Considerazioni sul conflitto israelo – palestinese

Intervengo in relazione al vostro articolo che parla della confusione che regna sul conflitto israelo – palestinese. Credo ci siano alcuni punti sui quali mi permetto di essere in disaccordo. Partirei dall’essere chiaro su quanto penso in merito ad Hamas e a quell’organizzazione. Non mi piace. Non mi piace ad esempio vedere le immagini di quasi tutte le donne di Gaza costrette a velarsi pesantemente e dunque a dimostrare certo una loro volontà, ma sicuramente un’imposizione che evidentemente arriva da chi le governa. Non mi piace il macello che Hamas ha compiuto lo scorso 8 ottobre, del tutto inaccettabile. Sarebbe bene però anche indagare meglio su quanto sia davvero successo e vedersi le varie testimonianze raccolte sulle quali anche NYT ha dovuto aprire un’inchiesta e fare marcia indietro. Senza creare eccessivo clamore purtroppo. Non mi piace che la sua organizzazione si basi anche su una struttura all’interno della quale ci sono i privilegiati e corrotti che dei poveracci tutto sommato se ne fottono (mi scuso per il francesismo) e che approfittino di loro per usarli come armi improprie. Tutto ciò non mi piace.
Questo però non significa che questo fenomeno non abbia delle radici ben precise e che ci siano dei motivi evidenti che ne hanno prima consentito la nascita e poi il suo sviluppo. Il dramma della Palestina ha origini ben lontane, il 1948, e quanto sta ora succedendo non è altro che un effetto di tutto questo tempo in cui nessuno ha mai voluto seriamente pensare e trovare una soluzione che andasse oltre le misere parole. Oslo, di cui tanto si blatera inutilmente e spesso senza avere un’informazione reale su quello che tale accordo prevedeva, non avrebbe risolto il problema dell’occupazione illegale portata sempre più all’estremo da Israele. Ci sono almeno una dozzina e più di risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite del tutto ignorate dallo Stato ebraico (sottolineerei ebraico come esso stesso si definisce e non a caso) e che fanno chiarezza (si limitano purtroppo solo a quello) con precisione sulla situazione di occupazione illegale da parte di Israele. Per molto meno, anzi sulla base di solenni balle, sono state scatenate devastanti guerre.
Possiamo anche concordare sulla definizione di Hamas come organizzazione terroristica, ma come dovremmo definire uno Stato che se ne va in giro per il mondo a bombardare e uccidere a seconda delle sue volontà o dei suoi fini? Non è forse anche questo terrorismo? Come definiamo i massacro di oltre 40.000 palestinesi?
L’alternativa ad Hamas in Palestina è rappresentata dall’attuale amministrazione della Cisgiordania e dunque dall’Autorità Palestinese a cui capo c’è un personaggio che ormai di credibilità non ne ha più: Abu Mazen o Mahmud Abbas, un pupazzo nelle mani degli israeliani e degli USA che praticamente non rappresenta nessuno se non gli interessi altrui e la cui polizia è costretta a collaborare con l’esercito occupante. Tra l’altro in una regione dove gli insediamenti dei coloni (non dimentichiamo che non esistono insediamenti legali) crescono con il totale appoggio del governo di Tel Aviv senza che coloro che dovrebbero essere i protagonisti di eventuali accordi muovano un dito. Anzi, continuano a foraggiare abbondantemente il governo e l’esercito israeliano.
Con quali elementi siamo autorizzati a credere che l’occidente sia veramente interessato ad una pace giusta, visto che ogni presupposto di pace deve reggersi sulla giustizia e non sul sopruso. Quando si parla dell’ipotesi di due Stati e due nazioni, di cosa si parla in realtà? Ogni potenziale accordo di pace non può che basarsi su quanto stabilito più volte dall’ONU. Il ritiro di Israele ai confini del 1967 e confini internazionali sotto il controllo dell’Autorità Palestinese che ormai non potrà più permettersi di ignorare Hamas. Che certo dovrà ridimensionare le sue pretese e condividere il potere che si è conquistato in quanto unico vero ostacolo alla prepotenza israeliana. Ricordiamoci che la realtà di Hamas non è rappresentata solo dai cosiddetti tagliagole, ma anche da un livello politico che con tutti i suoi limiti, stava interloquendo con le controparti fino a quando non è stato eliminato fisicamente dai sicari di Tel Aviv. Non diversamente da quanto fatto da Hamas con i suoi nemici.
Ricordiamoci anche di quella che è stata la genesi e la crescita di Hamas, fortemente voluto dai vari governi israeliani in modo da destabilizzare l’Autorità Palestinese, tra l’altro mettendo in carcere con accuse tutte da dimostrare, i suoi capi politici che potenzialmente avrebbero potuto rappresentare una valida e sostenuta dalla gente alternativa ad un cadavere ambulante come Abu Mazen & company.
Ricordiamoci anche che Tel Aviv che ha il controllo totale delle finanze palestinesi, ha sempre lasciato che ad Hamas arrivassero i lauti aiuti da parte del Qatar; avere un nemico impresentabile autorizza all’uso poi di tutti i mezzi possibili per eliminarlo. Ma questo nemico è impresentabile solo per noi che non subiamo le continue vessazioni da parte dell’esercito occupante o l’imposizione di una vita all’interno di una galera a cielo aperto come Gaza.
Sono d’accordo sul fatto che dovrebbero essere l’Europa e gli USA a promuovere un piano di pace che al momento appare davvero difficile da costruire ma che potrebbe trovare le sue basi nelle sanzioni che questi attori dovrebbero applicare a chi se ne frega delle decisioni del Consiglio di Sicurezza, mentre invece continua ad armare il suo esercito con abbondanti finanziamenti. Naturalmente per assicurare la sicurezza di Israele e della sua democrazia. Vallo a spiegare ai palestinesi che Israele è una democrazia!
Una vera democrazia non ha tra i suoi ministri dei folli estremisti cavernicoli che sono convinti che tutta la terra di Palestina sia destinata solo, esclusivamente e a qualsiasi mezzo agli ebrei per volontà divina.
Dulcis in fundo, certo che nelle principali città israeliane ci sono state importanti manifestazioni contro il governo e soprattutto contro il suo primo ministro che, non fosse perché sta a galla grazie ai massacri subiti dai palestinesi, sarebbe probabilmente in galera. Ma la stragrande maggioranza degli israeliani appoggia la guerra contro Gaza, che sta espandendosi anche in Cisgiordania, al di là di Netanyahu.
Dunque, ogni possibilità di arrivare ad un accordo, non può che passare attraverso un radicale cambiamento di atteggiamento nei confronti delle responsabilità di Israele a cominciare dall’applicazione di sanzioni contro quel governo. Quanto dichiarato fin da subito da chi potrebbe essere la prossima presidente degli USA, non fa certo ben sperare.

Doc Brino