Sanità: secondo l’assessore Riccardi la situazione delle liste d’attesa non è seria. Colpa dei medici troppo premurosi con i pazienti

“Sulle liste d’attesa il primo fenomeno oggettivo che dobbiamo considerare è quello delle prescrizioni che in Italia, secondo i dati dell’Agenzia nazionale dei servizi sanitari (Agenas), dal 2019 sono aumentate del 44%. A fronte di queste evidenze, sarebbe sbagliato correre dietro alla domanda. Bisogna invece lavorare sulle prestazioni che devono essere coerenti con l’esercizio del diritto alla salute dei cittadini e che devono rispondere a precisi criteri. Numeri alla mano sui tempi di attesa in Friuli Venezia Giulia stiamo certamente migliorando con un recupero significativo e con un andamento che oggi è analogo a quello pre-Covid”.
Lo ha affermato l’assessore alla Salute Riccardo Riccardi oggi in Consiglio regionale durante la seduta del Comitato per la legislazione, il controllo e la valutazione, convocato per l’esame della relazione prevista dalla legge 7 del 2009 “Disposizioni in materia di contenimento dei tempi d’attesa delle prestazioni sanitarie nell’ambito del Servizio sanitario regionale”. Traduciamo il “Riccardi” pensiero: il problema che aumenta la richiesta di prestazione (colpa del medici di famiglia) Quindi sarebbe sbagliato dare risposte puntuali correndo dietrio alla domanda e comunque…. “va tutto ben madama la marchesa”. Di parere opposto l’opposizione che hanno ragito con una sfilza di comunicati : Secondo Simona Liguori (Pattocivica): “Tempi lunghi, difficoltà di comunicazione e senso di “abbandono” nei percorsi meno urgenti, questa la percezione dei cittadini. Necessaria una riorganizzazione per migliorare l’efficienza e garantire tempi di attesa più brevi”. Spiega Liguori che ricordiamo oltre a consigliera regionale essere anche medico: “Tempi lunghi, difficoltà di comunicazione e un senso di abbandono sono le principali problematiche segnalate”, afferma. La situazione appare particolarmente critica per le prestazioni non urgenti, come risonanze magnetiche, ecografie e consulenze cardiologiche. In una regione caratterizzata da un alto tasso di invecchiamento della popolazione e da una diffusione significativa di patologie croniche, queste inefficienze pesano non solo sul sistema sanitario, ma anche sulla qualità di vita dei pazienti. A peggiorare il quadro, si aggiungono le difficoltà legate al CUP (Centro Unico di Prenotazione): “Molti utenti lamentano ritardi nella prenotazione delle prestazioni, anche a causa delle chiusure delle agende”, sottolinea Liguori. Un ulteriore problema è rappresentato dai percorsi di tutela attivati quando i tempi massimi di attesa vengono superati. Sebbene pensati per garantire il diritto alla salute, questi regolamenti presentano “debolezze strutturali che rischiano di aumentare il carico burocratico a carico degli utenti”. “Abbiamo presentato interrogazioni precise alla giunta Fedriga su queste criticità”, conclude Liguori, auspicando una riorganizzazione del sistema sanitario regionale. L’obiettivo deve essere chiaro: migliorare l’efficienza per garantire tempi di attesa più brevi e offrire un servizio all’altezza delle esigenze della comunità.
Secondo Furio Honsell (Open Sinistra Fvg la risposta dell’assessore ai tempi di attesa lunghi sono solo solo parole e nessuna soluzione: “Oggi in Consiglio Regionale si è riunito il Comitato di valutazione e controllo sui tempi di attesa in Sanità. Come Open Sinistra FVG esprimiamo profonda insoddisfazione per l’andamento del dibattito. Questo Comitato dovrebbe operare su dati precisi e valutare strategie precise. Purtroppo alle nostre domande sulle criticità presenti nei settori e nelle aziende, come ad esempio la diagnostica per immagini, la cardiologia, o i lunghi tempi di attesa anche sulle prime visite non sono state date risposte strategiche. Non è stata data risposta nemmeno sull’efficacia delle risorse assegnate nell’ultimo assestamento. La discussione invece è stata condotta dall’Assessore e i suoi tecnici sui massimi sistemi dando la responsabilità, senza però approfondirla, all’appropriatezza delle prescrizioni. Una riunione che è servita a ribadire i problemi ma non a delineare strategie per risolverli.”
Critica anche Serena Pellegrino (AVS) secondo cui servizio e prestazioni hanno finalità differenti, il primo cura il secondo referta: “Ci siamo dimenticati che servizio e prestazione non sono la stessa cosa. La prima è la presa in carico della persona, l’altra è la somministrazione di un’attività.” “Le liste di attesa sono ormai così lunghe da apparire inaccettabili. Avere un appuntamento oggi per domani – incalza la Vice Presidente del Gruppo Misto – se si passa attraverso il privato e a distanza di un anno e mezzo se ci si rivolge al pubblico è gravissimo. Fornire il contributo diagnostico in tempi assolutamente congrui, permette di ridurre la spesa del Servizio pubblico, perché si riesce a verificare e a contenere possibili malattie che altrimenti scadrebbero nella patologia con aggravi importanti per le finanze pubbliche. Definire il privato sociale convenzionato come servizio pubblico non solo è sbagliato, ma è fuorviante, perché se è vero che viene pagato dal pubblico, rimane pur sempre un’attività privata che può fornire o meno una prestazione o peggio ancora chiudere in qualsiasi momento, qualora il ‘mercato’ non fosse più appetibile. Ciò che abbiamo vissuto durante il periodo infausto del COVID – prosegue Pellegrino – avrebbe dovuto insegnare come il privato ha un suo ambito di gestione e di direzione che non sempre combacia con quello che è scritto in Costituzione dove la Sanità deve essere universale. La chiusura delle strutture private avrebbero dovuto farci fare un’inversione di rotta, ma da quanto si evince dalla condotta dell’assessorato alla salute della Regione FVG nulla di quanto appena accaduto è riuscito a dirottare la condotta verso un potenziamento del Pubblico e una ‘semplice’ compensazione da parte del privato. È necessario inoltre – conclude l’esponente di Opposizione – sollevare la questione relativa alla doppia refertazione, ovvero se la prestazione erogata viene effettuata da un privato convenzionato, che ha in dotazione una strumentazione non performante (e si manifesta una patologia e ci si rivolge al Pubblico), il professionista pubblico lo ripeterà non fidandosi della diagnosi effettuata con lo strumento della struttura accreditata, con una doppia spesa a carico delle casse pubbliche.”