Regione F-VG ed alle elezioni europee ha dimostrato una capacità di penetrazione al di là di ogni previsione. Molti di noi hanno in passato interpretato gli alti e bassi di questa forza politica alla sua capacità di interloquire con le specificità del nostro territorio e della sua gente, in particolare facendosi interprete di alcuni aspetti della “questione friulana”.
Per chi ha un minimo di familiarità con tale questione, sa che non si tratta semplicemente del riconoscimento identitario di una tradizione etnico linguistica, ma di un percorso che accompagni la sostanziale attivazione dei diritti civili conseguenti, come da inquadramento di norme anche internazionali che peraltro mai lo stato italiano ha portato a compimento, ad una pratica di autonomia – autodeterminazione che permetta di affrontare i conflitti sociali ed economici del nostro spazio geografico nel loro articolarsi in rapporto ai processi di globalizzazione e di contaminazione relazionale. In particolare per quanto riguarda l’area italiana e quel sistema regionale ampio che la trascende e che si può identificare con il termine di Alpe Adria.
La servitù della “piccola patria” friulana agli obiettivi imperiali della “grande patria” italiana ne ha in passato determinato distruzioni materiali ed umane sistematiche cui la Repubblica democratica ha solo parzialmente saputo porre rimedio. Ed oggi le trasformazioni politiche ed istituzionali in atto o incombenti sul futuro dell’Italia pongono nuovi interrogativi sul futuro stesso della “questione friulana”.
Perché ritengo non un semplice fatto di cronaca “culturale”, o di banale propaganda politica, il convegno di Udine del 15 giugno scorso?
Perché in esso si è sancito il passaggio strutturato, culturale ed ideologico, della pratica leghista a cui eravamo abituati quale esperienza popolare, magari grezza, ma indirizzata a trovare nel territorio le istanze di confronto con i bisogni dei cittadini, in una visione generale di contrapposizione al mondialismo (o all’universalismo) che coincide con la connotazione di “pensiero identitario post nazista” che trova le sue radici nella tradizione conservatrice e nella riproposizione restauratrice di “valori” di un passato talvolta mitico, talvolta esoterico, e più spesso collegati ad un immaginario ordine ed a una sicurezza che solo una forte autorità può garantire.
Il termine post nazista non implica alcuna continuità di modello politico istituzionale con le esperienze fasciste e naziste del secolo scorso, ma sta a significare una contiguità ideale di “valori” e interpretazione dei rapporti sociali e geopolitici che a quel pensiero appartengono. Il lungo sonno è finito e non occorre alcuna ricostituzione di forze politiche che a quelle esperienze si richiamano. Oggi, anche tramite la copertura della rivendicazione di un ritorno al sovranismo nazionale, tali percezioni sono diventate pensiero comune, facilmente traducibile nei messaggi semplificati che la comunicazione ormai predilige. Per una serie di “fortunate” circostanze tale pensiero detta l’agenda politica in Italia, analogamente a quanto succede in realtà ben diverse quali la Turchia e l’India, avendo come riferimento principale le modalità “putiniane” di gestione della Russia post sovietica.
Il Friuli e Trieste, oggetto oggi peraltro di dinamiche geo politiche e di appetiti economici plurimi, dovranno decidere da che parte stare. O con Salvini ed i suoi ideologi del momento, magari facendo attenzione a non confliggere troppo con l’USA di Trump e con l’Israele di Netanyahu, o cercando di continuare un proprio percorso di ricerca di autogoverno e di auto determinazione, che permetta di non morire di neo liberismo ma neanche di finire in bocca agli inganni del passato così ben presentati nel convegno di Udine. Dalle forze di opposizione in Italia non c’è molto da aspettarsi, bramose alcune di condividere il potere con la Lega e incapaci le altre di sinistra, al governo (M5S) e non (PD), di superare i limiti dell’improvvisazione o di organica appartenenza ai percorsi politici ed economici che hanno determinato lo strappo disgustato di gran parte dei cittadini italiani dalla stessa politica.
Senza dimenticare che la cultura restauratrice del fondamentalismo islamico non è lontana e che assomiglia di molto alle elucubrazioni sulla “terza Roma” o su un impero di Eurasia che tanto affascinano gli ascoltatori del bonario Dugin.
Giorgio Cavallo