A Udine si inizia a discutere del futuro amministrativo della città. Sotto la lente l’esempio positivo della lista “Adesso Trieste”
L’incontro promosso da Patto per l’Autonomia ieri sera a Udine fa ben sperare. Questo era il commento più gettonato fra i presenti all’evento che ha visto una partecipazione che ha sorpreso tutti, organizzatori compresi. Come sorpresa è stata espressa dagli ospiti triestini di “Adesso Trieste”, il consigliere comunale del capoluogo giuliano Riccardo Laterza, già candidato sindaco e la consigliera circoscrizionale Giorgia Kakovic, che scherzosamente ha spiegato di non essersi mai aspettata tale accoglienza in Friuli. Una ironia tesa giustamente a stigmatizzare come gli sterili campanilismi non possono più avere cittadinanza dinnanzi agli enormi problemi comuni che i progressisti in questa regione si trovano dinnanzi. Una serata incentrata sul racconto del successo ottenuto a Trieste con la buona affermazione della lista civica “Adesso Trieste” che si spera possa essere esportabile anche nel capoluogo friulano. Interessanti da questo punto di vista gli interventi di Laterza e Kakovic che hanno spiegato come si sono mossi, pur in presenza del lockdown, per riuscire a far quagliare un numero di persone intorno ad un programma alternativo che partisse dall’ascolto dei quartieri e della gente. Un fattore determinante che ha consentito l’ottenimento di un risultato che, questa la speranza, possa diventare base di costruzione di un futuro anche in chiave regionale. In particolare Laterza ha raccontato come la scintilla determinante per il loro impegno è stata la condivisione dei valori del civismo, non ripiegato su se stesso in senso localistico, ma aperto alla società nella maniera più larga ed inclusiva, uscendo dalla logica dei compartimenti stagni settoriali o di argomenti. Per sintetizzare proporre un progetto per la città integrato e inclusivo. Il dibattito, che avrebbe avuto bisogno di tempi e sala più ampia, visto che i 40 posti previsti non sono stati sufficienti a contenere le persone che volevano partecipare, si è sviluppato con le comunicazioni di Ivano Marchiol di Spazio Udine (ex comitato autostoppisti), Federico Pirone, consigliere comunale di Progetto Innovare, già assessore nella giunta Honsell, e a chiusura, Massimo Moretuzzo, consigliere regionale del Patto per l’Autonomia. Ad aprire i lavori è stata però Chiara Targhetta della Comunità di Udine del Patto per l’Autonomia che ha spiegato la ratio dell’iniziativa voluta da “Patto”. Si è ritenuto, ha spiegato vi sia la necessità di riprogettare Udine sulla base delle sue vocazioni e delle sue potenzialità e per questo occorre allargare il campo e il dibattito. A moderare l’incontro è stata Giacomina Pellizzari, giornalista del Messaggero Veneto. Il primo ad intervenire sulla situazione del capoluogo friulano è stato Ivano Marchiol che, per ragioni di tempo, si è limitato a raccontare l’esperienza relativa allo studio sulla viabilità cittadina soffermandosi sulle criticità determinate dalla gestione disastrosa di Fontanini e della sua giunta e rivendicando un grosso lavoro progettuale svolto coinvolgendo anche soggetti istituzionali. Lavoro che però, ha ammesso, non ha trovato attenzione da parte dell’amministrazione comunale che l’ha lasciato nel cassetto. Risultato raggiunto invece quello della pedonalizzazione di Via Mercatovecchio. In effetti, la cronaca ci racconta come alla fine Fontanini, da sempre contrario ad espellere le auto dalla principale via del salotto buono della città, a furor di popolo, ha dovuto attuare il progetto pedonalizzazione per poi, pateticamente, cercare di prendersene il merito. Articolato e di respiro non solo locale, il discorso di Federico Pirone, consigliere comunale di Progetto Innovare che oltre ad evidenziare le gravi criticità della gestione Fontanini che ha spinto Udine nell’immobilismo, ha parlato della necessità inderogabile di fare in modo che il capoluogo friulano si riconnetta con il proprio tessuto sociale. Non più ripiegati su se stessi ma guardando alle esperienze nuove nella gestione delle città che arrivano dalle esperienze più avanzate di capoluoghi italiani ed europei. Pirone ha poi evidenziato che anche per effetto della pandemia, rispetto al 2018, il mondo è cambiato e con esso anche il capoluogo friulano motivo per cui tutto andrà ridiscusso. Per questo Pirone ha parlato di laboratori politici in grado di connettere esperienze associative e civiche. A chiudere gli interventi, Massimo Moretuzzo, che ha spiegato, riprendendo quanto già affermato dai vari relatori, come l’idea di “Adesso Trieste” fosse stata accolta subito da Patto per l’Autonomia, che si era integrata con la necessaria umiltà nel progetto a dimostrazione di come l’idea di “autonomia” di “Patto” sia di ampio respiro e non di natura ideologicamente ristretta e campanilistica. Replicare quel tipo di esperienza, ha spiegato Morettuzzo, sarebbe importante anche in prospettiva delle elezioni comunali di Udine. Fondamentale, ha aggiunto, sarebbe uscire dalla retorica di “Udine capitale del Friuli” una stucchevole autoreferenzialità di facciata, propugnata dal centrodestra, vuota di contenuti e soprattutto di progetti. Udine deve decidere cosa vuole diventare e per farlo è necessario mettersi in gioco per far esercitare un ruolo vero alla città, non contro qualcuno o in contrapposizione con Trieste, ma riaffermare un ruolo del capoluogo friulano all’interno di questa Regione. Oggi, ha spiegato Moretuzzo, non è così, nel Pnrr, Udine è assente, la giunta Fontanini non è riuscita a portare a casa ciò che avrebbe dovuto e potuto ottenere. La proposta di Moretuzzo è in sostanza quella di una partecipazione in grado di ripensare al ruolo della città, non come una scatola vuota, ma come “capitale dell’innovazione, della sostenibilità e di un’economia solidale”. Ne è seguito un breve dibattito che avrebbe meritato decisamente più spazio. Fin qui la cronaca, ma vale la pena fare alcune considerazioni sulla serata partendo dal fatto che è stata estremamente interessante e partecipata. Una dimostrazione di come vi sono risorse a Udine in grado di uscire dalla lunga fase di torpore portato dalle batoste elettorali, ma soprattutto dal travaglio profondo in atto nel centrosinistra. Una incapacità fin qui dimostrata di superare settarismi e personalismi vari. Se si vuole davvero non essere confinati all’inconcludenza dei duri e puri, bisognerà affrontare il problema che ormai, la progettualità a lungo termine, il senso del futuro sempre avvertito come foriero di innovazione e progresso che dovrebbe essere alla base di una visione del futuro, si è tramutato in un senso di precarietà. Precarietà nella società ma anche ideologica che non porta nemmeno in sé la chance elettorale del “carpe diem”. Invertire questa tendenza è possibile se singoli e gruppi, associazioni ma anche partiti (che a sinistra abbondano contendendosi manciate di voti) escono dall’autoreferenzialità di ammirare il proprio ombelico o nel crogiolarsi nella propria ipercriticità verso gli altri a colpi di clava, ideologica ovviamente. Per tutti questi motivi, l’iniziativa di Patto per l’Autonomia andrebbe vista come occasione importante da cogliere per iniziare un difficile processo largo, partendo non solo dall’esistenza di un avversario comune, ma quello che unisce, pur mantenendo quelle diversità che possono diventare perfino un valore. Porre pregiudiziali e settarismi sarebbe ancora una volta l’anticamera della sconfitta e quindi di un Fontanini 2 e allargando il discorso, di un Fedriga/Riccardi bis.