Europee 2024: Vincitori veri e vincitori finti. Ma la narrazione mediatica e fortemente “melonizzata”

Chi si contenta gode. Potremmo sintetizzare così il giudizio sulle elezioni europee di sabato e domenica scorsa che ancora una volta sta vedendo l’incredibile manipolazione generale dei risultati da parte dei media per molte ore dati solo in percentuale e non in voti reali. Dimostrazione di quanto ormai pesi il tema della comunicazione non sempre colto appieno dai partiti soprattutto a sinistra.  Il messaggio che doveva passare era chiaro: “la Meloni ha vinto” e pur dovendo, a denti stretti, ammettere che anche il Pd non era andato male si è usato l’artificio della personalizzazione e della fascinazione della sfida tutta rosa fra la Giorgia nazionale e la Elly perennemente sotto esame. Il resto, a sentire le prime battute nei talk show e “approfondimenti” vari sarebbe quasi insignificante. Il risultato straordinario di Alleanza Verdi Sinistra viene mediaticamente “sporcato” dall’elezione della Salis ormai descritta come una pericolosissima pregiudicata. Insomma tutto pur di sostenete la tesi che la Meloni esce vincitrice e rafforzata dal voto raccontandoci anche la favoletta che, visto quello che è accaduto in Francia e Germania, sarà lei la protagonista assoluta in campo internazionale, addirittura una novella Merkel. Peccato però che la realtà sia diversa dalla narrazione perché se si analizzano i voti in termini numerici e non percentuali, si scopre che le uniche forze che possono dire di aver vinto, pur nella limitatezza data della tragedia di vedere al voto meno della metà degli aventi diritto, sono il Partito Democratico (5.583.842 pari al 24,1%, ne aveva alle politiche 5348676 ) e Avs (1.557.520 pari al 6,7% ne aveva nel 2022 poco più di un milione), mentre Fratelli d’Italia pur vantando il roboante quasi 29% in realtà perde 300mila voti reali (da 7,3 milioni a 6,6 milioni di voti). Certo il teorico campo progressista vede anche la debacle del M5s che perde 2milioni di voti dimezzandosi (da 4,3 a 2,3 milioni di voti) e in percentuale dal 15,4% al 9,9%. Calenda e Renzi, che si fatica a collocare in una logica bipolare nel centrosinistra visto i loro ondeggiamenti di natura prettamente utilitaristica, hanno nuovamente inanellato una figuraccia non superando lo sbarramento del 4 per cento uno spreco di voti  tanto grave che, avessero un minimo di dignità politica, si ritirerebbero a vita privata. C’è poi la Lega di Salvini che si aggrappa ad un decimale in più rispetto alle scorse politiche dimenticando che il voto a Vannacci non è certo omologabile a quello storico della Lega e che in termini di voti ha comunque perso (2473218 nel 2022, 2091890 nel 2024) . Anche Forza Italia in realtà, pur avendo superato la Lega di mezzo punto percentuale, ha perso voti in termini assoluti ( ne aveva alle politiche 2533393 ne ottiene ora 2091890). Chiudiamo la panoramica con la scelta di Michele Santoro & c, che non solo non raggiunge la soglia di sbarramento attestandosi al 2% circa, ma dimostra che basare la propria proposta politica in maniera monotematica, per di più senza alcuna reale speranza di incidere nella realtà sul tema scelto (quello della pace) non può aspirare oltre alla “testimonianza” , certo importante, ma non è quello che può far scattare la voglia di tornare alle urne agli italiani alle prese con i problemi di ogni giorno. Così alla fine il vero vincitore è il “partito” dell’astenzione, quello che cresce ininterrottamente da decenni, plastica dimostrazione della crisi della democrazia, violentata e vilipesa costantemente da una politica che, in generale, quando lo raggiunge usa il potere prevalentemente male e quasi sempre nella spasmodica ricerca di mantenerlo truccando le regole. Accontentarsi dei risultati ottenuti dalla bollinatura di una minoranza degli italiani, oltre che essere sbagliato  e miope, è rischiosissimo e apre la porta a scenari non invisi alla destra e ai richiami del leader forte che tutto può e tutto farà. Contro questa ipotesi di progressivo scivolamento verso una democratura, bisognerebbe partire, battagliando da subito e non solo nel palazzo, contro i nuovi tentativi di drogare la democrazia tramite trovate come premierato, autonomia differenziata e una probabile nuova legge elettorale funzionale alla destra. Ma non basterà, servono programmi chiari che incidano per davvero sul benessere dei cittadini guardando al futuro con occhi esenti da incrostazioni ideologiche in un difficile equilibrio fra passato, presente e futuro.

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