Udine di Fontanini quasi come Dark City, ma per “sbloccare” il tempo non c’è unità nel centrosinistra e neppure nella “sinistra”

Ieri il già annunciato candidato sindaco del centrodestra per il comune di Buja Marco Zontone con una nota arrivata alle redazioni giornalistiche ha annunciato il suo ritiro. Motivo dichiarato non voglio disperdere i voti del centrodestra nel bene del mio paese. Ovviamente le motivazioni saranno più complesse e forse meno “nobili” ma comunque a destra si dimostra quel pragmatismo e voglia di raggiungere l’obiettivo che a sinistra è oggetto misterioso. Guardiamo allora quanto sta avvenendo nel capoluogo friulano a poco più di un anno dalla scadenza amministrativa. Lo facciamo con spirito critico e d’osservazione, ma anche nella consapevolezza di non avere verità rilevate ma di provare dolore. Come è noto sono settimane, se non mesi, che gruppi di persone, partiti, partitini e partituncoli, discutono strategicamente sulla loro collocazione spesso omettendo a se stessi il proprio quasi nullo peso elettorale. Per tutti l’obiettivo principale dichiarato sarebbe tornare al governo della città dopo l’oscuro periodo che ha visto a palazzo d’Aronco il sindaco Pieri Fontanini che non ha fatto mistero di voler rappresentare e di conseguenza sostenere, solo chi l’ha votato. Ma nella variegata galassia del centrosinistra, anziché partire dall’analisi della sconfitta del 2018, si ripercorre la stessa strada che ha favorito l’arrivo degli “Unni” alla guida della città. Stessi dibattiti sul pelo ideologico, stesse facce, stesse contraddizioni, stessi odi personali. Se andrà avanti così il centrodestra rischia di rimanere in sella non certo per qualità amministrativa, ma per manifesto harakiri degli avversari. Sulla carta, parlando singolarmente con i singoli atomi del centrosinistra, tutti vorrebbero tendere allo stesso obiettivo, ma in realtà veti più o meno ideologici e la ricerca delle differenze anziché di programmi convergenti, rischiano di portare al solito casino mettendo gli elettori nel triste dilemma di non votare o votare il meno peggio. In questo quadro a cercare il classico uovo di Colombo è stato il PD tramite il suo segretario cittadino, Vincenzo Martines: faremo le primarie, ha dichiarato erga omnes. Da alcune settimane in realtà nel “tavolo”, dove però non tutti per propria scelta siedono, si sta discutendo. Un approccio che, veniva raccontato fino a mercoledì scorso, sarebbe stato funzionale alla discussione di programmi anziché di nomi. Ma è evidente che nel mondo del post berlusconismo e della ricerca del leader a tutti i costi, dalla bocciofila fino al premier di governo, materializzare la faccia del “sindaco” è il problema dei problemi. In realtà in questi mesi, più o meno sotto banco, molti nomi erano stati fatti, alcuni vere boutade quasi prive di senso, altri forse papabili, ma in realtà nessuno sembrava realmente catalizzare gli interessi di molti. Così ecco che l’unica soluzione “democratica” viene lanciata e sempre nel solco del “meno peggio” dalla maggiore forza cittadina del centrosinistra: Primarie, quel meccanismo di partecipazione introdotto da Walter Veltroni nel 2007 come specifico del nuovo partito in realtà per regolare le contraddizioni interne, ma che poi è stato esportato anche ad altre “selezioni di personale”. Ma i meccanismi di partecipazione e le storture derivate da un modello nobile in partenza, alla fine ha generato come risultati, almeno nazionalmente, solo il peggio di una politica basata non sul confronto di idee, ma sull’uso del consenso mediatico come clava per distruggere l’avversario, fossilizzando, inoltre, il processo di analisi politica e facendo sì che intere classi dirigenti si spostassero da un candidato all’altro restando sostanzialmente sempre uguali nei metodi, nelle parole d’ordine e nell’orizzonte culturale. Questo, nel meccanismo interno al PD, ma in qualche caso anche “fuori”. Insomma quasi sempre si è trattato di competizioni decise in partenza, tranne in qualche caso sporadico, uno dei quali recente nella nostra regione con il prevalere a Monfalcone della brava Cristiana Morsolin candidata extra PD. Furbescamente Martines per catalizzare sulla sua proposta il massimo consenso, ha proprio ricordato il caso Monfalcone per affermare che le primarie potrebbero non premiare necessariamente un nome del PD: «Ne siamo consapevoli e in altre città è già successo. Più di così non so cosa dovremmo fare per dimostrare che non vogliamo imporre nulla. Di certo oggi un candidato “salvatore della patria” non esiste. Serve un gruppo di lavoro forte da cui far emergere il nome migliore». Detto questo è evidente che il gioco delle primarie a Udine non ha le stesse dinamiche di Monfalcone, perché nel paese dei cantieri ha vinto una candidata che in questi anni è stata sempre presente sulle barricate, in consiglio comunale come fuori, per contrastare quel personaggetto della Cisint. A Udine, nessuno si offenda, ma facciamo fatica, ma forse è un limite nostro, a ricordare le facce degli oppositori a Fontanini dentro il Consiglio comunale ma anche fuori. Tutti, secondo noi, sono entrati, dopo la sconfitta del 2018, in un letargo dal quale venivano svegliati qualche vota dall’avanzare degli eventi nefasti più eclatanti della gestione oscurantista e retrograda di Fontanini & C. Avrebbero avuto invece pianure infinite per contrastare pubblicamente la giunta peggiore degli ultimi decenni ed invece nulla o quasi. Ma se in sede istituzionale non si è brillato, non è che all’esterno ci sia sfiancati nel lavoro d’opposizione più o meno rivoluzionaria. Se non fosse stato per il meritorio lavoro di associazioni e comitati su singoli aspetti della vita cittadina, Udine sarebbe potuta sembrare la Dark City dell’omonimo film di fantascienza che gli amanti del genere ricorderanno e dove il protagonista, interpretato dall’attore Rufus Frederik Sewell alias John Murdoch, si muove per le vie della città, che è sempre immersa in un tetro ed inquietante ambiente notturno e dove John scopre che tutti i cittadini sono caduti in uno stato comatoso e dove a mezzanotte in punto, l’ora in cui gli Stranieri (i soggetti che avevano preso il potere) fermano il tempo e alterano il paesaggio urbano, così come l’identità delle persone e i loro ricordi. Forse Udine non è proprio Dark City e Fontanini non ha la capacità di fermare il tempo, ma di certo questo non è avvenuto per merito della classe politica cittadina all’opposizione. Detto questo appare evidente che la soluzione primarie sia una comoda soluzione, forse l’unica possibile, ma che non risolve il problema alle radici, non solo perché ormai è demodé, ma soprattutto perché è già chiaro che non parteciperanno tutti i soggetti possibili e che siamo lontani da quel “campo largo” evocato da molti, ma praticato da pochi. Dal “tavolo” qualcuno si è autoescluso, altri giocano su due tavoli per vedere che aria tira e magari garantirsi, se non una sedia, almeno qualche strapuntino, altri ci sono più onestamente e, con apprezzabile modestia, sanno che un loro candidato non è proponibile e si attaccheranno ad uno dei tram di passaggio probabilmente a quello più grosso con più posti o, speriamo, a quello con qualche idea nella zucca. Nulla di non visto, intendiamoci, anche se forse ci sarebbe voluto più coraggio e discutere di nomi in maniera schietta. Aggiungiamo al quadro che in realtà non è che al momento vi sia la fila per competere anche se, nelle sinapsi di qualcuno/a, certamente l’attività elettrica è altissima nel solito delirio di autostima smodata che speriamo si possa estinguere autonomamente dinnanzi alla realtà senza ricorrere all’elettrochoc. Comunque al tavolo dei partecipanti alla “cena” delle primarie, con sempre possibili defezioni, al momento oltre al PD di Martines, ci sono Andrea Castiglione per il Psi, Claudio Attinà per Articolo 1, Enrico Bertossi per Prima Udine, Domenico Liano per il M5S, Sara Rosso per Open Fvg, Riccardo Rizza per Italia Viva, Antonella Gatta per Costruire Futuro, Serena Pellegrino per Sinistra Italiana, Simona Liguori per i Cittadini e Anna Manfredi per Rifondazione Comunista. Fra gli autoesclusi vi sono gruppi nuovi ma vecchi, ma anche civiche con un certo peso cittadino: Siamo Udine, Progetto Innovare, Spazio Udine, Udine Sinistra Unita che non sembrano voler essere della partita, così come il partito regionale Patto per l’Autonomia, che partendo dall’esperienza positiva triestina di ‘Adesso Trieste’, la lista civica appoggiata da Patto che ottenne un buon risultato in termini di voti, vorrebbe in qualche modo replicare l’esperimento. Temiamo però che l’operazione possa riuscire meno efficace, perchè Udine non è Trieste e le civiche nonché la sinistra extra Pd friulana, non hanno le stesse caratteristiche e forse lucidità di quella giuliana e il rischio frammentazione è altissimo. Finchè ne rimarrà uno solo, tronfio del proprio autoconvincimento di essere portatore di verità, autoconvicimento da effetto Pigmalione, fenomeno e nome che deriva da un episodio della mitologia greca che vale la pena raccontare. Pigmalione era uno scultore del re di Cipro e fece una statua femminile talmente bella da innamorarsi perdutamente della sua opera. L’aveva ritenuta superiore a qualunque donna anche in carne e ossa, tanto da dormirle accanto nella speranza che un giorno si animasse. Alla fine arrivò a chiedere ad Afrodite di tramutarla in donna per poterla sposare. Ecco nella nostra storia ci sono molto “pigmalioni” ma non c’è Afrodite. Fabio Folisi