Cava di Flaibano. Moretuzzo: «Progetto non più attuale, il progresso passa attraverso la tutela del territorio»
«A che punto è l’iter del progetto della mega cava a Flaibano e quali impatti potrebbe avere sul territorio?». Il capogruppo del Patto per l’Autonomia Massimo Moretuzzo lo ha chiesto all’Assessore Scoccimarro con un’interrogazione urgente su un tema sul quale sono intervenuti in diverse occasioni i sindaci di Flaibano e di Dignano, oltre a Legambiente. Domande legittime, che necessitano subito di una risposta, «poiché il progetto interesserà un’area importante, al confine con il territorio dignanese, di oltre venti ettari di terreno agricolo, che verrebbero sventrati fino a una profondità di 16 metri. Da quando questa iniziativa è stata pensata sono passati più di quindici anni, è doveroso chiedersi se nel 2022 una cava di ghiaia di queste dimensioni è quanto serve alla comunità e se risponde a un modello di sviluppo sostenibile – afferma Moretuzzo –. L’Assessore nella risposta ha evidenziato che l’amministrazione regionale ha confermato la validità dell’atto conclusivo della procedura di VIA del 2008 in quanto il progetto non è cambiato, ma forse dovremmo chiederci se quello che a suo tempo era stato valutato come ragionevole, lo sia ancora oggi». «La cava, inoltre, si troverebbe vicino a una ZSC, i Magredi di Coz, un sito importante per la sua biodiversità vegetale, che rischia di essere messa a repentaglio dalla possibile diffusione di specie ruderali che potrebbero espandersi rapidamente a scapito delle specie autoctone, causando un danno ambientale rilevante. Per non parlare dell’impatto delle centinaia di mezzi pesanti che attraverserebbero quotidianamente i paesi limitrofi e dei relativi rumori, rischi per la salute e danni per le infrastrutture stradali». «Il tema della transizione ecologica è centrale in tutte le politiche di sviluppo dell’Unione Europea e l’economia circolare è un principio irrinunciabile per qualsivoglia azione che guarda al futuro e non al passato, per cui oggi la ghiaia non dovrebbe essere prelevata dai terreni agricoli, che invece devono essere valorizzati per la produzione primaria, soprattutto quando sono stati spesi tanti soldi pubblici per le infrastrutture irrigue», conclude Moretuzzo.