ICS – Ufficio Rifugiati Onlus: Assicurare il rispetto dei diritti fondamentali e contrastare ogni forma di violenza
I fatti accaduti al bagno “Il Pedocin” di Trieste, dove si sono verificate esplicite minacce verso un gruppo di donne mussulmane che facevano il bagno in mare coprendo il proprio corpo, è di eccezionale gravità e le condotte illecite messe in atto, sanzionabili sul piano penale, andrebbero perseguite senza indugio. ICS – Ufficio Rifugiati Onlus invita le donne oggetto delle minacce a rivolgersi ai nostri uffici per un ascolto e un confronto finalizzato alla loro tutela e invita le cittadine coraggiose che sono state testimoni delle minacce di rendersi disponibili come testimoni. ICS ricorda che non è possibile imporre alcuna limitazione all’abbigliamento per motivi religiosi in base all’art. 9 della Convenzione Europea dei diritti dell’Uomo. L’utilizzo di abiti durante il bagno in mare non comporta infatti alcun pericolo né per la sicurezza, né per la salute pubblica e costituisce dunque espressione di una libertà inviolabile tutelata dall’ordinamento giuridico. Compito di uno stato democratico è proprio la difesa dei diritti delle persone e della loro libertà e tutte le società moderne e avanzate si caratterizzano per proteggere in maniera decisa ogni forma di diversità e di convivenza tra diverse culture e tradizioni nel rispetto dei valori costituzionali. Non sussiste dunque alcun obbligo di adeguarsi a presunti “abitudini” e prassi locali, come impropriamente sostenuto da diversi esponenti politici e persino dal Sindaco di Trieste che, nello svolgimento della sua carica istituzionale, è invece chiamato a garantire la sicurezza e l’incolumità delle persone in ogni luogo. Nel sottolineare che non sussiste alcuna possibilità di introdurre alcun regolamento che vieti l’utilizzo di burkini e di altre forme di copertura del corpo, ICS richiama con forza il Comune di Trieste, titolare dello stabilimento balneare, ad adottare tutte le misure di vigilanza necessarie a tutelare la sicurezza e l’incolumità delle bagnanti e a
vigliare contro ogni condotta violenta.
Da segnalare sulla vicenda accaduta al “bagno Pedocin di Trieste anche alcune prese di posizioni della politica:
Enrico Bullian Patto per l’Autonomia-Civica:
«È l’ennesimo episodio a dimostrazione di quanto la nostra società abbia abbassato la propria capacità di riconoscere e rispettare le libertà altrui. Che disagio provoca il fatto che alcune persone vadano a fare il bagno con questo o quel vestito? L’asticella dell’intolleranza si è purtroppo alzata a livelli preoccupanti – commenta il consigliere regionale del Patto per l’Autonomia-Civica Fvg Enrico Bullian in merito alle proteste di ieri contro un gruppo di donne musulmane che voleva fare il bagno nelle acque antistanti il triestino Lido Pedocin –. Che le istituzioni comunali e la politica regionale continuino, poi, ad esasperare i toni e a occuparsi con questa enfasi di come vadano al mare delle persone musulmane lo trovo sconcertante, entrando addirittura in un ginepraio regolamentare nel quale sarà difficile districarsi. Sarebbe sufficiente un po’ di buon senso e di accettazione delle differenze culturali, quando – come in questo caso – non sono lesive verso nessuno e non intaccano il nostro impianto istituzionale liberal-democratico. Con un percorso di integrazione graduale sarebbero anche introducibili migliorie (come il cambio del vestito di arrivo rispetto a quello per entrare in acqua), impensabili con l’approccio dello scontro frontale fra civiltà incompatibili. Continuare solamente a imporre divieti, discriminare gli stranieri attraverso norme finora sempre bocciate dalla magistratura (come per le agevolazioni sul cosiddetto “tagliaffitti” o sulle graduatorie ATER), certo non favorisce un percorso inclusivo nella nostra società occidentale. E non aiuta dichiarare a sproposito, come ha fatto il sindaco di Trieste Di Piazza, che una triestina non può andare in bikini in Arabia. Questo non ci autorizza a comportarci come Stati che non hanno nulla a che vedere con la nostra realtà. Noi, fortunatamente e grazie a chi ha combattuto per darci la libertà, siamo una repubblica democratica, laica e uno stato di diritto: le istituzioni devono comportarsi conseguentemente anche verso i nuovi cittadini venuti qui ad abitare e lavorare. Poi, in generale, dubito di chi parla di preoccuparsi per l’emancipazione femminile delle musulmane, ma allo stesso tempo è propenso a non intervenire per salvare le vite umane dei profughi nel Mediterraneo. Se si vuole la libertà delle donne musulmane, ricordo che, per alcune, andare al mare è già un passo in avanti. E solo la graduale integrazione può aiutare l’emancipazione; è noto che gli usi e costumi sono quelli più lenti a modificarsi, come è successo per le nostre bisnonne, che andavano ancora in giro con il fazzoletto nero sul capo anche d’estate. In conclusione, le questioni vere a livello regionale riguardano l’inclusione, il lavoro, la salute sui quali serve un’azione congiunta tra istituzioni, non certo i costumi da bagno in sé, che fungono da “armi di distrazioni di massa”. Questi rappresentano un diversivo per non parlare dei problemi che invece interessano molto di più il nostro territorio, dalla mancanza dei medici di famiglia alla denatalità, al personale che le industrie e la ristorazione non riescono a reclutare».
Furio Honsell Open Sinistra FVG:
“Si stanno ripetendo in regione, dopo Monfalcone anche a Trieste, odiosi episodi xenofobi nei confronti di donne musulmane. Il piano immigrazione di Fedriga-Roberti ha tagliato i fondi volti all’integrazione e alla reciproca tolleranza. E questi sono i vergognosi risultati. Andrebbe completamente rivista la norma regionale sull’immigrazione. Questi segnali indicano che quanto viene fatto dalla Regione in merito all’immigrazione è totalmente inadeguato. Ognuno è libero di fare il bagno come ritiene giusto, ma è anche importante spiegare educatamente che in un paese laico e libero come l’Italia, ogni donna è libera di fare il bagno in costume, che è molto più comodo che tutte vestite.”