Quando si censura il censuratore si diventa nuovi censori e si resta in compagnia della pantegana

C’è grande confusione sotto il cielo del Friuli. Che sull’informazione tiri brutta aria, fra l’altro da molto tempo, non è novità. Recentemente come FriuliSera abbiamo organizzato un dibattito su questo e, più volte, dalle nostre pagine abbiamo messo in guardia sulle pericolose derive monopolistiche che si stavano abbattendo sul Fvg e che, queste volta per di più, sembrano contenere pericolose involuzioni in salsa veneta, con buona pace degli autonomisti friulani e giuliani. Quello che forse non è chiaro però è come funzioni il sistema. In realtà più che gridare allo scandalo, anche se di cose scandalose nel nuovo patto industriale per il controllo della stampa ci sono, ci sarebbe la necessità di rafforzare le alternative. Iniziamo quindi con il dire che giornali e giornalisti non hanno obbligo legale di pubblicare alcunché e che questo fa parte invece della propria libertà di scelta e delle sensibilità deontologiche, ma anche, inutile nasconderlo, per alcuni di alcune contingenze di natura “editoriale” legate all’invasività di chi detiene lo scettro del comando. Negarlo sarebbe ridicolo, come ridicolo è contestare al direttore del Messaggero Veneto Mosanghini di essere reo di “averci sempre censurato sulla questione acciaieria”. Del resto averne parlato nella maniera in cui l’ha fatto il giornale di viale Palmanova, c’è da ritenere, abbia fatto più male che bene alla causa dell’acciaieria, esattamente come la censura ad Angelo Floramo, sullo stesso tema, da parte di altra testata del futuro gruppo monopolistico. Quindi operazione risibile la contestazione che comunque non ci risulta essere stata violenta, se non altro perché la vicenda oggetto del contendere è praticamente chiusa, una volta tanto con il successo dei contestatori, e viene da chiedere perché esporre ancora striscioni con “no all’acciaieria” a meno che il riferimento, in una sorta di delirio antindustriale, non fosse a Piombino in Toscana, probabile location del futuro impianto. O forse ci si voleva riferire al tardivo tentativo di riproporre la questione in Fvg ma in altra area, scoprendo l’acqua calda che “Senza l’industria non c’è futuro”. Proposta lanciata un  paio di giorni fa dalle colonne de Il Piccolo dal capogruppo regionale Pd Diego Moretti e che vorrebbe far intendere alla Danieli “se ci fossimo stati noi al governo della Regione…” . Ma tornando al tema informazione, forse sfugge, anzi certamente sfugge, che non esiste per un giornale alcun obbligo di pubblicazione delle posizioni di nessuno, forse il concetto potrebbe valere, ma anche in questo caso siamo sul filo, per il servizio pubblico, la Rai per capirci. Ma i giornali, siano essi cartacei, o web, e perfino le Tv in quanto imprese private, scelgono la linea editoriale che vogliono e si regolano di conseguenza. Certo esiste o dovrebbe esistere un difficile equilibrio da mantenere fra proprietà, editore, direttore responsabile e giornalisti, e noi aggiungiamo rispetto per i lettori, ma si tratta di scelte soggettive, che noi cerchiamo di rispettare, ma che non sono obbligo. Nulla però vieta di “punire” quel giornale non comprandolo o non leggendolo, scelta fra l’altro, come dimostrano i dati di vendita, ampiamente praticata dai cittadini del Fvg. In sostanza un giornale, piccolo o grande che sia, è una macchina complessa, non è un blog o peggio il circo Barnum dei social ricco di pagliacci che neppure fanno ridere. Capiamo però che nell’era delle semplificazione di cui specchio malefico sono appunto i social network, molti pensino che i giornali abbiano obbligo di rilanciare la di loro immagine e posizione, spesso narcisistica e quella dei propri desiderata, giusti o sbagliati che siano, magari accompagnati da un “sì sei la più bella del reame”. Chiedere di avere spazio e visibilità è lecito ma pretenderlo è comunque una violenza, è sbagliato, esattamente come sbagliate e odiose sono le censure. L’allarme che più volte abbiamo lanciato è proprio relativo al fatto che nella stampa il delicato equilibrio di “poteri” si è deteriorato in maniera intollerabile, anche per la maggiore ricattabilità degli anelli più deboli della filiera, i giornalisti, sempre più precari, che qualcuno, con malcelato e volgare sfregio, chiama, genericamente “i tengo famiglia” non facendo alcuna differenza fra le persone, meccanismo che ricorda il “sono tutti ladri” rivolto ai politici. Dall’alto delle proprie convinzioni si fanno giudici e censori alla rovescia, ma non meno odiosi e pericolosi degli altri censori. Del resto lo abbiamo messo in premessa che sotto il cielo del Friuli e della Venezia Giulia l’aria si è fatta sempre più pesante e fetida. Per tutto questo  non ci è piaciuta per nulla la volgare comparsata della “pantegana d’oro” pur capendone la ratio, comparsata fra l’altro per nulla originale (almeno la statuetta potevano farla d’acciaio) visto che scimmiottava altrettanto volgari scenette delle Tv nazionali, udite , udite, volute dall’ormai defunto ex cavaliere, che abilmente è riuscito a fare soldi anche sollecitando, fra Gabibbi e tapiri, il pubblico degli arrabbiati sempre e comunque, quelli che si indignavano il tempo della durata della trasmissione ma che poi tornano sotans. I rivoluzionari che un tempo erano nel bar sport, diventati poi rivoluzionari “social” e probabilmente legionari dell’antipolitica o del non voto. Spiace dover dare questo giudizio perché alcune di queste persone sono spinte anche da buoni propositi, ma sono incattivite e non riescono a vedere oltre le proprie ragioni e quindi, alla fine, rischiano di fare più male che bene alle cause che abbracciano.

Fabio Folisi