I Teatri dell’Anima porta a Pordenone la vicenda delle clarisse di Udine che lottarono per l’emancipazione femminile nel ‘500
Una riflessione sul destino collettivo di generazioni di donne, un progetto artistico che parte dal dato storico per raccontare qualcosa di strettamente attuale, come le discriminazioni di genere: per l’ottava edizione de “I Teatri dell’anima” – festival di Etabeta Teatro nato per riflettere sul mondo che è stato, che sta cambiando e che sarà, analizzando etica, storia e religione – andrà in scena per la prima volta a Pordenone lo spettacolo “La semplicità ingannata” di e con Marta Cuscunà. Un’opera legata a una vicenda poco nota ma dalla grande importanza del Cinquecento friulano, con la Clarisse di Udine che si opposero all’usanza di costringere le figlie a farsi monache tanto da richiamare l’intervento dell’Inquisizione. Uno spettacolo che ha ricevuto numerosi premi e riconoscimenti frutto del lavoro e della ricerca dell’eccezionale autrice e attrice friulana da sempre impegnata su temi cruciali, che lei indaga attraverso gli affascinanti strumenti di un’originale forma di teatro di figura. Il festival I Teatri dell’Anima è reso possibile grazie all’organizzazione di EtaBeta Teatro con il sostegno di Comune di Pordenone e Fondazione Friuli.
L’appuntamento è per mercoledì 29 dicembre alle 20.45 all’ex convento di San Francesco in piazza della Motta a Pordenone. Lo spettacolo – di e con Marta Cuscunà – è liberamente ispirato alle opere letterarie di Arcangela Tarabotti e alla vicenda delle Clarisse di Udine. La Semplicità ingannata riporta alla luce la voce di un gruppo di giovani donne che, nel Cinquecento, lottarono contro le convenzioni sociali, rivendicando libertà di pensiero e di critica nei confronti della cultura maschile. La Semplicità ingannata parla del destino collettivo di generazioni di donne e della possibilità di farsi “coro” per cambiarlo.
L’ingresso è a pagamento (intero 10 euro e ridotto 7 euro per gli under 25 anni). Per info e prenotazioni tel. 333.6785485 oppure email a: info@etabetateatro.org. Gli ingressi sono regolati dal Super Green Pass nel rispetto delle normative anti- Covid19.
“Con questo spettacolo che aprirà l’edizione numero 8 del Festival “Teatri dell’anima”, andremo a raccontare una storia poco conosciuta che appartiene al nostro Friuli e che merita di essere ascoltata per interrogarci ancora oggi sulla condizione femminile – ha spiegato il direttore artistico del festival Andrea Chiappori -. Nel Cinquecento avere una figlia femmina equivaleva ad una perdita economica e per questo spesso si ricorreva alla monacazione forzata. Ma Arcangela Tarabotti e le Clarisse del Santa Chiara di Udine attuarono una forma di resistenza all’utilizzo delle vocazioni religiose a fini economici davvero unica nel suo genere. Marta Cuscunà, con le sue pupazze, riesce a riportarci con grande bravura a quell’epoca con una storia che però parla al presente. Con questo appuntamento chiudiamo un anno che, seppur tra le varie difficoltà, ci ha permesso di tornare sul palco, nella speranza che il prossimo possa portarci a una rinnovata normalità”.
“Uno spettacolo che sbarca per la prima volta a Pordenone – aggiunge Chiappori – e che merita di essere visto anche per le straordinarie qualità artistiche di Marta Cuscunà: attrice, performer e regista friulana pluripremiata per l’impegno civile del suo teatro, da anni porta avanti un lavoro di ricerca sulla questione femminile unico nel suo genere e infatti in questo spettacolo racconta proprio la vicenda di queste donne nel Cinquecento che trasformarono il convento in uno spazio di contestazione, di libertà di pensiero rispetto alla cultura maschile con un fervore impensabile per l’universo femminile dell’epoca. L’Inquisizione cercò con forza di ristabilire un ferreo controllo sulle Clarisse di Udine, ma le monache riuscirono a resistere per anni facendosi beffe del potere maschile e creando una sorprendente micro-società tutta al femminile, in un tempo in cui le donne erano escluse da ogni aspetto politico ed economico della vita”.
Lo spettacolo rappresenta anche un’esperienza di produzione teatrale sostenibile dal punto di vista economico, infatti è nato da un progetto di microcredito.