Contenere la diffusione del virus negli ospedali triestini
Il FVG è risultato nel recente periodo ai primi posti tra le regioni italiane per contagi, ricoveri, decessi da Covid-19 e Trieste ai vertici delle province italiane per incidenza del virus. Cosa succede? Perché la città di Trieste detiene questo poco invidiabile primato? La domanda retorica è del consigliere regionale del gruppo misto Walter Zalukar. Da tempo, spiega Zalukar, giungono segnalazioni sia di sanitari sia di familiari di pazienti ricoverati nelle strutture ospedaliere triestine che in queste mancherebbero separazioni nette tra i malati infetti e non. Nelle torri di degenza di Cattinara coesistono reparti covid e non covid e il trasporto di malati attraverso i pianerottoli in entrata/uscita ascensori non avviene tramite percorsi rigorosamente differenziati. Le stesse condizioni di promiscuità si presentano nei corridoi che portano alla radiologia.
Attraverso questi pianerottoli e corridoi comuni transitano anche pazienti covid in ventilazione non invasiva e quindi con massima diffusione di aerosol infetto. In tali casi l’unica precauzione anticontagio sembra essere l’avvertimento vocale dei sanitari a farsi da parte (in luogo dei campanelli di manzoniana memoria).
L’attesa triage in Pronto Soccorso è distinta in due sale: una riservata ai positivi covid e una a tutti gli altri, compresi i sospetti.
E identica condizione troviamo in Medicina dove nelle cosiddette aeree grigie sono ricoverati nella stessa stanza i pazienti sospetti, per cui se un paziente non covid soggiorna con un paziente che è in fase di incubazione facilmente potrebbe infettarsi.
Fin dal marzo 2020 il ministro della Salute aveva raccomandato di identificare ospedali dedicati alla gestione esclusiva dei pazienti Covid e di individuare altre strutture ospedaliere per la gestione dell’emergenza ospedaliera non Covid, e che laddove non fosse possibile tale separazione i percorsi clinico-assistenziali e il flusso dei malati sarebbero dovuti essere nettamente separati.
Una disposizione di assoluto buon senso ignorata dai vertici della sanità triestina, nonostante l’esistenza di due stabilimenti, il Maggiore e Cattinara, rendesse fattibile l’operazione.
In luglio è arrivata anche una legge (L. 77/2020) a imporre la separazione dei percorsi covid/non covid e a individuare nei Pronto Soccorso distinte aree di permanenza per i pazienti sospetti covid o potenzialmente contagiosi, in attesa di diagnosi.
E anche questa norma è stata di fatto ignorata, come l’organizzazione dell’attività vaccinale è stata difforme dalle “Raccomandazioni dal Ministero della Salute che prevedevano per il Punto Vaccinale Ospedaliero (PVO) la garanzia di “percorsi e spazi con vie di ingresso e uscita indipendenti dal flusso ospedaliero”.
Invece nel PVO allestito a Cattinara abbiamo visto percorsi e spazi vaccinali non indipendenti dai flussi ospedalieri, anzi le code degli operatori in attesa di vaccinarsi si sviluppavano nel corridoio di accesso alle torri di degenza e quindi proseguivano nell’area di attesa degli sportelli CUP, e comunque il varco di entrata e uscita dell’ospedale e del punto vaccinale era unico.
Tali situazioni di promiscuità ospedaliera covid/non covid sono state e continuano a rappresentare possibili focolai d’infezione negli ospedali, che poi si diffondono all’esterno; in primis alle residenze per anziani.
Ho così voluto interrogare la Giunta per conoscere i dati completi dei contagi di pazienti avvenuti in regime di ricovero e il loro esito clinico.
E per sapere quali iniziative di competenza intenda adottare la Giunta per richiamare ASUGI all’osservanza tempestiva delle norme vigenti, al fine di limitare il formarsi di focolai intraospedalieri. Ciò a tutela della salute di cittadini vulnerabili quali sono per lo più i pazienti ricoverati, ma anche a favore della ripresa della vita economica e sociale, perché solo il viraggio dei dati di misura dell’epidemia consentirà i cambi di “colore” e quindi una più sollecita ripartenza delle attività economiche, culturali e sportivi.