Fvg in fiamme: ma il sistema di protezione antincendio basato sui volontari garantisce la rapidità ed efficienza necessaria? I dubbi sono molti
Certo, oggi è il momento del cordoglio e sulla morte della coordinatrice del gruppo comunale di Protezione civile di Prepotto Elena Lo Duca travolta e uccisa durante un sopralluogo nella zona interessata da un incendio a Prepotto le polemiche devono restare a zero. Ci sarà certamente chi indagherà per vedere se vi sono state negligenze o se si è trattato, come tutto lascia supporre, di un tragico incidente che poteva colpire qualsiasi operatore anche professionale e non solo volontario. Ma quello di cui si può discutere è però il sistema. Certo in questi giorni di fuoco, nel vero senso della parola, tutti hanno dato certamente il massimo, perchè davanti alle emergenze è così che si deve fare, ma siamo sicuri che l’aver deciso che la lotta agli incendi boschivi competa alle Regioni sia una scelta giusta? I dubbi vi sono, come sono vi sono più in generale sulla sanità. E mentre in Fvg qualcuno sogna di regionalizzare anche le scuole, la vigilanza e gli interventi in caso di incendi boschivi spetta al Corpo forestale regionale e ai volontari della Protezione civile con risultati, senza buttare benzina sul fuoco, non sempre soddisfacenti. Restano i vigili del fuoco, certamente più esperti ed abituati all’h24, ma che invece dovrebbero intervenire solo se le fiamme minacciano case e altre strutture come ferrovie, strade o linee elettriche. E in un territorio come quello del Fvg che non ha dimensioni da foresta di Yellowstone il rischio alle infrastrutture, beni e persone e praticamente costante, tanto che boschivo o meno, quando c’è il fuoco i pompieri accorrono comunque ma con una ristrettezza di uomini e mezzi che lascia basiti. Ed allora davvero il sistema di frammentare le forze del soccorso solo per il desiderio di avere il proprio piccolo esercito di volontari e la gestione delle forze in loco sognando di essere un piccolo stato federale o un “governatorato”, vale i costi certamente superiori e la possibile disorganizzazione che ne consegue. Noi crediamo sia sbagliato e che il sistema andrebbe rivisto, come del resto andrebbe rivista la regionalizzazione della sanità, almeno nel modo “aziendale” con cui che è stato costruito il Ssr. Ed il fatto che in FVG la Protezione civile abbia destinato enormi risorse nel campo della prevenzione e nella operatività sulle emergenze, tanto da avere acquistato 109 mezzi antincendio, prevalentemente pick up fuoristrada, 24 autobotti ed equipaggiato ben 2mila volontari antincendio, garantisce sicurezza. Purtroppo la risposata è negativa, non certo per colpa dei volontari che spesso ci mettono l’anima e anche la vita, come nel caso di Elena Lo Duca. Ma sono volontari, di grande generosità, molti adeguatamente preparati, ma che non possono per ovvie ragioni lavorative e familiari avere tempi di risposta adeguati alla gestione di un incendio che non aspetta di certo i tempi della burocrazia per diventare distruttivo. Un campanello d’allarme, ultimo di una serie, era suonato proprio nell’area del Lisert a Monfalcone il 28 giugno scorso quando, erano le 16.30, una colonna di fumo venne avvistata vicino alla frazione di Sablici. Scattò subito l’allarme e sul posto si precipitò una squadra di Vigili del fuoco composta da tre pompieri, che per oltre un’ora affrontarono da soli l’ incendio, in quanto le altre squadre di pompieri erano in quel momento impegnate. Della protezione Civile nessuna traccia fino alle 18.00 nonostante la loro sede di Monfalcone distasse soli 5 km dall’area dell’incendio. Nessuna colpa per i volontari, lo ribadiamo, è il sistema del volontariato che non può avere la velocità che sarebbe auspicabile e necessaria. Questo succede quindi non per scarsità di risorse, visto che di soldi se ne spendono tanti, ma anche qui, come in sanità, fa difetto l’organizzazione, parola del consigliere regionale Walter Zalukar che aveva denunciato l’epiodio. Non pare logico che il fulcro di un servizio di questo genere sia il volontariato, visto che deve essere garantito un reale pronto intervento. I volontari, che hanno un lavoro, impegni familiari, ecc., pur nella loro encomiabile generosità, non possono garantire una presenza h24. Ed infatti garantiscono la “reperibilità” attivandosi in caso di bisogno, ma ci vuole tempo e il fuoco non aspetta. In verità, almeno in teoria, nella lotta antincendio c’è anche il Corpo forestale, questo sì formato da professionisti, ma sono obiettivamente troppo pochi per presidiare capillarmente tutto il territorio ed ad ogni ora del giorno e della notte. Pare impossibile che nessuno abbia ancora pensato che con queste forze il pronto intervento non è attuabile e allora restano solo i Vigili del Fuoco, che sono sottorganico già per i compiti istituzionali, gli incedi in aree urbane, e che vanno quindi adeguatamente rinforzati, ma che invece, come denunciato oggi i sindacati sono sotto organico, in Fvg addirittura del 25%. Mancano in sostanza almeno 200 uomini. Per non parlare poi della difesa dal fuoco aerea, che nelle zone di montagna è spesso l’unica soluzione per arginare le fiamme. Tutto il sistema andrebbe rivisto, ma siamo senza speranza, visto che l’uomo solo al comando, sia nella Protezione civile che, ahinoi nella sanita in Fvg, preferisce pavoneggiarsi fra tagli di nastro e comparsate con i volontari, anziché organizzare in maniera costruttiva un sistema di reale difesa dei cittadini e degli ambienti naturali dal rischio incendio.