Preoccupazione per le sorti dell’ ormai ex ospedale di Gemona. Gli “incatenati” di ieri, sono oggi al governo regionale
Era il 28 agosto dello scorso anno quando un appello pressante al Presidente della giunta regionale Massiliano Fedriga veniva postato dai Comitati gemonesi a difesa dell’ospedale San Michele. Già allora rappresentanti del territorio si erano rivolti direttamente al Governatore e non all’assessore alla salute Riccardo Riccardi al quale si chiedeva solo di essere “auditi” nell’evidente dubbio di cadere dalla padella nella brace. “Il Governo regionale presieduto dal Presidente Fedriga, con specifica delibera giuntale, imponga ufficialmente lo stop della iniqua riforma sanitaria Serracchiani-Telesca” scrivevano da Gemona. Una situazione che via via nei mesi successivi si è ancora di più complicata tanto che oggi alcuni cittadini dell’Alto Friuli, evidentemente non sapendo più a che “santo” votarsi hanno interpellato l’Associazione costituzione 32 che opera soprattutto a Trieste a non solo sulle tematiche “sanitarie”” per chiedere una valutazione in merito alla proposta per l’ospedale di Gemona riferita dal sindaco di Gemona e appoggiata dall’Assessore regionale alla Salute. Che ieri aveva detto nel corso dell’incontro con gli amministratori locali e con i comitati di difesa del San Michele (Cicogna, San Michele e Vogliamo l’ospedale a Gemona): “Oggi raccogliamo una responsabilità importante al termine di un lavoro che abbiamo svolto in silenzio in questi mesi con l’obiettivo di individuare per l’ospedale di Gemona una specializzazione delle funzioni che, oltre al territorio, possa servire un ampio bacino di utenza: un’operazione che non è in conflitto con altre aree ma che, anzi, rimette ordine a quanto previsto dalla precedente Amministrazione”. Un rimettere ordine che in realtà se non fotocopia appare quantomeno concetto vago, tanto che alcuni cittadini meno smemorati di altri non si sono fidati chiedendo ulteriori lumi.
Iniziamo con il dire che il progetto millantato da Riccardi è un paradosso se consideriamo che, non lustri fa , ma solo tre anni fa, il 14 marzo 2016 per la precisione, erano stati gli esponenti del centrodestra oggi al governo della Regione addirittura ad incatenarsi in difesa dei piccoli ospedali e di quello di Gemona in particolare. Oggi, contando sulla smemoratezza dei cittadini e sulla complicità di media tanto accondiscendenti con il potere, gli stessi politici o comunque le stesse forze politiche agiscono di fatto nello stesso modo contro il quale si erano incatenati. Titolavamo su FriuliSera nel marzo 2016: “Politici incatenati, ma non si tratta di una retata giudiziaria ma di una protesta”. Questo il sunto della notizia: Un folto gruppo di amministratori pubblici si sono incatenati davanti all’ospedale di Gemona per protestare contro la riforma regionale che penalizza una struttura considerata uno dei fiori all’occhiello della sanità dell’Alto Friuli. Motivo della protesta la penalizzazione che a dire dei manifestanti sta colpendo tutti i piccoli centri a scapito dei grandi.
Legati insieme al sindaco di Gemona Urbani c’erano anche il presidente della Provincia Pietro Fontanini, il sindaco di Latisana Salvatore Benigno, i consiglieri Roberto Novelli (Fi), Barbara Zilli (Ln), Roberto Revelant (Ar), i sindaci Roberto Sabbadini (Torreano di Cividale), Sergio Chinese (Resia) e Claudio Sandruvi (Montenars)”.
Insomma la dinamica governo opposizione si perpetua in una imbarazzante continuità come un criceto nella ruota. Oggi giustamente dal gemonese arriva la preoccupazione per la sorte della struttura ospedaliera. Scrive l’associazione Costituzione32 che , spiega, “ha condiviso in passato e cercato di sostenere l’opera dei Comitati di rappresentanza dei cittadini volti a preservare il loro ospedale dalla Riforma Serracchiani” e oggi, evidentemente, da quella Fedriga-Riccardi. “Una condivisione, insistono da Costituzione 32, supportata da motivazione tecniche e coerente sia con le esigenze di sicurezza, sia con la con le disponibilità economiche”. “In merito alla proposta secondo quanto dichiarato dagli esponenti politici si tratterebbe di un centro di riabilitazione, di un servizio per la gestione dell’emergenza con garanzia di spazi di osservazione temporanea; nonché attività di chirurgia ambulatoriale complessa, potenziamento dell’hospice, delle RSA”. Detta così potrebbe sembrare comprensibile e forse, se integrato in un piano generale anche plausibile, ma “E’ un annuncio, non c’è un solo riscontro che faccia capire portata, contenuti, realizzabilità di quanto annunciato. Quando si parla di pianificazione in sanità si dovrebbero presentare documenti programmatici che non sono dichiarazioni del “dover essere”, ma che devono indicare le caratteristiche di fattibilità, simulando e prevedendo l’impatto organizzativo, con massima attenzione alle realizzabilità e alle scale di priorità. E devono essere coerenti con la programmazione regionale e relative norme”.
Il rischio che prevalgano oggi come ieri le “chiacchiere e distintivo” è forte, la logica perversa potrebbe essere quella che intanto si smonta l’esistente, così si “risparmia” e poi il programma prima o poi si farà. Infatti riguardo al centro di riabilitazione viene annunciato che sarà un centro di eccellenza dedicato alla cardiologia e neurologia, ma non si dice altro e non c’è traccia di questo né nella L.R. 27/2018, né al punto 3.2.1.3 dedicato alla riabilitazione delle Linee di Gestione 2019, di cui alla DGR 2514/2018, spiegano dall’associazione che ha la giusta abitudine di documentarsi. Anche per quanto riguarda l’emergenza non si comprende su quali riscontri si basi l’annuncio di gestione dell’emergenza e area di osservazione temporanea , in quanto le già citate norme, L.R. 27/2018 e DGR 2514/2018, confermano la trasformazione del Pronto Soccorso di Gemona in Punto di Primo Intervento, come voluto dalla riforma Serracchiani. E considerato che i Punti di Primo intervento sono strutture transitorie destinate a divenire mere postazione medicalizzata del 118 in base alla normativa nazionale ( Decreto Ministeriale 2 aprile 2015 n. 70), pare evidente l’impossibilità di attivare un’osservazione temporanea presso una stazione di partenza del 118. Per inciso va evidenziato che proprio il DM 70/15 offriva la possibilità di prevedere la funzione di Pronto soccorso in aree disagiate (zone montane, isole) anche con un numero di abitanti di riferimento inferiore ad 80.000. Anche per l’attività di chirurgia ambulatoriale complessa manca qualsiasi atto che assomigli a un documento di programmazione. Forse è fattibile, senza però scordarci che dal punto di vista della struttura Gemona non è più ospedale ma distretto, ai sensi della normativa sopra citata. Che è stata tra l’altro recepita dal Piano Attuativo Locale 2019, che così recita a pag. 59: Nell’ambito della rete della assistenza primaria, la SOC Presidio ospedaliero per la salute di Gemona, verrà ridenominata e attivata quale SOC Igienico-organizzativa del Distretto, al fine di assicurare una strutturazione organica delle attività distrettuali e delle cure intermedie (pag.59 del PAL). Insomma per farla breve le preoccupazioni dei cittadini del gemonese sono più che giustificate. Il problema è che i vari governi del cambiamento che stanno imperversando nel nostro Paese ai vari livelli istituzionali dopo aver fatto grandi proclami si scontrano con la realtà delle cose, così nella migliore delle ipotesi si sono persi mesi preziosi che quando si parla di salute e soccorso possono valere, non solo gravi disagi, ma in qualche caso anche la vita dei cittadini.