Cgil Fvg su Sanità: Per fare le riforme servono medici e infermieri. Investire sul servizio pubblico, basta fughe di risorse verso il privato
Niente da dire sugli obiettivi: spostare il baricentro del sistema sanitario nazionale e del Friuli Venezia Giulia sui servizi territoriali e sull’assistenza domiciliare è la priorità che tutti indicano da tempo, ben prima che il Pnrr li mettesse nero su bianco le priorità e le relative linee di spesa. Il nodo vero da sciogliere per tradurre gli obiettivi in realtà, però, è quello del personale. Case e ospedali di comunità, centrali operative territoriali, unità di continuità assistenziale e hospice sono innovazioni che tutti vorremmo vedere attuate, ma ci chiediamo con quali medici e infermieri si riuscirà a farle funzionare, se già adesso il sistema sconta un pesante deficit di personale. È da qui, pertanto, che deve partire il cambio di rotta: a livello nazionale, con nuove regole nell’accesso ai corsi universitari, un adeguamento dei contratti, una revisione delle norme sull’attività extra moenia, ma anche utilizzando in modo coerente e lungimirante le leve in mano alla Regione, a partire dai corsi di formazione.
Senza personale, senza arginare l’esodo di medici di base, il rischio è di limitarsi a cambiare nome a ciò che già oggi non funziona o funziona a singhiozzo. È inutile pertanto parlare di cifre e ostentare una potenza di fuoco finanziaria senza precedenti, se non poniamo da subito le condizioni per un’inversione di tendenza, tornando a rendere attrattive le professioni sanitarie e fermando il travaso di personale dal pubblico al privato. È giunto il momento di chiedersi perché non solo i medici, ma anche gli infermieri opino sempre più per il privato, quando fino a pochi anni fa l’obiettivo, professionale ed economico, era quello di arrivare al pubblico. Pubblico che da noi era un’eccellenza che rischia di non esserlo più, mentre il privato continua ad essere additato come la soluzione per risolvere i guai della nostra sanità, dall’esodo verso le altre regioni alla lunghezza delle liste di attesa. Non è così: è solo investendo sul pubblico che il nostro sistema sanitario può rafforzarsi, non continuando a drenare una quota di risorse sempre più ingenti vero il privato. Che anche grazie a quelle risorse è in grado di essere sempre più attrattivo per medici e infermieri, accentuando la crisi in cui versa il privato. Se non incominciamo a spezzare questo circolo virtuoso, e a individuare gli strumenti contrattuali per premiare e incentivare medici e infermieri, e rafforzare il loro rapporto con il pubblico, ogni progetto di riforma rischia di trasformarsi in un libro dei sogni.