Sanità: Ritorno alla riforma Fasola? Una follia
Uno degli argomenti sostenuti e ripetuti più volte in questo periodo dalla Giunta per ridurre gli ospedali e i posti letto è che la Riforma Fasola doveva realizzare 8 ospedali di rete da 250 posti letto, non ne è stato fatto nessuno e quindi adesso bisogna intervenire. Con ciò si ignora o si fa finta di non capire che la LR 13 del 1996 è nata in una situazione radicalmente diversa dall’attuale. In Friuli Venezia Giulia nel 1995 il tasso di ospedalizzazione (numero di ricoveri ogni 1000 abitanti) era di 216 con il massimo di 276 a Trieste. Quindi ci si ricoverava tantissimo e si rimaneva a lungo in ospedale. Infatti la legge si poneva l’obiettivo di ridurre il tasso a 160/1000 obiettivo che allora sembrava molto ambizioso, però oggi siamo tra i 110 e i 120 praticamente la metà. Si è ridotta in maniera sostanziale anche la degenza (durata del ricovero). Quindi il bisogno di posti letto in ospedale si è ridotto radicalmente.
Come mai è accaduto?
Una serie di riforme, di sviluppo di servizi e di sviluppi tecnico scientifici hanno cambiato la sanità regionale, nazionale e internazionale .
Facciamo alcuni esempi: è stato introdotto il day hospital, si è sviluppata la chirurgia laparoscopica che accorcia il numero di giorni del dopo intervento, è nata l’assistenza domiciliare che permette di curare a casa persone che prima stavano a lungo in ospedale, sono state avviate le RSA, si sono raddoppiati i posti letto nella residenza protette (case di riposo) spostando fuori dall’ospedale persone che vi sostavano anche per mesi.
Quindi servivano meno posti letto e le degenze erano diventate più brevi.
Da oltre 10-15 anni inoltre nessuna norma stabilisce quanti posti letto deve avere un ospedale. Ora si parla di servizi che devono stare in ogni ospedale per i diversi livelli (base, primo e secondo livello), di bacini di popolazione per le singole specialità e di volumi di attività raccomandati (es. parti o interventi chirurgici). La norma dice ad esempio che ci deve essere una chirurgia generale ogni 100-200 mila abitanti, una neonatologia ogni 600 mila – 1,2 milioni, una cardiologia ogni 150-300 mila.
Quindi non si sono realizzati “ospedali di rete” da 250 posti letto e si sono decise dimensioni diverse non perché non si è stati capaci di farlo ma semplicemente perché non servivano e perché la medicina e la sanità degli anni 2000 è completamente diversa da quella del 1996.
Ora, riprendere la discussione partendo da allora e ignorare tutto quello che è accaduto in 30 anni è quello che sta per accadere (es. telemedicina) è tecnicamente e politicamente fuori dal tempo. È una comoda semplificazione per non affrontare i veri temi.
Bisognerebbe partire dai problemi anziché dagli slogan. Chiedersi ad esempio perché il personale non si sente più parte di un sistema che condivide, perché troppe persone non sono in grado di curarsi, perché la classe dirigente è sempre più fragile, come affrontare seriamente il tema dell’invecchiamento e delle malattie che comporta.
E soprattutto evitare la politica dei due tempi (prima taglio e poi sviluppo il resto); quella sì che si è dimostrata disastrosa.
Le opportunità di finanziamenti e di sviluppo del PNRR sono assolutamente uniche. Non inventiamoci politiche di piccolo calibro con il principio del fasin di bessoi. Guardiamo in giro per l’Itale e il mondo e portiamo a casa il meglio. La tradizione dei servizi della nostra regione se lo merita.
Giorgio Simon
già direttore generale ASFO