I cittadini di sette comuni friulani utilizzati come “cavie” per testare il 5G? Di sicuro la sperimentazione parte alla chetichella

Presto i cittadini di Pontebba o quelli di Tramonti di Sopra potranno accendere la lavatrice di casa via smartphone perfino se sono nell’altra parte del mondo. Scherzi a parte sono sette i comuni, oltre ai già citati Pontebba e Tramonti di Sopra, nella lista dei “fortunati” ci sono anche Bordano, Resiutta, Lauco, Ragogna e Comeglians. Fanno parte di 120 comuni italiani in digital divide che avranno connettività 5G in banda 700 MHz FDD entro 54 mesi dalla disponibilità nominale delle frequenze – quindi di fatto, se tutto andrà come da programmi, a partire dal prossimo autunno. Era infatti questo il contenuto del bando 5G del MISE (ministero dello sviluppo economico) e la delibera AGCOM annessa è esplicitato infatti che chi si aggiudicherà i lotti di questa specifica banda di frequenza non solo dovrà assicurare entro 36 mesi la copertura dell’80% della popolazione nazionale – comprendente tutti i comuni con più di 30.000 abitanti e tutti i capoluoghi di provincia – ma anche assicurare i servizi in 120 specifiche piccole città prive di connettività adeguata.
Detto questo è necessario fare delle considerazioni senza pregiudiziali partendo dalla constatazione che quello del 5G rischia di diventare l’affare del secolo per i soliti noti, non certo per le popolazioni che si vedranno invece irrorare di elettrosmog a dismisura con effetti ad oggi non verificabili nella loro completezza, perchè come spiegano a livello tecnico i molti che, quantomeno, sollevano dubbi, sarà necessario collocare mini-antenne ovunque, persino sui lampioni della luce che si prestano particolarmente perchè già dotati di linee di alimentazione elettrica. La portata del problema è comprensibile solo se si conosce fino in fondo la diffusione e la capillarità che avrà il 5G, cioè l’internet delle cose, non solo dei cellulari. Sarà un sistema che immergerà i cittadini nelle radiofrequenze molto più di quanto lo sono oggi e tutto a loro insaputa. Insomma la casa “domotica” che incombe, ma anche la robotizzazione sempre più avanzata dei processi produttivi, che saranno anche cose positive (qualche dubbio rimane comunque sull’impatto sociale ed occupazionale). Il cosiddetto internet delle cose darà la possibilità in un futuro non troppo lontano di trasferire pacchi e corrispondenza via droni che voleranno sulle teste dei cittadini, ma anche avere sensori nei cassonetti dell’immondizia che stabiliranno in tempo reale da chi e quanta spazzatura è stata introdotta ( mandando il conto “mirato”) e per avvertire la centrale quando svuotarli, ma anche controlli remoti in ogni piccolo ufficio sulle presenze dei lavoratori o per relaizzare un “grande fratello” di sicurezza video sull’intero territorio e non solo nei centri storici. Amanti della “camporella” siete avvertiti, non avrete scampo. Scherzi a parte bisogna intendersi, la questione non è se essere pro o contro il “progresso”, ma capire in una logica reale di “costi benefici” tanto di moda, se i benefici arriveranno solo nelle tasche già gonfie di gestori telefonici e dei loro ricchi azionisti mentre i costi saranno a carico della salute delle masse di cittadini. Il dubbio è legittimo, come legittimo è quello oggi diventato attualità, che cioè alcuni “fortunati” abitanti di montagna vengano usati come cavie umane per testare il nuovo sistema. Qualcuno cinicamente fa notare che sono stati scelti è non solo perchè il digital divide fornisce la scusa per tacitare le amministrazioni locali che da sempre si sono lamentate dell’assenza di connessione e dell’isolamento digitale, ma proprio per il fatto che in genere in quei comuni vi meno inquinamento da elettrosmog e che quindi la nuova presenza non si sommerebbe ad un sottofondo preesistente rendendo più favorevoli i risultati dei test. Forse non è così, ma i problemi restano enormi ed enorme è la constatazione che ancora una volta si vuole trattare la cosa nel solito modo, passando sopra la testa dei cittadini, nascondendo o minimizzando l’esistenza di possibili controindicazioni sulla salute da immolare al profitto con la scusa del progresso. Forse per questo, per la paura di sembrare retrogradi il 5G ha la quasi unanimità dei consensi: politica, istituzioni europee, sindacati, industria e università plaudono alla trasformazione digitale che, si stima, porterà 900 miliardi di crescita in Europa e 1,5 milioni di nuovi posti di lavoro specializzati. Mentre non è chiaro quanti saranno quelli persi. Sembra di rivedere, per fare un esempio comprensibile, i tavoli di lavoro degli anni 60 quando si discuteva di aprire l’acciaieria “Italsider” (oggi Ilva) a Taranto che avrebbe portato certamente sviluppo economico ed occupazione, ma al prezzo che oggi conosciamo. Ma perchè la vicenda del 5G dovrebbe sollevare almeno diffidenza se non allarme, il problema è che gli studi sull’utilizzo di queste frequenze sull’ambiente e soprattutto sulla fauna, esseri umani compresi, non hanno sciolto i i dubbi sulla “salubrità” data dall’irradiazione continua di questo nuovo “elettrosmog”, partendo dalla considerazione delle caratteristiche della banda che ha lo scopo di fornire connettività per la navigazione dati, quindi una sorta di copertura locale per accedere a Internet con migliori prestazioni ma che ma che per farlo usa appunto frequenze altissime, mai usate finora se non per ragioni militari. Inoltre viste le caratteristiche tecniche diverse da quelle degli attuali ripetitori, per poter connettere tra loro fino a un milione di oggetti/utenze per chilometro quadrato, bisognerà installare migliaia di piccole antenne che generano frequenze, addirittura una ogni cento metri o meno se vi sono coni d’ombra. Questi mini trasmettitori rilanceranno il segnale proveniente da un’antenna base più grande e potente.
Aggiungiamo anche che il mondo accademico internazionale è diviso da sempre sulla pericolosità delle onde elettromagnetiche sull’uomo. Vengono ammessi da ingegneri e fisici gli effetti “termici” pericolosi, se per esempio teniamo il cellulare all’orecchio per molto tempo, ma che si può risolvere con comportamenti di protezione individuale (vivavoce o auricolare), ma dall’altra molti biologi, oncologi e epidemiologi si battono perché vengano riconosciuti anche gli effetti delle radiofrequenze sulle nostre cellule. In altre regioni italiane alcuni sindaci sono stati colti da dubbi, magari sollecitati a livello popolare chiedendo lumi all’autorità per le comunicazioni che ha già risposto ma senza alcun riferimento ad eventuali problemi di natura ambientale. Scrive Agcom il 28 marzo scorso:
“L’Autorità per la garanzia nelle comunicazioni, sollecitata dalle richieste di alcuni Sindaci, ha emanato la seguente comunicazione di chiarimento sulla copertura e i servizi 5G nei Comuni in digital divide:
A seguito di diversi articoli e trasmissioni sui servizi in tecnologia 5G, sono pervenute all’Autorità richieste di chiarimento da parte di alcuni Sindaci dei 120 comuni che si trovano in digital divide, così come riportato nella delibera dell’Autorità n. 231/18/CONS.
Nel provvedimento citato, l’Autorità ha posto specifici obblighi di copertura 5G con frequenze in banda 700MHza favore dei 120 comuni della lista che pertanto, a partire dall’effettiva disponibilità delle frequenze che dovrà avvenire entro il 1°luglio 2022, potranno beneficiare della copertura 5G realizzata da Telecom Italia Mobile, Vodafone e Iliad, in quanto soggetti aggiudicatari. L’onere di realizzare la copertura sarà a totale carico degli operatori e dovrà avvenire nel pieno rispetto della normativa in materia di edilizia e urbanistica e delle altre leggi in materia, inclusa la normativa in materia di limiti elettromagnetici sul cui rispetto vigilano le Agenzie regionali di protezione dell’ambiente. Si precisa che non si tratterà di una sperimentazione 5G, bensì dell’offerta di servizi commerciali. Alla luce di quanto sopra, è convincimento dell’Autorità che le misure introdotte, che non modificano le norme esistenti per la realizzazione delle reti ma ampliano le potenzialità di copertura, non potranno che apportare sviluppi positivi per i territori interessati, che potranno beneficiare dei numerosi vantaggi per cittadini, imprese e pubblica amministrazione derivanti dalla disponibilità diffusa di servizi di connettività wireless a banda larga e ultra-larga. Si sottolinea infine che tali misure sono complementari e distinte rispetto ai progetti riguardanti il Piano strategico nazionale per la banda ultra-larga, relativi ai bandi di gara pubblici gestiti da Infratel e attualmente in corso di realizzazione da parte del concessionario vincitore delle gare”.
Insomma tutto confermato, sarebbe però bello se i sindaci, non solo dei comuni interessati, ma anche tutti gli altri, si esprimessero su questo progetto e si esprimessero magari anche i candidati alle prossime elezioni amministrative perchè alla fine, potrebbero essere loro amministratori eletti,  a rimanere con il cerino in mano, il cerino che potrebbe “potenzialmente” bruciare le cellule cerebrali di molti cittadini.

Fabio Folisi

 

delibera-AGCOM 231-18-CONS