Caporalato sanitario: “Com’è il rancio: ottimo e abbondante signor comandante” così è anche per la paga dei medici argentini in Fvg
Presunto caporalato di medici argentini, come era prevedibile, dato che il clamore mediatico suscitato dopo il servizio andato in onda sulla rete 4 di Mediaset, la strategia difensiva si è modificata, non più assordante silenzio che permane imbarazzante da parte della giunta Fedriga e dall’assessore Riccardi, ma una reazione attingendo direttamente ai protagonisti per dimostrare la presunta falsità di quanto denunciato dal servizio televisivo. Siamo nel solco delle mitiche scene da naja, quanto l’interrogativo del colonnello al soldato recitava: “com’è il rancio, trovava la risposta: ottimo e abbondante signor comandante”. Ed allora ecco pervenire alla stampa, ma direttamente solo alla stampa “amica”, quella che non si fa domande e che ovviamente ha accolto acriticamente le tesi della proprietà, una nota stampa “scritta” dal gruppo di specialisti sudamericani che, si legge “ha voluto replicare a quanto affermato” da Mediaset: “Non siamo sottopagati. Superiamo i 4mila euro al mese con tredicesima e quattordicesima”. “Siamo molto dispiaciuti per quanto apparso su Rete4 con notizie che non rappresentano la realtà dei fatti e intendiamo quindi portare la nostra testimonianza per fare chiarezza. Siamo medici specialisti assunti con contratto regolare a tempo indeterminato, con uno stipendio netto in busta paga che mediamente supera i 4.000 euro al mese, oltre a 13a e 14a; non comprendiamo come si possa dire che siamo sottopagati quando la nostra busta paga è molto buona! Viene detto che lavoriamo tantissime ore e anche questa informazione non è vera: abbiamo sempre i riposi garantiti e le ferie concesse, anche quando non sono state ancora maturate per intero! Non accade praticamente mai che facciamo più ore di quelle previste, più frequentemente accade il contrario. Siamo inoltre amareggiati dell’immagine professionale che si è data di noi: abbiamo seguito percorsi universitari tali e quali a quelli italiani, abbiamo fatto la specializzazione, abbiamo lavorato in pronto soccorso, reparti, ambulatori, sale operatorie. Quindi non c’è motivo di disegnarci come medici di Serie B”. “L’offerta di venire in Friuli – si legge ancora nel comunicato – è stata chiara e trasparente fin dall’inizio, dai colloqui fatti online. La società ci ha pagato le spese per il volo di arrivo (a volte anche delle nostre famiglie) e ci ha garantito subito la disponibilità di un alloggio per il tempo necessario a organizzare la nostra vita italiana (spesso un mese, a volte di più) e l’alloggio offerto era spesso un hotel (decoroso, confortevole e idoneo alle nostre necessità). L’inserimento è stato fatto affiancandoci all’inizio con colleghi italiani per avere il tempo necessario di apprendere le procedure specifiche del posto di lavoro. Il patto, chiaro da subito, era garantirci stabilità per almeno tre anni. Se il patto non è rispettato spetta a noi rimborsare le spese che la società ha sostenuto per noi all’arrivo in Italia e la quota stendiale (superminimo) ricevuta proprio a tal fine”. Fin qui una posizione che d’orgoglio professionale comprensibile, ma è la seconda parte con la santificazione di salvatore Guarnieri, che fa sospettare un certo maldestro pilotaggio nella stesura della sviolinata: “se le esigenze cambiano, abbiamo davanti un datore di lavoro, Salvatore Guarneri, con cui possiamo sempre parlare. Tra noi c’è un rapporto umano che va oltre quello di lavoro. Anche per questo non possiamo restare in silenzio: siamo stati supportati per superare i momenti di sconforto, siamo stati difesi dalle aggressioni interne agli ospedali ed esterne (stampa locale e la stessa tv) perché stranieri e a volte forse imprecisi nel linguaggio. Quando da fuori ci hanno messo un’etichetta senza conoscerci, senza capire se facciamo bene il nostro lavoro. Siamo spinti a ad andare oltre, a essere più forti, a migliorarci perché, come noi sappiamo, anche Salvatore è stato un emigrante al nord un po’ come noi che però abbiamo attraversato un oceano, ma i pregiudizi sono sempre gli stessi. Davvero non riusciamo a comprendere perché succeda questo, forse perché ci ha difesi quando siamo stati aggrediti?”. Siamo un gruppo di lavoro ma non solo – chiudono i medici –, siamo una squadra, e questo spirito ci spinge anche a incontrarci fuori dal contesto lavorativo, a condividere momenti di svago mangiando l’asado o il frico per il piacere di incontrarci. Quindi no, non è solo un rapporto tra datore di lavoro e dipendente. C’è un po’ di più ed anche per questo ci sentiamo in dovere di smentire le parole assurde ascoltate da parte di chi ha fatto apparire le cose come quelle che non sono. Noi non ci sentiamo sfruttati, stiamo crescendo professionalmente e stiamo cercando di integrarci nel territorio. Molti di noi hanno iscritto i figli a scuola e siamo ben contenti di non avere l’incertezza di un contratto a termine. Oggi in Friuli siamo circa in 80. Una piccola comunità che si compone di noi medici, delle nostre mogli e mariti (spesso anche loro medici o professionisti qualificati), dei nostri figli o anziani genitori. Nella terra che ci hanno raccontato i nostri nonni e bisnonni, dove nascono le nostre radici. I nostri cognomi parlano per noi. Siamo i medici di E-Health.”. Lasciamo al lettore il giudizio sui toni strappalacrime da commedia e soprattutto la dichiarazione di fedeltà al capo e l’utilizzo di frasi come: “la nostra busta paga è molto buona!” che strizzano l’occhio alla semplicità di chi non ha completa padronanza della lingua, per dimostrare che a scrivere sono stati proprio foresti. Insomma quanto è bravo, generoso, bello e buono il padrone, all’ombra del magistrale colpo di teatro gastronomico di unire l’asado al frico che rende poco credibile, anche fosse vero, il giudizio premiante per il paron. Ma spieghiamo meglio dove sta l’anomalia. L’anomalia non rilevata dagli amici mediatici di Guarnieri e Riccardi è tutta in quello che gli stessi medici argentini spiegano quando affermano che “il patto, chiaro da subito, era garantirci stabilità per almeno tre anni. Se il patto non è rispettato spetta a noi rimborsare le spese che la società ha sostenuto per noi all’arrivo in Italia e la quota stendiale (superminimo) ricevuta proprio a tal fine.” Insomma il vincolo contrattuale che li vedrebbe dover rimborsare gran parte di quanto percepito se decidessero di lasciare viene ribaltato in positivo “darci stabilità per tre anni”. Insomma un riscatto. Ma cerchiamo di capire di cosa parliamo, nella clausola si specifica che la retribuzione è di 2133,31 euro lordi, ai quali si aggiunge il “corrispettivo del patto di stabilità di 2008,45 ed un ulteriore cifra per ” il patto di non concorrenza” di 639,99 il mensile lordo diventa così di 4781,75. Di questi soldi se il medico dovesse decidere di dimettersi i corrispettivi relativi ai due “patti” dovrebbero essere restituiti tutti dall’inizio del rapporto di lavoro, una clausola vessatoria che rende praticamente impossibile o quanto meno difficile l’abbandono volontario. Da questo l’interpretazione di “caporalato sanitario” perchè pur in questo caso resa legale da bili artefici contrattuali, la pratica non è dissimile da quella applicata ai raccoglitori di pomodori o peggio a quanti privati dai documenti da caporali senza scrupoli per liberarsi devono comprarsi la libertà. A questo occorre aggiungere che la retribuzione “base” è determinata sulla base di un contratto diverso da quello utilizzato per i colleghi italiani assunti direttamente dalle aziende sanitarie. Ma dove sta il vero business per la cooperativa? Nel fatto che quanto pagato alla stessa dal sistema sanitario regionale è molto di più di quanto erogato ai medici che svolgono il lavoro. Sembra, ma nessuno allo stato si è esposto per dire la cifra esatta, si parli di circa 11000 euro mensili per ogni medico anche considerando che la cifra ai medici è erogata per 14 mensilità, si arriva, malcontati, a 67000 euro lordi annui a fronte di un incasso per il mitico benefattore Guarnieri o meglio per la sua azienda di circa 132.000, una bella cresta.