A Marzo in Friuli il Forum internazionale “Confini/Guerra fredda”. Dalla storia ai conflitti dei nostri giorni
La Guerra fredda come antefatto degli scenari del nostro tempo: un periodo storico da indagare e rileggere per comprendere pienamente, sin dalla loro genesi, i contesti drammatici e conflittuali in cui l’Europa e il mondo si trovano immersi oggi. Perché l’impatto della Guerra fredda sulle zone di confine è durato ben oltre il crollo del muro di Berlino. Questo il filo rosso del prestigioso Forum internazionale “Terre di confine. Dalla Guerra fredda ai conflitti del nostro tempo”, in programma all’indomani del primo anniversario dell’invasione ucraina, dal 9 all’11 marzo a Udine e Gorizia, per iniziativa dell’Associazione Friuli Storia: un think tank che riunisce per la prima volta in una partnership di ricerca l’Università di Udine e l’Università di Harvard – Cold War Studies Project, e che potrà contare sul contributo di una quarantina di analisti e studiosi internazionali, impegnati in otto percorsi tematici per analizzare capillarmente gli accadimenti prodotti nel corso della Guerra fredda e la loro onda lunga su quanto stiamo vivendo. A inaugurarlo sarà uno degli storici più autorevoli a livello internazionale, Mark Kramer, Direttore del Cold War Studies Project dell’Università di Harvard e Senior Fellow del Davis Center for Russian and Eurasian Studies di Harvard: sarà lui, infatti, giovedì 9 marzo alle 18.00 nella splendida cornice del Castello di Udine, a svolgere la lectio inaugurale sul tema portante del Forum, fra indagine storica e implicazioni geopolitiche. A chiudere i lavori, sabato 11 marzo, sarà invece l’intervento di un altro notissimo storico, l’accademico Charles S. Maier, professore di Storia europea ad Harvard, pubblicato in tutto il mondo e in Italia da Einaudi. Spiega il docente di Storia contemporanea dell’Università di Udine Tommaso Piffer, che firma la direzione scientifica del Forum: «la tre giorni di marzo apre uno sguardo retrospettivo sulle Terre di confine nell’Europa centro-orientale ma anche nella vasta area eurasiatica, e va alle radici dei conflitti che stiamo attraversando. Fu all’alba della Guerra fredda che Stalin decise di espandere i confini dell’Ucraina perché fungesse da cuscinetto contro l’Occidente, favorendo una forte emigrazione russa nelle zone orientali del Paese per presidiare il controllo sovietico di quelle zone di confine. Siamo particolarmente lieti che questa iniziativa sigli la nuova partnership fra Friuli Storia, le Università di Udine e quella di Harvard, con il suo Centro Studi sulla Guerra fredda: una collaborazione progettata sul medio e lungo termine come un ponte di studio e ricerca che affonda nel recente passato per decodificare il presente e aprire sguardi più consapevoli sul futuro. Il Friuli Venezia Giulia vanta un patrimonio storico culturale unico in Europa e una tradizione di ricerca umanistica ai massimi livelli. Con questo progetto questo territorio si candida ad ospitare una vera e propria capitale della storia contemporanea a livello internazionale». Proprio poche settimane fa, il Dipartimento di Studi umanistici e del patrimonio culturale (Dium) dell’Università di Udine è stato riconosciuto dal Ministero dell’Istruzione, per la seconda volta consecutiva, tra i Dipartimenti di Eccellenza degli atenei italiani per il periodo 2023-2027.
Il Forum internazionale “Terre di confine. Dalla Guerra fredda ai conflitti del nostro tempo” è organizzato con il contributo e la collaborazione della Regione Friuli Venezia Giulia, della Fondazione Friuli, della Fondazione Cassa di risparmio di Gorizia e del Comune di Udine, in collaborazione con la RAI, mediapartner la sede RAI Friuli Venezia Giulia,
Ad integrarlo è ai nastri di partenza un’ulteriore iniziativa, il progetto Frontiera Est avviato dall’Università degli Studi di Udine in sinergia con l’Associazione Friuli Storia: un format che per la prima volta metterà a sistema le strutture difensive realizzate sul confine orientale nel corso del XX secolo, patrimonio storico e culturale che è prerogativa geostrategica del Friuli Venezia Giulia. Una vera e propria “regione sotto la regione”, composta da oltre 1300 strutture, completamente abbandonata con la fine della Guerra fredda e adesso in procinto di essere dettagliatamente mappata per una valorizzazione in chiave di ricerca e recupero, ma anche di divulgazione e formazione, dal turismo alla didattica. Primo passo sarà l’inaugurazione del portale frontieraest.it accessibile a tutti in un click, ricco di video e foto documentazione sulle strutture difensive oggi aperte al pubblico. Il sito sarà online entro fine mese. Il Rettore dell’Università di Udine, Roberto Pinton, ha inviato un messaggio in cui sottolinea come «grazie a questo importante progetto, e al collegato convegno internazionale che non a caso coinvolgerà Udine e Gorizia, due città profondamente segnate dalla guerra fredda, l’Ateneo friulano potrà consolidare la significativa collaborazione con l’Università di Harvard e contribuire alle attività di studio, tutela e valorizzazione di un patrimonio storico unico a livello nazionale ed europeo quale quello delle opere difensive realizzate sul nostro confine orientale. Il progetto Frontiera Est rappresenta una importante opportunità di crescita per il territorio, di proficua collaborazione tra le istituzioni e di coinvolgimento attivo delle amministrazioni locali».
Partner di progetto del Forum internazionale di Udine e Gorizia, il Direttore del Cold War Studies Project dell’Università di Harvard, Mark Kramer, aggiunge: «ci interessa soprattutto esaminare le conseguenze nel mondo di oggi della storia di questi confini e di queste terre di confine, ma anche indagare differenze e somiglianze tra zone di conflitto nell’Asia Nord orientate, tra le due Coree, tra la Cina e l’Unione Sovietica prima e la Russia poi e anche tra la Cina e il Giappone. Vogliamo analizzare l’impatto che hanno avuto questi confini, e metterlo a confronto con le analoghe conseguenze prodotte dai confini in Europa, durante e dopo la Guerra fredda. Contiamo sia solo l’inizio di una proficua cooperazione nel tempo fra l’Università di Harvard e l’Università di Udine».
«Abbiamo un rapporto consolidato di continuo confronto con l’Università di Udine e l’Associazione Friuli Storia – osserva il Presidente di Fondazione Friuli Giuseppe Morandini – con l’obiettivo comune di sviluppare la ricerca ai più alti livelli ma nel contempo di coinvolgere su questi temi le istituzioni e i cittadini delle nostre comunità, promuovendo un’importante attività di sensibilizzazione sull’importanza della conoscenza della storia. Con il Forum Internazionale e soprattutto con il progetto Frontiera Est si pongono le basi per un progetto di valorizzazione dalle grandi potenzialità anche in funzione dell’attrattività del territorio regionale».
«Per noi è un grande piacere poter essere parte attiva di questo Forum internazionale – le parole del Presidente della Fondazione CariGO, Alberto Bergamin – il periodo della Guerra Fredda è una parentesi storica che ha influenzato l’evoluzione di questi territori, in particolare della città di Gorizia. La Fondazione CariGo ha fortemente voluto che uno degli appuntamenti del Forum fosse ospitato proprio nella sua sede, nella città che nel 2025 insieme a Nova Gorica, ospiterà la “Capitale Europea della Cultura”, perché il dialogo e lo studio di un periodo complesso e conflittuale, siano il viatico di una fruttuosa e continua collaborazione. In quest’ottica la Fondazione – ha concluso Bergamin – contribuisce, nell’ambito di un accordo con l’Università degli studi di Udine, al sostegno del progetto di ricerca “Frontiera Est” incentrato sulle strutture difensive erette o impiegate lungo il nostro confine durante la Guerra Fredda».
IL FORUM: NELLE CITTÀ ITALIANE DELLA GUERRA FREDDA, UDINE E GORIZIA, L’OSSERVATORIO CHE PROIETTA LA STORIA SUL PRESENTE. UN THINK TANK DI 40 ANALISTI.
Si dispiegherà in due città particolarmente sensibili negli anni della Guerra fredda il Forum internazionale “Terre di confine. Dalla Guerra fredda ai conflitti del nostro tempo”, un think tank di 40 autorevoli analisti, articolato in otto percorsi tematici per alimentare un vero e proprio Osservatorio sulla Guerra fredda, capace di proiettare l’indagine storica sul nostro tempo. Se l’evento inaugurale abbraccia fedelmente il tema del congresso, “Terre di confine: dalla Guerra fredda ai nuovi conflitti”, attraverso la lectio pubblica affidata giovedì 9 marzo al Direttore del Centro Studi “Cold war” dell’Università di Harvard Mark Kramer, le sessioni di lavoro (solo in lingua inglese) si apriranno venerdì 10 marzo, al Castello di Udine, con il primo panel sulla “Vita nelle terre di confine”, indagata attraverso diversi spicchi visuali.
Da quelli strettamente legati al territorio italiano di nord-est, tema della relazione di Tina Ivnik intorno all’area delle Valli del Natisone, al contesto dei confini sovietici su cui si soffermerà Zoe Allen-Mercier, dall’osservazione lungo la Cortina di ferro, oggetto della relazione di Yuliya Komska, alla declinazione del socialismo nei diversi Paesi, su cui interverrà Ed Pulford. Si parlerà anche degli incidenti lungo il confine fra Austria, Ungheria e Cecoslovacchia (Philipp Lesiak e Sabine Nachbaur), fra Austria e Yugoslavia (Dieter Bacher) Border Incidents between Austria and Yugoslavia e delle minoranze russe in Corea (Timothy Webster). Ma si parlerà anche di quello che succedeva attraverso i confini: varcati per esempio da contrabbandieri, spie o prostitute (Zsolt Nagy) o nel caso di rifugiati politici (Robert Nelson) o ancora di accordi sulle politiche migratorie, come nel ‘75 per iniziativa della Germania Occidentale Stefanie Woodard). Anche l’impatto economico della Guerra fredda sarà analizzato negli interventi degli analisti Taylor Zajicek, Peter Svik, Anna Maria Scognamiglio e Lorenz Lüthi.
Sabato 11 marzo i lavori si sposteranno a Gorizia, nella sede della Fondazione Carigo: dalle 10 si parlerà di Nazioni divise e città divise, con riferimento alla Corea e alla Germania (Eilin Rafael Perez e Ben Van Zee) e focalizzando sull’enclave occidentale di Berlino ovest, isola occidentale nel territorio della Germania est (Sonja Schmalenberger). Il ruolo delle Grandi Potenze sarà indagato con riferimento al conflitto russo-giapponese (Yasuhiro Izumikawa) e alla disputa sino-sovietico sui confini (Sergey Radchenko), così come alle minoranze linguistiche nella polveriera dei Balcani (Nadia Boyadjieva), al punto di vista britannico (Grace Huxford), al presidio anche marittimo dei confini italiani (Fabio De Ninno). A suggellare il Forum sarà, sabato alle 16.15, l’intervento dello storico e saggista Charles Maier, ordinario ad Harvard, intorno alle micro e macrostorie di confine nel tempo della Guerra fredda.
Il legame speciale del Forum con il territorio si riverbera nella collaborazione con le aziende enologiche del Friuli Venezia Giulia: Rodaro, Specogna e Livio Felluga, che metteranno a disposizione i loro vini per gli ospiti nei contesti conviviali del convegno.
FRONTIERA EST, DAI BUNKER ALLA DIVULGAZIONE: IL FRIULI VENEZIA GIULIA METTE A SISTEMA LE SUE STRUTTURE DIFENSIVE. OBIETTIVO: TURISMO STORICO E FORMAZIONE.
Frontiera Est è un progetto pionieristico per la valorizzazione storica delle strutture difensive del Friuli Venezia Giulia, realizzato in collaborazione tra l’Università degli Studi di Udine e l’Associazione culturale Friuli Storia, sostenuto dalla Regione autonoma Friuli Venezia Giulia con Fondazione Friuli e Fondazione Cassa di Risparmio di Gorizia.
Si stima che sul territorio regionale vi siano oltre 1300 strutture difensive fra quelle realizzate negli anni Quaranta (Vallo alpino del Littorio) e quelle approntate dalla NATO in previsione di una possibile invasione da parte del patto di Varsavia. Alcune di queste strutture, che hanno talvolta un’estensione che si misura in chilometri, furono ricavate sotto le montagne dell’arco alpino. Altre, di dimensioni più ridotte, sono mimetizzate nei centri urbani, soprattutto nella piana di Gorizia e nelle Valli del Natisone. Di queste, solo 4 sono state finora recuperate e valorizzate ad uso turistico: una struttura del Vallo alpino del Littorio (le opere 2 e 3 dello sbarramento Invillino Ovest nel Comune di Villa Santina, gestite dall’Associazione Friuli Storia e Territorio), e due strutture del Vallo alpino riadattate dalla NATO negli anni Cinquanta (opera 4 dello sbarramento di Ugovizza-Nebria nel Comune di Malborghetto-Valbruna e opere 1 e 2 dello sbarramento di Passo Monte Croce Carnico nel Comune di Paluzza, rispettivamente gestite da Associazione Landscapes e ASSFN-E), oltre ad una struttura originale NATO, il Bunker San Michele nel Comune di Savogna d’Isonzo, curato dall’Associazione Nazionale Fanti d’Arresto.
Le altre strutture sono in stato di totale abbandono e possono rappresentare un rischio per la sicurezza dei cittadini, ma anche un immenso potenziale turistico, didattico e divulgativo, ad oggi trascurato. Il Friuli-Venezia Giulia è l’unica regione in Italia ad avere un rilevante patrimonio riconducibile a questo periodo, ed è anche l’unica regione in Europa dove sono presenti artefatti riconducibili ai tre grandi conflitti del Novecento: la Prima guerra mondiale, la Seconda guerra mondiale e la Guerra fredda. Obiettivo di Frontiera Est è la valorizzazione di questo patrimonio storico, attraverso una attività sul piano della ricerca storica e attraverso iniziative divulgative, con la produzione di contenuti multimediali, fotografici, attività di storytelling e percorsi espositivi. Primo passo di Frontiera Est sarà l’imminente inaugurazione – il 21 marzo – del portale frontieraest.it accessibile online, per uno screening immersivo della rete di strutture difensive attualmente visitabili nell’estremo nord-est d’Italia e materiale documentale e fotografico sulle strutture aperte al pubblico.