Troppi “Ponzio Pilato” nel movimento pacifista. Diplomazia non può essere resa dell’Ucraina

Il re è nudo, la guerra torna a bussare alle nostre porte e fa paura. Lo scrivevamo nell’aprile scorso e la situazione non è certo cambiata. La guerra è la peggiore manifestazione che l’uomo possa scatenare contro se stesso, la guerra è sporca, orribile, è palese manifestazione del male. La conferma, sempre che ce ne fosse stato bisogno, arriva dal conflitto in Ucraina. La parola che generalmente vi si contrappone è pace, ma in realtà avviene solo nel dizionario dei sinonimi e contrari. Perché la pace, quella vera, non è solo assenza di guerra. La pace per averla non basta invocarla come un mantra ululando inermi alla Luna e poi fare gli affari propri, come novelli Ponzio Pilato,  pensando di essersi messi a posto con la coscienza per aver sventolato una bandiera più o meno pacifista soddisfacendo così la propria impotenza mentre altri vengono massacrati e massacrano in un vortice di odio. Certo manifestare in favore della pace è giusto ma sarebbe il caso di evitare di brandire il tema come una clava. Esiste purtroppo un pacifismo di maniera che, facendosi schermo con gli utopici e rispettabilissimi pacifisti doc, fautori autentici della non violenza, ne inquina il movimento e la sua onestà intellettuale. In Ucraina non si può arrivare alla pace perché è desiderata fosse anche dalla maggioranza dell’umanità, fosse così la pace sarebbe cifra universale. Purtroppo non funziona così, è utopia quella di chi invoca la trattativa senza capire che per arrivarci ci vuole la volontà di farla da parte di tutti i contendenti a meno che, non si pretenda una resa impossibile e ingiusta da parte degli aggrediti perché “disturbano” il quieto vivere della “pace” nostra. E poi ci fanno aumentare le bollette… Una resa mai coraggiosamente invocata con chiarezza ma lasciata presagire come giusta in una strana interpretazione  ideologica che vede simbiotiche parole di equidistanza e scambio di ruolo fra aggredito ed aggressore, ma soprattutto che vede come substrato quell’antiamericanismo “a prescindere” che non guasta mai. Certo non si possono disconoscere errori e orrori compiti nei decenni dall’occidente, Usa in testa, ma questo non può cambiare la realtà odierna di chi è aggressore e chi è aggredito, a meno di non pensare che i milioni di ucraini sotto le bombe siano tutti piccoli Hitler da lasciar sterminare e i russi by Putin dei santi neo liberatori. Intendiamoci non si tratta di stabilire chi è “putiniano” e chi no, anche se poi certi comportamenti finiscono per favorire l’autocrate di Mosca, ma di capire perché è scattato quello che sembra un virus che porta molti, alcuni di certo in buonafede, altri per calcolo personale e partitico, a comportarsi come fecero le nazioni democratiche dinnanzi alle notizie sullo sterminio degli ebrei prima che, ironia della storia, l’armata Rossa scoperchiasse il velo di colpevole omertà sulla follia dei lager. Siamo onesti, una pace ora, è utopia pura. Il massimo cui si può aspirare è la non belligeranza, un cessate il fuoco che può arrivare per faticosa via diplomatica, non certamente con la resa ucraina tagliandogli rifornimenti difensivi e possibilità di sopravvivere liberi. Questo non lo si può fare in punta di bandierine più o meno arcobaleno, perché la pace è affare troppo serio per lasciarla fare a certi pacifisti falsi non violenti , così come la guerra è cosa troppo seria per lasciarla fare ai militari. Bisogna pretendere, quello certamente anche manifestando, che l’Italia e l’Europa agiscano con determinazione ed equilibrio, ma non escludendo per falso buonismo un uso più possibile moderato e difensivo della forza. Non fosse così lasceremmo liberi tutti i “bruti” del mondo di scorrazzare per le nostre città e case; rubando, stuprando e uccidendo. Ed invece no, pretendiamo “sicurezza” a tutti i costi, e nessuno chiede che polizia e carabinieri vengano disarmati e non svolgano azioni preventive e retate anticrimine. Ed allora perché negare questo  diritto al popolo ucraino invaso.

Fabio Folisi