Giorgio Lotti e la fotografia d’autore protagonisti a Spilimbergo
Una Cina ormai scomparsa o, forse meglio, una Cina nascosta definitivamente dietro la modernità: è questo il paese raccontato da Giorgio Lotti, storico fotoreporter del settimanale «Epoca», nella mostra Cina Cina Cina che inaugurerà sabato 24 agosto 2019 a Palazzo Tadea di Spilimbergo. La personale, realizzata dal CRAF nell’ambito della Rassegna Friuli Venezia Giulia Fotografia in collaborazione con la Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia e il sostegno della Fondazione Friuli, conta oltre 70 foto a colori e in bianco e nero e sarà visitabile fino al 22 settembre 2019.
Giorgio Lotti arriverà a Spilimbergo venerdì 23 agosto per una full immersion nella fotografia d’autore. Venerdì 23 agosto alle 18.30 a Palazzo Tadea sarà protagonista dell’incontro Realtà colte in flagrante. Giorgio Lotti giornalista dell’immagine con Marco Rossitti dell’Università di Udine. Sabato 24 agosto, alle 18.30, sempre nel cinquecentesco palazzo cittadino, Lotti verrà insignito dal presidente del CRAF Enrico Sarcinelli del Premio Friuli Venezia Giulia Fotografia 2019, riconoscimento che ogni anno, dal 1987, il Centro attribuisce agli autori più significativi in ambito nazionale e internazionale. A seguire si terrà l’inaugurazione della mostra Cina Cina Cina. Domenica 25 agosto, alle ore 11.00, infine, il pubblico potrà partecipare alla visita guidata della mostra con l’autore.
Milanese, classe 1937, maestro indiscusso del fotoreportage e autore di scatti memorabili, nell’arco di oltre un cinquantennio Giorgio Lotti ha realizzato decine di servizi in Medio ed Estremo Oriente ma anche centinaia di celebri ritratti di personalità del mondo della cultura e della politica – da Eugenio Montale in lacrime nel momento dell’assegnazione del Premio Nobel a Giuseppe Ungaretti che osserva in tv lo sbarco del primo uomo sulla Luna, a Bernardo Bertolucci, Tiziano Terzani e ancora Aldo Moro, Enrico Berlinguer, Arafat – segnando in modo indelebile la storia della fotografia italiana. Suoi anche i celebri reportage, pubblicati sempre da «Epoca», sul disastro del Vajont del 1963 e il terremoto in Friuli del 1976.
“Cina Cina Cina” comprende fotografie a colori e in bianco e nero realizzate fra il 1974 e il 2002 che documentano, in una terra lontanissima non solo geograficamente dall’Italia del Dopoguerra, le enormi trasformazioni economiche, politiche e sociali che hanno coinvolto la Cina e i suoi abitanti. Il suo primo viaggio nel paese del Fiume Giallo risale al 1974 come inviato di «Epoca», ma in terra d’Oriente Lotti ritorna anche nei decenni successivi più e più volte, riportando in Italia immagini e foto-racconti che lo hanno consacrato tra i fotografi più incisivi e promosso, agli occhi del popolo cinese, come uno dei suoi narratori più amati negli anni del crepuscolo di Mao. Fra gli scatti esposti – molti simbolicamente frutto dell’arte di “trovarsi al posto giusto nel momento giusto” – il più celebre è sicuramente quello di Zhou Enlai del 1974, in seguito divenuto il ritratto ufficiale del primo ministro cinese nonché la foto in assoluto più stampata al mondo (oltre cento milioni di esemplari), straordinario esempio di penetrazione psicologica e d’interpretazione di un personaggio storico. «Da quel primo viaggio, diventato un servizio di sedici pagine a colori nasce tutto il resto – spiega Giorgio Lotti -. In quegli anni dovevo raccontare un Paese da noi sconosciuto al grande pubblico. Il volto della nuova Cina, la sua vita politica, le tradizioni, la vita quotidiana cadenzata da migliaia di mani che stringevano i manubri delle biciclette. Mi sono occupato anche di teatro, dei costumi d’opera, ho visto recitare Shakespeare dopo tanti anni di proibizione. Sono tornato in Cina una decina di volte. Non sempre per Epoca, a volte ho usato le mie vacanze estive per sviluppare alcuni temi. Volevo scoprire un Paese straordinario e così diverso dall’Italia. Anche i colori, in Cina, erano diversi, per non dire dei ritmi: io camminavo a trenta chilometri all’ora, i cinesi a cinque. Quindi ho dovuto fermarmi e cercare di andare al loro passo, perché solo capendo la mentalità delle persone ho potuto conoscerle e raccontarle. Come in quel lungo viaggio in auto da Pechino fino alla Mongolia interna. Ho dovuto dormire tre notti per strada avvolto in una coperta e in compagnia degli scarafaggi. Ma che scoperta, quella terra ancora più sconosciuta: ancora oggi, le immagini della lotta mongola sono tra quelle che ricordo con più emozione. Dopo tutti questi anni, penso di aver raccontato un mondo che non c’è più».
“Coerentemente con il tema del festival, quest’anno dedicato agli «Sguardi differenti», abbiamo voluto premiare Giorgio Lotti per la sua formidabile carriera – spiega Luca Giuliani, responsabile direzione del CRAF -. Negli anni Settanta Lotti con larghissimo anticipo scopriva e documentava le potenzialità di un Paese che ora, dopo decenni di isolamento, sono venute prepotentemente alla ribalta. Ma un riconoscimento va anche al suo particolare legame con il Friuli e il vicino Veneto, dove fu chiamato a documentare due momenti tragici della nostra storia recente ma anche il coraggio e la voglia di rinascere della nostra terra”.
GIORGIO LOTTI
Nato a Milano nel 1937, a soli diciassette anni viene ingaggiato dall’Agenzia Giancolombo di Milano, una delle più importanti tra quelle che operano in Italia in quegli anni. Come freelance comincia a pubblicare con «Milano Sera», «La Notte», «Il Mondo», «Settimo giorno», «Paris Match». A ventisette anni Lotti entra nello staff del settimanale «Epoca», per il quale lavorerà fino alla sua chiusura, avvenuta nel 1997, diventandone uno dei fotografi “storici”, a fianco di Mario De Biasi, Walter Bonatti, Mauro Galligani, Sergio Del Grande, Nino Leto, Walter Mori e Vittoriano Rastelli. Sono anni di lavoro febbrile – «il momento più straordinario della grande rivista ma anche del giornalismo illustrato e della fotografia italiani» ha scritto Guido Gerosa – nei quali Lotti copre i principali avvenimenti del Mondo: tra gli altri, il disastro del Vajont (1963), il viaggio in Terrasanta di Paolo VI (1964), le Olimpiadi di Tokyo (1964), l’alluvione di Firenze (1966), i funerali di Winston Churchill a Londra (1965) e quelli di Padre Pio a San Giovanni Rotondo (1968), il terremoto del Friuli (1976), il primo sbarco di albanesi a Brindisi (1991).
“Capire prima di fotografare” è il motto che l’ha accompagnato in sessantacinque anni di professione. In una vita vissuta come eterna trasferta, Lotti incontra e ritrae, tra gli altri, Zhou Enlai, Rajiv Gandhi, Umberto di Savoia, Hosni Mubarak, Yasser Arafat, Ali Agca, ma anche Andy Warhol, Brigitte Bardot, Peter O’Toole, i Beatles, i Rolling Stones. Bernardo Bertolucci lo vuole accanto a sé sui set de L’ultimo imperatore (1987) e de Il tè nel deserto (1990). Abile ritrattista, è autore di scatti memorabili: oltre a quello già citato di Zhou Enlai del 1974 suoi sono anche gli scatti che ritraggono la commozione di Eugenio Montale un istante dopo la telefonata dalla quale ha appreso di essere stato insignito del Premio Nobel per la letteratura e l’entusiasmo di Giuseppe Ungaretti nel 1969, seduto davanti al televisore, per il successo della missione di Apollo 11. L’Archivio di Giorgio Lotti custodisce più di 250.000 fotografie. Molte sue immagini sono conservate alla Columbia University, nei più importanti musei americani e in quelli di Tokio e Pechino, al Royal Victoria Albert Museum di Londra, al Cabinet des Estampes di Parigi, al Centro Studi dell’Università di Parma, alla Galleria Civica di Modena.
Craf Centro di Ricerca e Archiviazione della Fotografia
Fondato nel 1987 a Spilimbergo, il CRAF ha realizzato oltre trecento mostre di fotografia in Italia e nel mondo. Tra gli eventi espositivi di prestigio, la rassegna Friuli Venezia Giulia Fotografia valorizza gli autori più significativi sulla scena nazionale e internazionale con mostre e premi. Il Premio Friuli Venezia Giulia Fotografia2019 sarà conferito al talento emergente regionale Giulia Iacolutti, allo storico fotoreporter di “Epoca” Giorgio Lotti (premio nazionale) e al fotografo argentino Martín Weber (International Award of Photography). Nell’albo d’oro dei premiati figurano, tra gli altri, Henri Cartier-Bresson, Joan Fontcuberta, Charles-Henri Favrod, Josef Koudelka, Frank Horvat e Joel Meyerowitz. Oggi il Centro è per la Regione Friuli Venezia Giulia (L.R. 16 del 2014) polo di riferimento per le attività di ricerca, studio, raccolta, censimento, archiviazione, conservazione, digitalizzazione e valorizzazione del patrimonio fotografico regionale.