Stato di funzionamento dei grandi depuratori di acque fognarie in Friuli
Riceviamo e pubblichiamo:
Di tanto in tanto leggo notizie riguardanti depuratori di acque fognarie che non funzionano o che necessitano di costosi interventi di potenziamento, ammodernamento o adeguamento alle disposizioni di legge in materia di tutela delle acque dall’inquinamento, ma anche dei crescenti costi di gestione di questi manufatti, che vengono scaricati sulle famiglie. Recentemente ho letto una presa di posizione su questo argomento in cui il consigliere regionale Cristian Sergo si pone domande a riguardo del costo della realizzazione di un innovativo essiccatore per i fanghi generati dal depuratore di San Giorgio di Nogaro (Tubone). Si parla di 10 milioni di euro dei fondi del PNRR, nemmeno sufficienti per realizzarlo. Sempre dai comunicati stampa dello stesso apprendo che anche l’impianto di Lignano Sabbiadoro, nonostante il potenziamento attuato alcuni anni fa, è oggetto di controversie circa la sua capacità di depurare a norma di legge le acque reflue scaricate tramite condotta a mare e/o in laguna. Egli fa inoltre notare che a Udine, invece di realizzare opere già autorizzate, si spendono soldi in studi e consulenze per comprendere come mai i dati reali relativi alle caratteristiche delle acque fognarie affluenti al depuratore, siano così diversi da quelli che ci si aspetterebbe dall’agglomerato di riferimento, ovvero dalle utenze servite dal depuratore.
Anche il depuratore posto inizialmente a servizio, principalmente, della cartiera di Tolmezzo risultò inadeguato a svolgere tale funzione e di conseguenza venne sostituito mediante fondi pubblici. Non meno meritevole di essere raccontata è la storia del depuratore consortile dell’ ex CIPAF che avrebbe duvuto depurare le acque reflue della zona industriale di Buja-Osoppo, ma che risultò del tutto inaffidabile al punto da costringere le aziende a depurare al loro interno gran parte delle acque di processo. Nel 2004 l’Area Ambiente della Provincia di Udine prescriveva al CIPAF di attuare alcuni semplici interventi di adeguamento del depuratore consortile alle disposizioni del D.lgs. 152/99 di divenuto in seguito D.lgs. 152/2006, in materia di tutela delle acque dall’inquinamento. Nonostante il CIPAF avesse in pianta organica part time, un perito e un ingegnere, abilitati a firmare il semplice progetto di adeguamento del depuratore alle prescrizioni fatte dalla Provincia, il CdA decise di affidare tale compito a un docente dell’Università di Verona il quale si limitò a fornire un progetto preliminare che non venne tradotto in progetto esecutivo. Il CdA decise allora di affidare il compito di redigere un progetto esecutivo definitivo ad un altro studio di progettazione, affiancandogli, a proprie spese, due consulenti costati al CIPAF, ovvero alla collettivtà, € 30 mila.
Il progetto esecutivo definitivo presentava gravi criticità a detta di esperti e non era conforme a quanto prescritto dalla Provincia di Udine.
Fu così che il CODACONS, mediante un accurato esposto, chiedeva alla Procura della Repubblica di Tolmezzo di verificare la correttezza, nonchè la rispondenza del progetto che il CIPAF si apprestava a realizzare, alle disposizioni impartite dalla Provincia. I periti della Procura, (autorevoli docenti universitari) confermavano in pieno le criticità progettuali segnalate dal CODACONS, nonchè la non rispondenza del progetto a quanto prescritto dalla Provincia di Udine. Sulla base di questa perizia la Procura ipotizzava i reati di abuso d’ufficio e frode in pubbliche forniture a carico del CdA del CIPAF, che di conseguenza si dimetteva in blocco. A lavori ultimati la Procura chiedeva a nuovi periti, sempre docenti universitari, di valutare il funzionamento delle nuove opere omettendo di sottoporle pure a collaudo funzionale; tale incombenza in ogni caso era in capo allo stesso CIPAF. L’esito di questa perizia, che io ho potuto leggere in virtù di una richiesta di accesso e copia degli atti stessi, che ho presentato alla Procura di Udine, non lascia alcun dubbio sul fatto che le nuove opere, costate oltre € 3 milioni, sono gravemente difettose e non conformi a quanto prescritto dalla Provincia. Per il periti della Procura le criticità riscontrate sulle nuove opere sono riconducibili al fatto che non sono state realizzate tenendo conto delle reali caratteristiche delle acque affluenti al depuratore. Nonostante le risultanze delle perizie il procedimento penale aperto a carico del CdA del CIPAF venne archiviato nel 2014.
Il depuratore ottenne l’autorizzazione allo scarico nel 2010, nonostante non fosse stato adeguato alle prescrizioni fatte dalla Provincia e continuasse a ricevere acque reflue fortemente diluite con acque di raffreddamento pulite in palese violazione della Legge a tutela delle acque dall’inquinamento.
In questa vicenda vi è un fatto che merita di essere raccontato nel dettaglio. Tra le opere che il CIPAF aveva deciso di realizzare, senza che fossero state prescritte dalla Provincia o da altri enti competenti, vi erano due filtri a sabbia, i quali hanno manifestato un cedimento sin dalla loro attivazione e il CIPAF pretendeva che la ditta costruttrice li riattivasse a proprie spese. La controversia finì in tribunale e il Giudice decise che spettava al CIPAF farsi carico delle spese (ca. € 90 mila) per ripristino dei filtri. Nella sentenza a pag. n. r.g. 608/2011, a pagina 6 di 8, si legge:
Omissis…è emerso che non vi è alcun difetto tecnico funzionale nel progetto, ma forse e piuttosto (come esposto dal CTP del CIPAF), un difetto di impostazione di fondo, probabilmente per la insufficiente (o superficiale o troppo datata) analisi della qualità delle acque in ingresso alla sezione di impianto oggetto dell’intervento progettato; ma la citazione è silente sul punto, sicchè in questo processo tale profilo, espresso solo durante le indagini tecniche non potrà trovare ingresso in quanto tardivo ed inammissibile. Da questa sentenza e in considerazione di quanto esposto sopra, emerge chiaramente la necessità di vigilare sulla competenza, diligenza, e correttezza degli amministratori e dei funzionari, un tempo dipendenti della Provincia e oggi della Regione FVG, preposti al rilascio delle autorizzazioni allo scarico e al controllo del corretto funzionamento dei depuratori realizzati con fondi pubblici.
Renzo Riva