Centrafrica e “periafrica”

Immagino non si capisca poi molto quale sia il significato del titolo. Cercherò di spiegarmi; il Centrafrica è un Stato collocato, come indica il suo stesso nome, nel cuore del continente nero. La sua capitale, Bangui pur non essendo nel centro del Paese, ne è il fulcro e contiene una buona maggioranza dei suoi abitanti. Il resto è periferia sia in termini fisici che in termini di sviluppo; la sua periferia insomma. Quello che succede a Bangui, è chiaro che si riflette direttamente anche nelle altre regioni, mentre ciò che succede lontano, ma nemmeno tanto, dalla capitale, spesso non si percepisce chiaramente e si manifesta attraverso notizie frazionate e spesso non chiare.
Ciò che di certo succede è che la situazione di apparente calma, o per esagerare di pace, nel Paese è solo un’illusione. Ci sono quotidiani rapporti che arrivano da alcune sezioni specifiche delle Nazioni Unite, ma che difficilmente appaiono sugli organi di stampa, che si riferiscono a scontri con non meglio precisate formazioni di “ribelli”, spesso i rimasugli di quelle ben organizzate di Seleka che una decina di anni orsono avevano messo a ferro e fuoco l’intera Nazione arrivando ad interessare Bangui nella battaglia poi sfociata una specie di guerra civile tra cristiani e mussulmani, o di altre frange armate in modo particolare nelle regioni del nord ovest. Altri gruppi invece appaiono maggiormente organizzati ed adottano vare sigle e riescono a volte a portare incursioni di una certa importanza contro le forze governative un po’ in tutte le province. Mao diceva “grande è la confusione sotto il cielo, la situazione è eccellente”; probabilmente la frase aveva il suo senso, ed infatti c’è chi riesce da questa situazione a trarne vantaggio.
Da ormai qualche tempo, la Russia sta espandendo la sua presenza non solo in Centrafrica, ma in tutta la vasta area che va dal Sudan (in particolare in Darfur) fino quasi all’Atlantico, dove conta comunque di arrivare in breve tempo. Niger, Burkina Faso, Mali hanno recentemente troncato progressivamente le relazioni storiche con Parigi che con la scusa di combattere il terrorismo (un bel problema da quelle parti) occupava militarmente le zone strategiche per le risorse necessarie alla madre patria. Per dirne una, la maggior parte dell’uranio che serve alle centrali nucleari che garantiscono energia alla Francia, arriva dagli enormi deposti nigerini. Bene, recentemente oltre che dare il ben servito alle truppe francesi, il Niger ha deciso di nazionalizzare quelle miniere che qualcun altro dovrà pur sfruttare.
Le stesse risorse petrolifere che rappresentano buona parte delle entrate di Niamey e che fino ad oggi si appoggiavano alle pipe line del Benin, potrebbero seguire un percorso diverso per arrivare ai porti dell’Atlantico. I rapporti tra i due Stati si sono decisamente deteriorati e, di conseguenza, le loro relazioni commerciali. Il Ciad si è già detto disposto e pronto a collegare le proprie strutture a quelle del Niger, sorpassando dunque quelle del Benin. Certo, per realizzare progetti come quelli immaginati dai nuovi rapporti ci vogliono soldi, ed attualmente le casse di quegli Stati sono piuttosto a secco. Ma ecco che qui possono intervenire altri protagonisti in grado di investire (con prestiti gravati da interessi pesanti) e garantire, se non proprio la pace dell’area, almeno di unirsi alle truppe locali per limitare i danni e combattere i nemici dei vari governi. Da queste parti queste collaborazioni si definiscono “forze bilaterali internazionali”. La Cina non pare interessata ad inviare truppe (non fa parte della sua politica), ma chi ci sta provvedendo a partecipare all’alleanza bilaterale è l’altro alleato, la Russia. Naturalmente con contingenti “ufficiali”, ma con i mercenari di Wagner.
La presenza di questi “soldati di ventura”, è ben consolidata in tutta la zona e si sta ulteriormente rafforzando. Nel nord ovest della Repubblica Centro Africana, c’è una grossa base dell’organizzazione dell’ex “cuoco” di Putin, Prigozhin, che non è certo sparita come il suo ex capo. Si è solo trasformata in facciata e nota ora come “Africa Korps”, ma il suo mandato non è certo cambiato. Da queste parti sta inoltre reclutando localmente e pare con discreto successo. D’altra parte come si fa a rinunciare ad una paga, per quanto misera, quando ci si può magari aggiungere il frutto dei bottini di guerra, soprattutto dove oro e diamanti sono presenti in quantità rilevanti e quando le autorità accettano di buon grado di condividere parte dei ricavati.
L’attenzione dei media occidentali si concentra ovviamente sul ruolo della Russia nella sporca guerra di invasione contro l’Ucraina, quando forse il bersaglio grosso d Mosca potrebbe essere proprio la presenza organizzata da queste parti. Se si dà un’occhiata alla cartina geografica, ci si rende conto che gli interessi russi ormai vanno praticamente dal Mar Rosso all’Atlantico, per collegarsi al Mediterraneo attraverso le basi e le truppe in Cirenaica in Libia. Le attenzioni di Mosca nei confronti del Cairo e di Algeri non sono una novità.
Forse potrebbe essere questo uno dei motivi per cui Macron, che resiste nonostante le sconfitte nelle recenti elezioni, di tanto in tanto spara le sue minacciando di mandare truppe Nato in Ucraina. Un’ipotesi assurda? Sarà, ma la disintegrazione del neocolonialismo francese in Africa viaggia a ritmi forzati, passando anche per la proposta, per il momento solo tale, di alcune delle vecchie colonie di liberarsi anche del Franco XOF e XAF, le monete degli stati della Comunità Francese dell’Africa che se da una parte garantisce la stabilità del cambio con l’euro, dall’altra è direttamente gestito dalla Banca Centrale Francese.
Proposta che all’epoca, espressa in modo ovviamente differente in quanto la sua idea era per una divisa panafricana, ha rappresentato uno dei motivi della condanna a morte di Gheddafi.
Forse d’ora in avanti sarà meglio guardare la luna e non fermarsi al dito.

Docbrino