Sanità: Cgil, personale in fuga e liste d’attesa, gli incentivi economici non bastano. Servono assunzioni e un vero piano di riorganizzazione del lavoro

Gli infermieri e le infermiere dell’Asufc sono davvero pronti a rinunciare ai propri giorni liberi e ai loro spazi di vita per somme irrisorie, erogate con un anno di distanza e supertassate, anche se strutturate ma non condivise? Se è vero che non mancano i lavoratori e le lavoratrici disponibili a sottoporsi a questi carichi, con tutte le responsabilità che ne derivano, non tutti la pensano così. L’abbattimento delle liste d’attesa è un obiettivo di civiltà irrinunciabile, ma non si può pretendere di raggiungerlo spremendo ulteriormente i lavoratori, già stremati dalla pesantezza dei turni, dai richiami in servizio, dai cambi turno senza preavviso e dalla disorganizzazione che regna sovrana, da una condizione di perenne sotto organico: può capitare, ad esempio, che un unico infermiere, coadiuvato da un solo Oss, si trovi a gestire un intero reparto di ortopedia, cui si aggiungono le osservazioni brevi che il Pronto soccorso manda in qualsiasi momento del giorno e della notte. I veri nodi da risolvere riguardano l’organizzazione del lavoro e le nuove assunzioni: bisogna tornare a rendere attrattivo il lavoro in sanità, e per riuscirci non basta promettere incentivi economici su ore aggiuntive che il personale, già allo stremo, è restio a garantire. Soprattutto se questi incentivi vengono pagati in pesante ritardo (al momento solo il 25% delle ore aggiuntive del 2022 sono state retribuite: figuriamoci quelle del 2023!).