Dal giornale unico al pensiero unico il passo e breve. Piccolo racconto di edicola, caffè e chiacchiere fra colleghi
Inutile nasconderlo, il Friuli Venezia Giulia è politicamente la periferia dell’impero, figuriamoci la città di Udine che raramente richiama l’attenzione dei media nazionali. L’ennesima prova è nella assoluta disattenzione sul fatto che la nostra regione vedrà una sua prossima tornata amministrativa. Notizia assente dai media nazionali, oscurata dalle ben più giornalisticamente succulente scadenze in Lazio e Lombardia. Tutto come da prassi, se non fosse, che l’ormai drammatica carenza di pluralità nell’informazione in Fvg, rischia di drogare le notizie, non tanto relativamente a quelle che vengono date o al modo con le quali sono spacciate ai lettori, ma soprattutto alle omissioni che fatichiamo a considerare casuali. Lo ha subito capito un collega giornalista, amico di vecchia data, che lavora nella redazione romana di un quotidiano nazionale che, per la prima volta in ferie natalizie nella nostra regione, mi ha telefonato per vederci e fare una chiacchierata. Così davanti ad un fumante caffè, che lui si aspettava essere Illy, mi ha detto con tono serio: “ci sono alcune cose che non capisco della vostra realtà”. Volevo dirgli: “benvenuto nel club” ma mi sono limitato a chiedergli alla…. Verdone: “in che senso”. Mi ha spiegato che lui per deformazione professionale di vecchia scuola e conseguente allergia all’online, quando visita un posto nuovo acquista copie dei giornali locali sperando di annusare la situazione. Così mi ha spiegato di aver avuto una sorpresa quando l’edicolante al quale si era rivolto gli ha candidamente dato solo il Messaggero Veneto affermando che questo è il quotidiano, l’unico quotidiano in Friuli. Parzialmente vero, ovviamente, non solo perché, pur se in maniera ridotta, ci sono le edizioni de “Il Gazzettino” che però ormai vende quello che vende, ma perché, esclusa la carenza di carta stampata, c’è ancora una residua vivacità editoriale online anche se affaticata. Ma parlando di quotidiani in Friuli, così come a Trieste, l’offerta è davvero monopolistica. Gli ho raccontato dei tentativi passati di rompere quel monopolio e di come il sistema abbia rigettato quelli che deve aver considerato corpi estranei alla “cartolina Friuli”. Ma il suo stupore è rimasto, dato che non si aspettava che un’area cosi economicamente ricca non esprimesse maggiore vivacità editoriale. Ma le sue domande non si sono limitate alla questione dell’offerta, da sensibile professionista ha subito premesso che il suo giudizio era certamente parziale, dato che aveva sfogliato solo per qualche giorno il “quotidiano unico del Friuli”. “Ho notato, mi ha detto, che il racconto della città e della regione in generale, è disegnato in maniera positiva, ma soprattutto molto funzionale all’attuale gestione politica”. Ovviamente la sua affermazione era maliziosa quanto veritiera, dato che sapeva benissimo che presto in Fvg come a Udine si voterà per il rinnovo di Sindaco e Presidente della Regione e che i giornali locali soffrono, e non solo in Friuli, dei “traffici di influenze” da parte della politica. E’ quindi iniziata tra me e lui una interessante discussione sulla qualità del giornalismo italiano. La conclusione comune è stata che ” saltare e tenersi sul carro dei vincitori” è uno sport malevolo che possiamo facilmente registrare anche a livello nazionale. Una sorta di spoils system opaco che scimmiotta quello politico, cioè la possibilità di un nuovo esecutivo di nominare persone di fiducia nei posti di vertice dell’Amministrazione pubblica, come stabilito dalla legge Bassanini (fine anni Novanta) e Frattini (2002), un sistema che prevede che gli incarichi di funzione dirigenziale, come i vertici dei ministeri o delle agenzie, cessino decorsi novanta giorni dal voto di fiducia del governo. Direte voi: cosa c’azzecca lo spoils system con i giornali? C’entra eccome, dato che questo avviene da tempo e non solo nell’informazione stampata, ma soprattutto in quella televisiva. Ai fruitori dell’informazione più attenti non sarà infatti sfuggito come nei palinsesti dei talk show e non solo Rai, siano cambiate in poche settimane molte facce, con l’ingresso di nuovi commentatori, spesso non di qualità, la cui frequenza di comparsate è palesemente orientata al nuovo corso politico. Una concezione di merito che forse smaschera se non altro per assonanza, anche la reale valenza di quel ministero dell’istruzione e del “merito” che tante perplessità ha giustamente suscitato. Quindi perché meravigliarsi che la stampa locale sia orientata come una bandiera che si posiziona in favore dell’aria che tira? “Certo ci vorrebbe magari maggiore stile e trasparenza”, mi ha detto amareggiato il collega. Ma in realtà lui sa benissimo che la stampa non è mai “neutrale”, onestà intellettuale vorrebbe che si palesassero in maniera chiara gli orientamenti, senza raccontare di essere portatori di verità e non di opinioni, prendendo per i fondelli i lettori, magari con la sempre verde quanto falsa, favoletta del “sentiamo le due campane”. Affermazione autoassolutoria che può andare bene per descrivere le liti di condominio e non certo la complessità dell’azione amministrativa, politica, giudiziaria e oseremmo dire perfino sportiva. Spesso la verità giornalistica non è quella reale ma quella che appare, anzi che si vuol far apparire. Ma invertire questo andazzo sarebbe davvero troppo in un territorio che per anni ha ostentato una presunta superiorità, auto-lodandosi in una bolla del bengodi, che soprattutto l’evoluzione politica (più o meno in tutti i fronti) ha dimostrato essere in declino se non mendace. Purtroppo a schermare dietro a un velo di disinformazione la deriva malefica, ci pensano i troppi pasdaran dell’informazione di, quella di servizio ovviamente.
Fabio Folisi