Egitto, tre anni di carcere per una maglietta contro la tortura. Amnesty International: “Parodia della giustizia”
Come funzioni il regime egiziano e la sua “giustizia” a noi italiani è ben chiaro dopo la vicenda di Giulio Regeni. Ma l’emergenze umanitarie nel paese delle piramidi non sono certo esaurite, l’ultimo episodio in ordine di tempo è la drammatica situazione che racconta Amnesty International e riguarda Mahmoud Hussein, un attivista egiziano che durante una protesta aveva indossato nel lontano 2014 una maglietta con una scritta contro la tortura. Il 26 giugno scorso il Tribunale speciale di emergenza per la “sicurezza dello stato” ha condannato a tre anni di carcere il giovane attivista per i diritti umani. Così Mahmoud Hussein è stato arrestato immediatamente dopo la lettura del verdetto e portato in carcere per scontare il resto della pena, avendo già trascorso dieci mesi in detenzione preventiva. Mahmoud Hussein era infatti stato arrestato per la prima volta il 25 gennaio 2014, al termine di una manifestazione pacifica per ricordare la Rivoluzione del 25 gennaio 2011. In quell’occasione, aveva indossato una maglietta con la scritta “Una nazione senza tortura” e una sciarpa col logo della Rivoluzione del 25 gennaio 2011. Aveva trascorso due anni in detenzione preventiva arbitraria prima di essere scarcerato su cauzione, a seguito di una campagna globale in suo favore. Ma nel 2018 era stato condannato in contumacia all’ergastolo. Durante la detenzione, funzionari dell’Agenzia per la sicurezza nazionale lo avevano sottoposto a maltrattamenti e torture, tra cui pestaggi e scariche elettriche sulle mani, sulla schiena e sui testicoli, per obbligarlo a firmare una “confessione”. Mahmoud Hussein era stato nuovamente arrestato nell’agosto 2023 e sottoposto a sparizione forzata per cinque giorni. Era stato posto in detenzione preventiva in attesa del processo per accuse inventate di appartenenza a un “gruppo terrorista”. In seguito, il 23 aprile 2024, un giudice aveva ordinato la sua scarcerazione, avvenuta solo il 26 maggio, 33 giorni dopo.
Mahmoud Hussein è tra le migliaia di persone che continuano a essere sottoposte a detenzione arbitraria in Egitto solo a causa dell’esercizio dei loro diritti umani, senza alcuna base legale o a seguito di procedure che violano il diritto a un processo equo.
“Siamo di fronte a una parodia della giustizia che spiega bene come il sistema giudiziario egiziano sia usato come uno strumento per punire il dissenso e costringere al silenzio l’attivismo pacifico”, ha dichiarato Sara Hashash, vicedirettrice di Amnesty International per il Medio Oriente e l’Africa del Nord.
“È ridicolo che l’imputato sia stato condannato a tre anni di carcere per aver semplicemente esercitato il suo diritto alla libertà d’espressione indossano una maglietta con una scritta conto la tortura. È una macabra ironia che la sentenza sia stata emessa proprio il 26 giugno, Giornata internazionale per le vittime della tortura”, ha commentato Hashash.
“I procedimenti giudiziari del Tribunale speciale di emergenza per la sicurezza dello stato sono inerentemente iniqui, anche perché contro i suoi verdetti non c’è possibilità d’appello, essendo sufficiente la ratifica del presidente al-Sisi. Le autorità egiziane devono porre fine a questa farsa annullando la condanna di Mahmoud Hussein e scarcerandolo immediatamente e senza alcuna condizione”, ha aggiunto Hashash.
“Mahmoud Hussein non avrebbe mai dovuto essere arrestato e invece gli è successo due volte, nel 2014 e nel 2023. Ha trascorso un totale di 34 mesi di detenzione arbitraria in condizioni squallide che hanno dato un duro colpo alla sua salute fisica e mentale. Invece di riportarlo in carcere, le autorità egiziane dovrebbero indagare sulle torture da lui denunciate e mettergli a disposizione un rimedio giudiziario per i danni subiti durante la sua ingiusta detenzione”, ha concluso Hashash.