Decine di migranti morti e scomparsi in mare (800 nel 2024). Ancora omicidi delle “nazioni” europee, in primo piano le italiche responsabilità

Ufficialmente si chiamano dispersi, nella realtà sono certamente morti anche se probabilmente resteranno anonimi e senza neppure una tomba se non il mare. Il conteggio dei migranti scomparsi nel mediterraneo continua senza fine, oggi la lista si è allungata con 50 i migranti “dispersi” a causa del ribaltamento, a circa cento miglia dalla costa della Calabria, della barca a vela sulla quale viaggiavano. Con questo conteggio crescono le responsabilità della politica che continua a parlare di deterrenza, in sostanza morti in mare e successive inumane detenzioni servirebbero a frenare i viaggi della speranza. Main realtà la maggior parte dei migranti non hanno scelta, o morte certa nel deserto, nei loro paesi in guerra e carestia, o il rischio della traversata. Una sorta di roulette russa.  Nell’ultimo naufragio in soccorso dell’imbarcazione è giunto un mercantile che ha trasferito successivamente 12 migranti superstiti, uno dei quali è una donna in gravidanza, su un’unità della Guardia costiera che è poi approdata a Roccella Ionica, ma all’appello mancano almeno 50 persone. Non si tratta di vittime di incidenti ma di omicidi plurimi che vedono impuniti responsabili non solo gli scafisti e i lorio mandanti ma anche il governo Italiano che con le sue politiche è corresponsabile, insieme alla Ue, di quelle morti. Per ora in porto è arrivato solo un corpo, il cadavere di una donna morta dopo essere finita in mare e si sono attivate le ricerche delle persone disperse ma con scarse probabilità di recupero dei corpi. Da quanto si è saputo i migranti erano partiti nei giorni scorsi da un porto della Turchia. Di quanto è accaduto è stata informata la Procura della Repubblica di Locri, che sta coordinando l’attività investigativa. Si tratta di persone di nazionalità irachena, siriana e iraniana.
Ma non soli i morti invisibili, continuano infatti gli sbarchi a Lampedusa: 173 migranti sono arrivati nella notte su tre imbarcazioni. A intercettarli le motovedette di Guardia di finanza e Guardia costiera. Sulla prima, c’erano 103 persone, fra cui 3 minori, di nazionalità bengalese, sudanese, siriana ed egiziana. Ai soccorritori hanno detto di essere partiti dal porto di Zawia, in Libia. Ma la cronaca della giornata non finita, dieci cadaveri sono stati trovati nella pancia di una barca in legno nei pressi di Lampedusa; migranti stipati nella stiva soffocati e uccisi dai fumi del carburante.

L’apertura fatta con l’ascia dai soccorritori sul ponte

A bordo complessivamente – spiega la ong Resqship – c’erano 61 persone: 51 sono state portate via, due delle quali privi di sensi: altre 10 sono state trovate senza vita nella parte inferiore dello scafo. Il team è intervenuto anche con un’ascia per accedere all’interno del barcone. Il veliero Nadir di Resqship era a oltre 100 miglia dalle coste libiche, in acque internazionali a poco più di 40 miglia da Lampedusa, nei pressi dell’area Sar maltese. Il giorno prima aveva raccolto una segnalazione relativa a un altro barcone in pericolo, lanciata da Alarm Phone: a bordo c’erano 62 persone poi affidate alla guardia costiera. Nadir ha dunque continuato a monitorare il mare fino alla tragica scoperta del natante con i 10 morti.

L’Agenzia Onu per i rifugiati, l’Organizzazione internazionale per le migrazioni e il Fondo delle Nazioni Unite per l’infanzia, esprimono in una nota “profondo cordoglio per le decine di vittime di due nuovi incidenti nel Mediterraneo, la cui notizia è arrivata oggi con il salvataggio dei sopravvissuti”. Se questi dati dovessero essere confermati, sottolineano le tre organizzazioni, “il numero dei morti e dispersi nel Mediterraneo centrale salirebbe a oltre 800, una media di quasi 5 morti e dispersi al giorno dall’inizio dell’anno”. “Questi ennesimi incidenti – prosegue la nota – generano un senso di profonda frustrazione per i ripetuti appelli inascoltati a potenziare risorse e capacità per le operazioni di ricerca e soccorso in mare a supporto della Guardia Costiera Italiana. Ogni naufragio rappresenta un fallimento collettivo, un segno tangibile dell’incapacità degli Stati di proteggere le persone più vulnerabili. A tre giorni dalla Giornata Mondiale del Rifugiato con la quale si ricorda il dramma di 120 milioni di persone costrette a fuggire da guerre, violenze e persecuzioni, questi nuovi incidenti in mare, che coinvolgono rifugiati e migranti, risultano quanto mai inaccettabili. Oltre alla necessità urgente di un sostegno europeo alle operazioni di ricerca e soccorso, è fondamentale – sottolineano Unhcr, Oim e Unicef – promuovere un più ampio accesso a percorsi sicuri e regolari nell’Unione Europea per le persone migranti e rifugiati, affinché non siano costrette a rischiare la vita in mare”.