A proposito del dibattito sulla GPA (gestazione per altri)…
Alla luce dell’incontro tenutosi presso l’Università degli Studi di Udine lo scorso 13 Giugno e prendendo atto dell’acceso dibattito sulla GPA (gestazione per altri) spesso confuso e irrazionale riteniamo doveroso replicare. Notiamo sempre più frequentemente che l’argomento viene trattato in modo incompleto, disinformato e superficiale, creando così un doppio stigma ideologico: da un lato, attraverso l’utilizzo della locuzione scorretta “utero in affitto”, si attribuisce a
priori una connotazione negativa e generale di questa pratica senza entrare nel merito delle diverse e sostanziali variabili che può presentare (ad esempio il fine solidale, il mezzo o meno del denaro, la possibilità di accesso o meno per le persone lgbtqia+, ecc…) o di una sua possibile regolamentazione; dall’altro si delimita il campo di ricerca e si riportano dati ed esperienze spesso riferite unicamente a coppie gay come famiglie che vorrebbero accedere alla pratica, ad esperienze di sfruttamento e/o mancato consenso femminile o a minori con specifiche difficoltà evolutive, nonostante le ricerche dimostrino che queste caratteristiche, quando presenti, non siano direttamente correlate all’oggetto di ricerca. Le “hate words” sono le parole usate per ferire tanto un singolo individuo quanto un’intera categoria. Sono parole o accezioni che evocano stereotipi negativi, che disseminano pregiudizi e non solo hanno un’incidenza psicologica, ma anche un prepotente riverbero sociale. La minuzia con cui vengono selezionate e nascoste le informazioni sulla gestazione per altri e il registro linguistico pieno di significazione utilizzato ci fa sospettare che l’impegno nell’organizzazione di questi incontri tematici non abbia l’obiettivo di tutelare bambini e madri che realmente affrontano nella loro vita i risvolti di questa pratica, in quanto non risultano quasi mai ascoltati o chiamati a parlare della loro
esperienza e del loro stato di salute, ma quello di continuare a stigmatizzare e discriminare le persone lgbtqia+, sempre nominate ai convegni sulla gestazione per altri anche se rappresentano solo il 10% delle coppie che vi accedono dopo un 85% di altre eterosessuali. Anche alcune istituzioni e rappresentanti di enti locali utilizzano il vasto e complesso tema della gestazione per altri con estrema superficialità e spesso come occasione per giustificare l’omolesbobitransfobia latente che porta a negare il patrocinio a manifestazioni come il Pride o a progetti di sensibilizzazione su tematiche lgbtqia+, patrocini negati da certe forze politiche ben prima del dibattito sulla GPA. Stesse forze politiche che, a volte, sostengono l’autodeterminazione della donna nell’interruzione volontaria di gravidanza, ma nel contempo violano il diritto di quelle donne che sarebbero disponibili a portare avanti una gravidanza per altri disponendo liberamente del proprio corpo e della propria capacità di scelta. Si ignorano poi tutte quelle donne che non possono portare a termine una gravidanza per infertilità o ad esempio per aver subito l’asportazione dell’utero in seguito di una neoplasia. In Italia la GPA è già vietata dalla legge 40/2004, tuttavia tale divieto è a nostro avviso contestabile sia dal punto di vista etico che giuridico. È riscontrabile infatti una violazione dei diritti costituzionalmente riconosciuti alla salute, all’uguaglianza e alla famiglia, inoltre la legge non spiega esattamente cosa s’intenda per “surrogazione di maternità”, né specifica se tale divieto riguardi solo la commercializzazione o se si estenda anche alla GPA solidale. Le nuove innovazioni scientificamente e socialmente lecite propongono situazioni nuove che scindono la sessualità dalla procreazione ed il legislatore non dovrebbe ostinarsi ad ignorare l’evoluzione sociale. Per i nascituri, le gestanti e le coppie che decidono di ricorrere a questo percorso è necessario garantire un quadro che definisca i limiti entro cui la gravidanza solidale sia lecita. Nonostante vi sia già una legge questo Governo è intenzionato a rincarare la dose configurando la GPA come reato universale, secondo il testo base della proposta di legge si punirebbero penalmente i cittadini italiani che accedono alla gravidanza per altri all’estero e si bloccherebbe anche l’importazione di gameti per la fecondazione eterologa. Una norma di questo tipo è giuridicamente inapplicabile e verrebbe subito impugnata perché ignora il principio della doppia incriminazione, che è alla base del diritto. Ovvero: per punire in Italia un reato compiuto in un altro Paese deve essere considerato un fatto illecito anche lì.
Pensiamo ai crimini di guerra, alla pedofilia, alla pirateria. Il solo fatto che la gravidanza per altri sia lecita e regolamentata in alcuni Paesi rende impossibile
qualificarla come reato universale. Questo evidenzia ancora una volta l’intento di questa maggioranza di arrogarsi il potere di imporre la propria disciplina ad altri Stati e di utilizzare certi temi pretestuosamente per mera propaganda politica come ad esempio per attaccare la comunità lgbtqia+. La maggioranza di governo, con questa proposta normativa rende noto che in Italia deve esserci un solo tipo di famiglia con una donna sana e un marito che possano avere figli, le altre famiglie sono punite e private di diritti. Oggi più che mai proponiamo che si discuta in maniera razionale e costruttiva di gravidanza per altri solidale e di accesso a tutte le tecniche di fecondazione assistita anche per persone singole e coppie dello stesso sesso. La strada preferibile per evitare ogni forma di sfruttamento e mercificazione e per garantire i diritti fondamentali alle persone e ai minori, non è quella del divieto, ma quella della regolamentazione.
Federica Rizzi per ArcigayFriuli
Raffaella Barbieri per Cellula Coscioni Udine