Decreto lavoro, il commento di Confindustria Udine
Le misure previste dal Decreto lavoro sono molte: le principali che toccano le imprese sono il taglio del cuneo fiscale e i contratti a termine. In attesa di conoscere ed esaminare nel dettaglio i singoli contenuti del provvedimento, il giudizio sul suo impianto complessivo è favorevole.
Il nuovo taglio del cuneo fiscale si applicherà dal 1° luglio al 31 dicembre del 2023 e costerà circa 4,5 miliardi. La riduzione va tutta a beneficio dei lavoratori dipendenti e non delle imprese, perché agisce sulla quota di contributi a carico degli stessi. La misura agevolativa si somma a quella già prevista nella scorsa Manovra elevando dal 3% al 7% il taglio per i redditi fino a 25 mila euro e dal 2% al 6% per i redditi fino a 35 mila. L’aumento in busta paga può arrivare fino a 100 euro lordi mensili. Va sottolineato il fatto che, per estendere questa misura a tutto il 2024, nella prossima Manovra ci vorrebbero però almeno altri 9 miliardi.
“Il percorso del taglio del cuneo fiscale intrapreso è positivo – commenta il presidente di Confindustria Udine Gianpietro Benedetti -, perché la tassazione sul lavoro in Italia è tra le più elevate dei Paesi avanzati e ciò determina un freno alla crescita e alla competitività delle imprese, oltre che una riduzione del reddito netto disponibile per i lavoratori, che in questa fase patiscono anche l’erosione del potere d’acquisto dei salari a causa dell’inflazione. Positivo, in tal senso, anche l’incremento del tetto di detassazione dei fringe benefit a 3.000 euro con possibilità di rimborsare le utenze, anche se la misura è limitata solo ai dipendenti con figli a carico”.
“Quanto è stato fatto – sottolinea Benedetti – è dunque apprezzabile e compatibile con la necessità di tenere sotto controllo i conti pubblici. Infatti, con un debito pubblico di 2.773 miliardi accumulato negli ultimi 45 anni e le restrizioni richieste dal mercato e dall’Europa gli spazi di manovra non sono molti. Non è possibile rischiare che aumenti lo spread, ed è un ottimo risultato il fatto che i fondi non vedano più spazi per speculare sul deterioramento economico italiano. L’aumento dei tassi di interesse sarebbe deleterio e si tradurrebbe in un aumento delle imposte. Probabilmente, la soluzione per continuare con la detassazione è quella di ridurre i costi che non hanno valore aggiunto e favorire l’imprenditorialità per aumentare il Pil. Questo garantirebbe finalmente fondi a sostegno delle famiglie e della natalità”.
“Quanto al tema dei contratti a termine – conclude Benedetti -, è vero che sono state introdotte nuove causali, ma non sarà questo a far aumentare la precarizzazione. Se ne è tanto parlato, ma le aziende, se hanno la possibilità di farlo, stabilizzano il prima possibile i propri dipendenti, sui quali investono anche da un punto di vista formativo. Inoltre, la difficoltà maggiore che si riscontra è quella di trovare figure professionali specializzate e non. Quando si trovano, si fa il possibile per trattenerle”.