Un manifesto per il futuro dell’Ateneo friulano. Firme buone, firme stantie e firme perniciose in odore di “indirizzar poltrona”
Diciamo come preambolo che i “manifesti” tematici o programmatici, tornati di gran moda, non appassionano e lo fanno sempre meno quando il rischio “paravento” è palese. Vedremo se sarà così anche per il documento sul “futuro” dell’Ateneo friulano presentato oggi. “Promuovere e valorizzare il rapporto strategico tra l’università e i territori del Friuli”: questo l’obiettivo dichiarato che ha spinto i promotori alla raccolta delle firme di circa 50 persone tra intellettuali e politici friulani e che siamo certi vedrà la corsa alle adesioni più per paura di essere tagliati fuori che per convinzione. Il documento come accennato sarà presentato oggi 14 marzo alle ore 17 nel salone del Popolo del Comune di Udine, durante un incontro, aperto al pubblico. A scanso di equivoci che l’idea di base, pur se “antica”, sia buona è un fatto, perfino lodevole nelle motivazioni, anche se la presenza di alcuni personaggi fra i firmatari promotori e la concomitanza con la scadenza del rettorato dell’Ateneo friulano fanno sospettare nulla di buono. Il rischio forte è che, alcuni con perniciosa volontà, e altri a loro insaputa, si siano prestati a qualche possibile magheggio di sostegno a “candidato” utile, magari amico degli amici. Non si tratta di fare il processo alle intenzioni, ma alcune firme sono davvero ingombranti e appaiono decisamente, politicamente e anche culturalmente “schierate” dato che non vogliono certo rappresentare le istituzioni nella loro interezza ma solo la parte politica a loro sodale, mentre appare chiaro, spiace dirlo, che il “motore” è solo l’odore di poltrona. Basti pensare che tra i primi firmatari del documento, dal titolo suggestivo “Verso un manifesto per i prossimi decenni”, troviamo i sindaci di tre capoluoghi (Udine, Pordenone e Gorizia) che non sono certo campioni di progressismo portatori di cultura regressiva e marginalizzante. Fra i firmatari anche il senatore leghista Mario Pittoni. Aggiungiamo anche che il portavoce del gruppo dei firmatari è l’ex ministro Giorgio Santuz che crediamo non abbia, ahinoi, bisogno di presentazioni. E però pur vero che vi sono personaggi della cultura o personalità di peso, anche se ormai, per età o altro, leggermente in “disarmo” o comunque non più sulla breccia. Basti citare Duilio Corgnali, ma anche Francesco Barazzutti. Mentre fra gli intellettuali, al di sopra di ogni sospetto Gianfranco Ellero e Angelo Floramo. Altre firme sono quelle di Giuseppe Bergamini, Roberto Muradore, Diego Navarria, Raimondo Strassoldo, Bruno Tellia. In sostanza il manifesto non tanto nei contenuti, ma in molti firmatari (non in tutti ovviamente), appare stantio e c’è da temere portatore del pensiero di un Friuli che non c’è più. Tornando al manifesto, in questo si chiede di riprendere lo spirito della Costituzione dell’Ateneo per contribuire al progresso civile e sociale, alla rinascita economica del Friuli e alla creazione di uno strumento di sviluppo e di rinnovamento dei filoni originali della cultura, della lingua, delle tradizioni e della storia del Friuli. All’interno del documento si parla di creare una nuova alleanza tra l’università e i suoi vari territori con uno spirito di totale apertura: “Essere sul territorio e per il territorio, come università, si deve tradurre in strategie che arricchiscano l’ateneo e, al contempo, aprano prospettive all’intera regione Friuli Venezia Giulia in collaborazione con l’università di Trieste e in sinergia con quanto sta avvenendo, sempre a Trieste, nel più vasto campo della portualità e delle relazioni internazionali”. Tutto condivisibile, general-generico ed in odore di ipocrisia. Insomma il sospetto che il gruppo manovratore non sia in totale buona fede e che l’amore dichiarato per l’Università nasconda qualche infedeltà inconfessabile resta pesante. Comunque, è stato fatto sapere, che durante l’ incontro pubblico verrà fatto un invito ai candidati alla carica di rettore dell’Università di avviare un confronto sui contenuti del documento per superare il rapporto troppo spesso unilaterale e strumentale dell’università con i territori e per ripensare all’identità che la stessa università vuole assumere, essendo allo stesso tempo università globale e università del territorio. Un’altra tematica che sarà affrontata riguarda l’annosa questione del sottofinanziamento ministeriale, problema che, secondo gli ideatori del manifesto, va affrontato attraverso sinergie tra soggetti territoriali e istituzionali, con un confronto con i più alti livelli istituzionali del Paese. La terza missione dell’ateneo, inoltre, sarebbe quella di sviluppare conoscenze utili al territorio, cosa che potrebbe essere fatta “superando l’idea che la conoscenza contestuale sia di rango inferiore rispetto a quella di base e a quella tecnologica”. Il concetto di conoscenza contestuale non è del tutto chiaro e si presta ad interpretazioni, in questo caso pensiamo si riferisca a un insieme di nozioni teoriche non apprese, ma frutto di un processo dinamico, cioè della partecipazione attiva all’interno di un contesto, data dall’interazione con gli altri membri e la situazione circostante. Altro punto del manifesto sarebbe quello di studiare tutte le soluzioni atte a trasformare le proposte in azioni concrete, i firmatari hanno sollecitato anche l’attivazione di un meta-laboratorio con componenti scientifiche e culturali interne ed esterne all’ateneo e con una direzione “mista”. Forse è proprio in quest’ultimo punto che il rischio dei “cavilli” si fa concreta, perchè si sa: “il diavolo è nei dettagli” e la voglia di controllo “politico” forte magari buttando a mare le prerogative dei docenti soprattutto se foresti.
Fabio Folisi