Prezzi delle materie prime rincari, cause, impatti, prospettive. Se ne discute in un webinar
Nubi minacciose si addensano sul previsto rimbalzo dell’economia italiana sospinto dal celere avanzamento della campagna vaccinale, della riduzione delle restrizioni alla mobilità e dall’impulso del Recovery Plan e queste nubi, che potrebbero di fatto rallentare la crescita della produzione industriale, hanno un contorno ben preciso: ovvero, quello determinato dal forte aumento dei prezzi registrati negli ultimi mesi dalle materie prime. Ad approfondire l’argomento, ogni giorno sempre di più stringente attualità, è stato un webinar promosso congiuntamente da Confindustria Udine, Confindustria Mantova, AssoImprenditori Alto Adige e Centro Studi di Confindustria. Nell’aprire l’incontro, Valentina Cancellier, presidente del Gruppo Giovani Imprenditori di Confindustria Udine, ha ricordato come nella seconda parte dell’anno la vigorosa ripresa dell’economia cinese e le politiche di riduzione dell’offerta attuate da alcuni produttori abbiano iniziato a provocare questo incontrollato aumento dei prezzi, poi esploso nel corso del 2021.
“Ma – ha aggiunto -, se per il petrolio, dopo il crollo del bimestre marzo-aprile 2020, siamo ora agli stessi livelli precrisi, per molte altre commodity siamo ben oltre tali valori con variazioni percentuali che travalicano le normali fluttuazioni del mercato. Il rame, metallo indispensabile per l’elettrificazione e per la transizione verso un’economia più green, ha raggiunto i massimi dal 2011, l’alluminio dal 2018. Anche ferro e acciaio registrano prezzi senza precedenti”. Il prezzo dell’abete bianco (allestimento in strada) è raddoppiato da febbraio 2020 a marzo 2021.
“Questi aumenti – ha sottolineato la presidente Cancellier – stanno diventando insostenibili per le imprese già gravate da ingenti sofferenze finanziarie e patrimoniali dovute all’evento pandemico, riducendo ulteriormente i margini, vista la difficoltà a scaricare a valle tali incrementi nel breve periodo. Solamente un rimbalzo dell’economia più sostanzioso, che potrebbe realizzarsi nel secondo semestre, faciliterebbe un ritocco significativo dei prezzi a seguito della maggiore domanda. Nel frattempo, il sistema imprenditoriale deve fare i conti con strozzature nella produzione e nella distribuzione di semilavorati che tendono a dilatare costi e tempi di produzione. In questo scenario, infatti, si è innestata anche la carenza di container con conseguente aumento dei noli marittimi”.
“La vicenda pandemica, infine – ha concluso -, ha fatto emergere la fragilità della catena di approvvigionamento delle materie prime in Italia, già delicata nel nostro Paese per la nota assenza di tali materie nel nostro sottosuolo. A questo si aggiunga anche l’aver smantellato la chimica di base e parte del ciclo siderurgico che ci rende più dipendenti dagli altri Paesi”. Ciò nonostante, Cancellier, pur con prudenza, si è manifestata ottimista: “La ripresa non è più un miraggio, è in corso, e credo che riusciremo a superare anche questo ostacolo”.
All’incontro, moderato da Giorgio Luitprandi, presidente della Piccola Industria di Confindustria Mantova, sono anche intervenuti: Ciro Rapacciuolo, responsabile per congiuntura e previsioni del Centro Studi Confindustria; Daniela Corsini, senior economist-commodity di Intesa Sanpaolo, e Flavio Bregant, direttore generale di Federacciai. Le conclusioni sono state tratte da Federico Giudiceandrea, presidente di Assoimprenditori Alto Adige.
In particolare, Rapacciuolo ha evidenziato come gli aumenti diffusi delle commodity nascondano un’importante differenza nei livelli raggiunti, legata al fatto che, nella prima parte del 2020, mentre alcune, vedi petrolio, avevano subito una profonda caduta, altre, vedi rame e ferro, avevano registrato un calo più limitato. La risalita in corso, invece, è di intensità simile per molte commodity, anche se non per tutte. Per il petrolio – ha sottolineato Rapacciuolo – si tratta di un recupero pieno del prezzo dai minimi toccati ad aprile 2020 a causa della prima ondata di pandemia: ad aprile 2021 il prezzo è al +2% dal valore precrisi (gennaio 2020). Per altre commodity, invece, i prezzi ad aprile 2021 sono oramai ben sopra i valori precrisi, specie per i metalli: ferro +88%, rame +55% (e oramai poco lontano dal picco storico del 2011), grano +13.
Ma i rialzi sono temporanei o permanenti? “Non si può generalizzare – ha risposto Rapacciuolo -, visto che le condizioni di mercato sono così diverse. Nella misura in cui i prezzi di alcune commodity stanno seguendo il rialzo del petrolio e se è vero che questo si stabilizzerà entro il 2021, allora i rincari dovrebbero essere temporanei. Ad esempio il grano. In alcuni mercati, però, i prezzi potrebbero restare elevati anche nel medio termine, cioè ben oltre questi mesi del 2021, estendendosi al 2022, perché i rincari sono causati da un’effettiva scarsità di offerta nello specifico mercato mondiale, non solo dalla correlazione con il petrolio. È il caso, questo, del rame”.
I rincari delle commodity (+17,5% da ottobre a marzo) spingono molto verso l’alto i costi per input delle imprese italiane, che fanno ancora fatica a ritoccare i loro listini, nel contesto di domanda bassa. Ciò rischia di comprimere bruscamente i margini operativi delle imprese industriali italiane. Nella seconda metà del 2021, se i rialzi delle commodity saranno in parte temporanei, la situazione per i margini industriali potrebbe gradualmente migliorare. Tutti i settori potrebbero poi giovarsi dell’atteso rimbalzo dell’economia italiana dal 3° trimestre 2021.
Dal canto suo, Corsini ha parlato di uno shock senza precedenti causato dalla pandemia. I movimenti di mercato sono stati guidati da dinamiche macroeconomiche amplificate da fattori transitori legati all’incertezza e all’evoluzione della pandemia. “In molti settori, l’improvviso rialzo della domanda è stato troppo ampio e veloce per essere compensato dall’offerta. L’attuale fase del ciclo macroeconomico è dunque coerente con i prezzi elevati delle materie prime”.
Bregant, dg di Federacciai, nel suo intervento, ha tra l’altro scattato una fotografia del comparto dell’acciaio. Nel 2020 la produzione mondiale si è confermata sui livelli dell’anno precedente, sintetizzando, da un lato, la nuova crescita della Cina (+7%) e, dall’altro, il calo del resto del mondo (-7,6%). Nei primi tre mesi dell’anno l’output mondiale si è confermato in crescita, con Cina in marcata accelerazione e resto del mondo in miglioramento.