26 settembre?
In questi ultimi giorni di campagna elettorale alcuni commentatori, più o meno interessati, cercano di fare passere l’idea che, in fondo, se la destra vincesse non sarebbe poi una tragedia ma una normale alternanza democratica, come negli altri Paesi, dove conservatori e progressisti si danno il cambio alla guida del governo. Sarebbe vero se la natura della nostra destra fosse come quella delle grandi democrazie europee, ma non è cosi, anche perché il nostro Paese, in verità, non ha mai fatto davvero i conti con il suo passato fascista. Il nostro terzetto, quindi, formato da Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia come ruota di scorta, non sono come i democristiani tedeschi, i conservatori inglesi o i popolari spagnoli, essi guardano da altre parti: a Budapest e a Mosca. I partiti di Meloni e Salvini in Europa non stanno con il Partito popolare europeo ma con forze molto più conservatrici che mettono spesso in discussione lo stato di diritto, fondamento di ogni sistema istituzionale democratico. In realtà, i partiti della destra italiana hanno tratti illiberali che li portano naturalmente a preferire sistemi autocratici: le cosiddette “democrature” . Si tratta di sistemi politici dove formalmente si svolgono delle elezioni ma il loro risultato è inficiato dal controllo del governo sull’informazione, la magistratura e le parti sociali, cosicché la chiamata dei cittadini alle urne è una pantomima dagli esiti scontati. È ciò che accade nell’Ungheria di Viktor Orban, recentemente indicata dal Parlamento europeo come un sistema di “autocrazia elettorale”. A queste considerazioni si ribatte spesso che poco interesserebbero agli italiani, preoccupati dalla quotidianità della loro vita, messa sempre più in pericolo dalla crisi economica ed energetica. Proviamo allora a osservare le promesse, o minacce, fatte dalla destra in caso di vittoria. Innanzitutto è innegabile che essi vogliano aprire uno scontro con l’Unione europea: giace in Parlamento una proposta di legge, a prima firma di Giorgia Meloni, che prevede la supremazia della legge italiana su quella europea, ciò metterebbe immediatamente in discussione la nostra adesione ai trattati dell’Unione, finanche la stessa nostra adesione all’Euro (come spesso adombrano i leghisti). Se questa è da considerarsi una minaccia per il futuro, ben più attuale è la richiesta di riscrivere il PNRR che porterebbe alla perdita dei consistenti fondi arrivati dall’Unione per rispondere alla crisi provocata dall’epidemia Covid 19. Sappiamo che in cima alle preoccupazioni degli italiani c’è la crisi energetica e il caro bollette. Abbiamo anche visto di nuovo alcuni giorni fa come il cambiamento climatico possa essere sempre più devastante e portare distruzioni e lutti. Bene, se sul piano del caro bollette la destra non riesce a produrre niente di concreto, sulla crisi climatica semplicemente la negano e pensano di continuare con le fonti fossili, sempre più care, inquinanti e che ci legano ai ricatti di dittature come quella di Putin. Accennavamo alla crisi pandemica: anche qui si misura una destra retriva e perfino antiscientifica. Lega e Fratelli d’Italia sono stati sistematicamente contro le misure anti diffusione del virus, contro l’obbligo dei vaccini e increduli di fronte alla gravità della malattia. Non è sbagliato dire che se nei giorni peggiori della malattia fossero stati loro al governo oggi piangeremmo molti più morti. Ci viene fatto notare che Giorgia Meloni si professa dalla parte dell’Occidente.
Ma quale Occidente? Quello guidato da Trump e dalla destra repubblicana. Quello che non crede nelle organizzazioni internazionali, dove ogni Stato fa per sé, dove si preferiscono le dittature alle democrazie? Una delle balle più grandi che si raccontano in giro è che la destra penserebbe molto alle questioni sociali. Una bugia che spesso inganna anche qualche capo o funzionario sindacale che vede chissà quale politica sociale tra le maglie del razzismo di leghisti e fratellini d’Italia. Guardiamo ai programmi: la destra è contraria al salario minimo e vuole che permangano intollerabili condizioni di sfruttamento dei lavoratori; vogliono l’abolizione del reddito di cittadinanza, una misura che con tutti suoi limiti ha portato del sollievo agli strati più poveri della popolazione; sono contro l’estensione dell’obbligo scolastico e preferiscono persone poco istruite e disposte a subire condizioni lavorative peggiori; non dicono una parola sul futuro previdenziale delle giovani generazioni e immaginano un mercato del lavoro senza regole dove il lavoratore sia senza diritti e difese. Sul fisco, poi, la proposta della flat tax ha una logica evidente: fare pagare meno i ricchi, colpendo i poveri e il ceto medio, e la cui conseguenza sarà il taglio dei servizi sociali, a cominciare dalla sanità pubblica. Un ultimo aspetto è quello dei diritti civili: non c’è un diritto raggiunto in tanti anni di lotte che non venga messo in discussione. Libertà di interruzione di gravidanza, libertà di orientamento sessuale, diritto dei bambini nati in Italia da genitori stranieri di avere la cittadinanza, tutto questo, e altro, è impedito, vietato e, in un impeto reazionario, si cerca di riportarci indietro di cinquant’anni, e a patirne più di tutti saranno le donne e i giovani. Chiudiamo con il nuovo assetto istituzionale che la destra propone. Per tenere insieme interessi diversi si introdurrebbe un fantomatico presidenzialismo, con un uomo/donna forte, senza i necessari contrappesi, a comandare, e un altrettanto confuso federalismo dove ogni Regione farebbe per sé rendendo ancora più colossale il debito pubblico e mettendo in crisi la stessa unità nazionale. Sono minacce serie, rese ancora più tali dal fatto che con questa oscena legge elettorale la destra, con una maggioranza semplice, potrebbe avere i due terzi dei seggi in Parlamento e imporre le loro modifiche alla Costituzione senza passare per il voto popolare. C’è da essere molto preoccupati per l’esito delle elezioni e tutti i pericoli che abbiamo davanti sono chiari ed evidenti. Chi oggi minimizza, o non ha capito bene la situazione o è complice e ciò al netto, comunque, degli stessi errori commessi dal fronte progressista in questi ultimi venticinque anni. Non raccontiamoci di non essere stati avvertiti. Carlo Pegorer e Stefano Pizzin