Fiaccole gialle per la verità su Giulio, ma avere giustizia sarà difficile, basti pensare al ricatto accettato nella vicenda del torturatore libico Al-Masri
Risuonano ancora nelle orecchie quelle parole “io non sono ricattabile” pronunciate un paio di anni fa da Giorgia Meloni che si riferiva allora ai suoi alleati di governo ma che poi ha trovato nel tempo ampie contraddizioni, non ultime quelle in politica estera. Ma andiamo per ordine: ieri, quello che i media hanno definito il popolo giallo, è tornato a Fiumicello per stringersi attorno alla sua famiglia, la madre Paola e il papà Claudio, per chiedere giustizia nove anni dopo la scomparsa di Giulio, era infatti il 25 gennaio 2016 mentre il suo corpo venne ritrovato il 3 febbraio sul ciglio dell’autostrada fra Il Cairo-Alessandria, segnato da evidenti torture. Ma diciamolo con chiarezza, l’obiettivo che qualcuno paghi per quell’orrendo delitto appare al momento missione impossibile, diverso è chiedere “verità per Giulio” che è stato quanto richiesto dal palco della manifestazione. Manifestazione voluta dall’amministrazione Comunale di Fiumicello-Villa Vicentina, in collaborazione con il collettivo Giulio Siamo Noi. Sono state organizzate una serie di iniziative tra cui un flash mob ‘Onda Gialla: Energia in Movimento’, con un minuto di raccoglimento poi alle 20:30, presso la palestra del Pattinaggio di Fiumicello, ha avuto luogo l’evento ‘Parole, Immagini, Musica per Giulio’, con la partecipazione di Paola e Claudio Regeni, i genitori di Giulio e, tra gli altri, Carlo Bartoli, presidente dell’Ordine dei Giornalisti, Elly Schlein, segretaria del Partito Democratico, Roberto Fico, ex presidente della Camera dei Deputati, l’onorevole Gianni Cuperlo. Presenti anche personaggi della cultura e dello spettacolo. Nel paese natale di Giulio Regeni non si è svolta in sostanza solo la commemorazione del ricercatore friulano nell’anniversario della scomparsa. Ovviamente è bene che il processo contro i quattro imputati egiziani – Tariq Sabir, Athar Kamel Mohamed Ibrahim, Uhsam Helmi e Magdi Ibrahim Abedal Sharif – in corso a Roma vada avanti è trovi giusta sentenza, ma ci permettiamo di affermare che anche una condanna non avrà effetto e non solo per il rifiuto delle autorità egiziane di collaborare, ma per la debolezza che la “nazione” Italia dimostra nelle sue azioni nei confronti dei paesi non certo campioni di democrazia, ma con i quali ci sono interessi economici più meno palesi e più meno trasparenti. Ed allora torniamo a quel “io non sono ricattabile” parole pronunciate in altro contesto, ma che evidentemente lasciano sospettare che anche nel caso in cui la sentenza nei confronti dei carnefici di Giulio certificasse colpevolezza e finissero per qualche ragione per essere catturati, tornerebbero liberi per “ragion di Stato” come recentemente avvenuto nel caso del torturatore libico “generale” Al-Masri. Su questa vicenda come è noto la Corte Penale Internazionale ha chiesto spiegazioni a Roma- Il rilascio di Al-Masri è avvenuto in violazione di un mandato di cattura internazionale, consegnato alle autorità consolari italiane all’Aja lo stesso giorno di emissione, il 18 gennaio. Insomma non solo il governo Meloni ha fatto fare una figuraccia internazionale all’Italia dimostrando l’incoerenza di un governo che dichiarava di voler combattere i trafficanti di esseri umani in tutto il globo terracqueo e poi fa scappare un uomo che è al centro del traffico illegale in Libia, recapitandolo a Tripoli in un aereo di Stato. Poco importa se, come sospetta il governo Meloni, il soggetto è stato fatto arrivare in Italia per metterci in difficolta, quello che contano sole le azioni svolte in Italia. Ma c’è di più, è evidente che non si è trattato solo di un problema relativo agli interessi economici, ma al fatto che evidentemente si temono ritorsioni anche nei confronti dei tanti italiani che in Libia ancora lavorano o magari per il fatto che Al-Masri ,uomo di punta della sicurezza di Tripoli, è a conoscenza di inconfessabili accordi “bilaterali” utili ad evitare partenze massicce di migranti verso l’Italia. Poco importa se per farlo si tengano innocenti in orribili campi di concentramento in territorio libico dove patiscono orrende condizioni di vita, violenze sessuali e torture comprese. L’ultima novità sulla vicenda, al netto delle polemiche politiche, arriva dalla Procura della Repubblica di Roma che ha confermato di aver ricevuto una denuncia per favoreggiamento e peculato contro la Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, i ministri dell’Interno e della Giustizia, Matteo Piantedosi e Carlo Nordio, ed il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano, titolare della delega ai servizi segreti, in merito alla liberazione di Osama Al- Masri, dopo il suo arresto a Torino, chiedendo che sulla vicenda “vengano svolte specifiche indagini”. A presentare la denuncia è stato l’avvocato Luigi Li Gotti, sottosegretario alla Giustizia nel governo Prodi dal 2006 al 2008. Secondo la denuncia, “il reato di favoreggiamento personale viene commesso da chiunque aiuta taluno a eludere le investigazioni dell’autorità, comprese quelle svolte da organi della Corte penale internazionale, o a sottrarsi alle ricerche effettuate dai medesimi soggetti. La norma è stata aggiornata nel 2022 proprio riguardo alle investigazioni della Corte penale internazionale”. Per l’avvocato Li Gotti “nella vicenda Al- Masri é stato commesso anche il reato di peculato per l’utilizzo di un aereo di Stato italiano per riportare il comandante libico nel suo Paese”. Al di là degli aspetti penali che saranno esaminati dai giudici competenti, in realtà emergono gravi criticità procedurali anche sotto il profilo dell’espulsione “ministeriale” che sarebbe stata disposta dal ministro dell’interno Piantedosi, mentre il suo collega Nordio, ministro della Giustizia, si era distratto. Nordio nel pomeriggio di martedì 22 gennaio scorso alle 16 emetteva un comunicato in cui dichiarava che stava “valutando la trasmissione formale della richiesta della CPI al Procuratore generale di Roma, ai sensi dell’articolo 4 della legge 237 del 2012”. Una “valutazione” che è stata prima ritardata, e poi molto veloce, che si è conclusa con una decisione di non richiedere alla Corte di Appello di Roma misure cautelari di limitazione della libertà personale. Tanto che il generale Al Masri, attorno alle 19 dello stesso giorno, veniva fatto imbarcare su un aereo Falcon dei servizi segreti che lo riportava a Tripoli, dove veniva accolto da una folla festante e dal capo della “sua” milizia RADA. L’ espulsione “ministeriale (disposta dal ministro dell’interno per motivi di sicurezza nazionale ex art.13 comma 1 del Testo Unico sull’immigrazione 286/98), veniva eseguita attorno alle 19 di martedì 21 gennaio, con un volo speciale per Tripoli organizzato già ore prima dai servizi, quindi con una piena consapevolezza del Viminale di procedere in tempi rapidi all’espulsione, senza che ci fosse alcuna consultazione con la Corte Penale internazionale, obbligo di legge che non poteva essere ignoto neppure al ministro dell’interno ed alla Presidente del Consiglio, che in questi casi di espulsione “ministeriale” devono essere avvertiti dal titolare del Viminale, prima della esecuzione della misura di allontanamento. Quello che comunque risulta è che subito dopo l’arresto, la questura di Torino aveva trasmesso l’intera documentazione al Procuratore della Corte di Appello di Roma ed allo stesso ministro della giustizia. Rimane da accertare l’orario nel quale la Corte di Appello di Roma ha adottato il suo provvedimento, e nello stesso giorno, il momento in cui il ministro dell’interno ha formalizzato e quindi notificato, l’espulsione “ministeriale” del generale Al-Masri. Insomma nella migliore delle ipotesi siamo dinnanzi all’ennesimo pasticcio all’italiana del quale nessuno si assumerà responsabilità, perché così vanno le cose in questa fase storica dove, governo e governanti, pensano di essere al di sopra delle leggi in nome del fatto di aver preso la maggioranza dei voti votati che, non ricordano, essere comunque minoranza degli italiani.
Fabio Folisi