Riduzione delle emissioni da traffico: secondo il CNR scarso impatto sul particolato. Non sono le auto le principali cause dell’inquinamento
Le restrizioni alla mobilità possono avere impatti non previsti sulla qualità dell’aria. Le limitazioni imposte a causa della pandemia COVID-19 hanno avuto solo un’influenza minore sui livelli di inquinamento da particolato in Pianura Padana, una delle aree più inquinate in Europa. È quanto sarebbe emerso da uno studio internazionale, a cui hanno partecipato Alessandro Bigi dell’Università di Modena e Reggio Emilia e Angela Marinoni dell’Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Isac).
Crolla così il mito che le auto a combustione interna sarebbero fra le principali cause di inquinamento. Un mito che sta influenzando pesantemente le politiche in tema di mobilità con il lancio di campagne sulle auto elettriche che alla fine potrebbero essere più nocive del male che si vorrebbe combattere e con il dubbio che forti interessi economici stiano condizionando soprattutto la politica europea.
Lo studio del CNR è finalizzato alla comprensione degli effetti, sui diversi inquinanti che influenzano la qualità dell’aria in Pianura Padana, delle restrizioni alla mobilità dovute alla pandemia di COVID-19. L’area padana è ben nota per avere uno dei peggiori standard di qualità dell’aria in Europa ed è fortemente influenzata dalle attività antropiche. Lo studio, coordinato dall’Università di Helsinki, è stato condotto tra gruppi di ricerca in Finlandia, Italia e Svizzera e i risultati sono stati pubblicati sulla rivista Environmental Science: Atmospheres.
“Abbiamo combinato osservazioni di qualità dell’aria e simulazioni modellistiche in diverse località dell’area monitorata”, spiega Angela Marinoni del Cnr-Isac. “I risultati degli studi mostrano che le ridotte emissioni da traffico portano a una forte riduzione degli ossidi di azoto, mentre hanno avuto un impatto limitato sulle concentrazioni in massa di aerosol e addirittura a un aumento degli inquinanti secondari, contribuendo a una migliore comprensione di come si forma l’inquinamento atmosferico nella Pianura Padana. In particolare, gli studi mostrano che, nonostante la forte riduzione della mobilità delle persone e delle emissioni da traffico di ossidi di azoto (ridotte di oltre 30%), le concentrazioni in massa di aerosol sono rimaste pressoché invariate rispetto agli anni precedenti. Gli inquinanti secondari come l’ozono, invece, hanno mostrato un aumento delle concentrazioni medio del 5%. Questi risultati sono stati confermati da un modello che simula la restrizione del traffico causata dal COVID-19, indicando che l’aumento della capacità di ossidazione complessiva dell’atmosfera, legata ad inquinanti molto reattivi come l’ozono, potrebbe aver accelerato la reattività chimica atmosferica e quindi potenziato anche la formazione di nuovi aerosol”.
Questi studi gettano una nuova luce sulla formazione degli inquinanti atmosferici nella regione padana e sulle loro sorgenti. “Le simulazioni del modello hanno inoltre indicato che, poiché le emissioni di ossidi di azoto sono state ampiamente ridotte, le reazioni chimiche dei gas organici con gli ossidanti atmosferici sono aumentate. Questo processo potrebbe aver favorito la formazione di nuove particelle organiche”, aggiunge Marinoni.
“La Pianura Padana può essere pensata come un enorme reattore con moltissime sostanze chimiche. L’alterazione di uno degli ‘ingredienti’ può innescare risposte non lineari nelle concentrazioni degli inquinanti atmosferici. In conclusione, la riduzione delle emissioni da traffico ha avuto scarso impatto sulle concentrazioni di particolato, forse evidenziando l’importanza di altre fonti di emissioni nell’area padana. Caratterizzare accuratamente l’evoluzione di tali categorie di emissioni è di fondamentale importanza per migliorare la comprensione dell’inquinamento atmosferico e ridurre le incertezze nei futuri scenari di qualità dell’aria”, conclude Bigi.
( fonte aise)
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