Ater: Moretti (Pd), nomine usate come ricompensa e risarcimento. «Si pensi al bisogno di casa, non alle poltrone»
«Nella situazione critica che vede un fabbisogno crescente di casa e una risposta non sufficiente, è inaccettabile che il centrodestra pensi alle prossime nomine Ater come mezzo per risarcimenti politici e sistemare i propri equilibri interni in vista delle prossime elezioni regionali». Lo afferma il capogruppo del Pd in Consiglio regionale, Diego Moretti commentando la situazione degli alloggi Ater in Fvg.
«Mentre le liste di attesa per un alloggio popolare restano alte (settemila famiglie in attesa di un alloggio) e, nonostante le molte risorse messe a disposizione dalla Regione per le manutenzioni degli alloggi, i tempi per i riatti ordinari in alcuni territori sono francamente inaccettabili» afferma Moretti ricordando i tempi medi dell’Ater di Gorizia, «550 giorni, quelli di Trieste, 580, di Udine 660, mentre a Pordenone 180. Per non parlare dei riatti straordinari dove, salvo Pordenone che conta sette mesi medi di attesa, le altre Ater territoriali hanno tempi di attesa mediamente di tre anni e mezzo». «Invece di preoccuparsi di questo – continua Moretti – il centrodestra pensa alle prossime nomine Ater di presidenti e consiglieri come forma di compensazione e risarcimento o per ex sindaci sconfitti qualche mese fa, oppure per mancati candidati alle elezioni regionali dello scorso anno, così che nel 2028 non chiedano di nuovo di candidarsi e quindi non disturbare i consiglieri uscenti. Mi chiedo poi come un sindaco in carica, con quello che ha da fare nel proprio Comune, possa fare anche il presidente Ater». Se nonostante le tante risorse messe in campo, aggiunge ancora il capogruppo dem, «i dati sono quelli evidenziati, e se i criteri alla base della scelta dei nuovi vertici Ater sono quelli del risarcimento politico (a distanza di quasi sei anni dalla cosiddetta “riforma” che la Lega volle a tutti i costi solo per ripristinare le figure del presidente e dei consiglieri di amministrazione), allora forse è il caso di ritornare a quattro amministratori unici e a quattro direttori generali legati ai territori, abbandonando l’attuale situazione dei due direttori a scavalco, situazione esistente fino 2019».