Accordo per i lavoratori dei servizi museali di Trieste dipendenti di Euro&Promos. Dal primo luglio paghe meno “affamanti”
Meglio tardi che mai, la questione dei lavoratori dei servizi museali di Trieste, dipendenti Euro&Promos, azienda a cui erano stati appaltati ha trovato una mezza soluzione. I salari più volte definiti “sulla soglia della povertà” saranno meno “poveri” anche se non certamente ricchi. Va detto che quella cifra irrisoria di 5 euro e 40 lordi l’ora che generava paghe di poco superiori ai 900 euro mese era perfettamente legale perché frutto di un contratto di lavoro regolare quanto scandaloso proprio per il fatto di essere “legale”. La svolta, che tocca indirettamente l’assessore regionale alle infrastrutture Sergio Emidio Bini che della Euro&Promos è, diciamo in maniera “anomala”, dirigente retribuito in “odore” di conflitto di interessi, è arrivata questa mattina quando è stato reso noto dal sindacato autonomo Fesica – Confsal, che dal primo luglio prossimo i 62 lavoratori della Euro&Promos impiegati nei servizi museali del Comune di Trieste passeranno dai famigerati 5 euro e 40 a 7 euro e 93 lordi l’ora. Per 173 ore lavorative mensili, i 940 euro diventano 1360, con un aumento di 420 euro al mese, cifre sempre lorde. Questo è stato possibile perché Euro&Promos si è resa disponibile ad applicare un contratto diverso: non più quello di “vigilanza privata e servizi fiduciari”, ma il contratto collettivo “multiservizi”, un contratto certamente migliore anche se decisamente insufficiente a detta di molti osservatori. In ogni caso rappresenta un miglioramento delle condizioni di vita per quei lavoratori che circa quattro mesi fa avevano scioperato e dopo una manifestazione ottenuto un incontro col Prefetto. In quell’occasione la situazione appariva incagliata perchè quella paga era appunto scandalosamente legale. Ovviamente il fatto che fosse frutto di un contratto regolare non vuol dire fosse giusta, tanto da suscitare perplessità di natura etica nei confronti dell’azienda che l’applicava, ma soprattutto nei confronti del Comune di Trieste che non si era per nulla preoccupato di tutelare quei lavoratori chiedendo, in sede di appalto l’applicazione di un contratto di lavoro più adeguato che consentisse una retribuzione capace di assicurare quell’esistenza libera e dignitosa invocata dalla Costituzione. Che una azienda privata punti a massimizzare il profitto è più o meno comprensibile ma che un ente pubblico faccia spallucce appare inaccettabile. Ora è stata messa una pezza, probabilmente primo effetto indiretto anche della vicenda che ha investito in Consiglio regionale l’assessore Bini finito sotto i riflettori. Si tratta comunque di una situazione transitoria dato che fra un anno l’appalto scadrà, il Comune dovrà bandire una nuova gara e rinegoziare, speriamo sulla base di nuovi criteri di assegnazione.