Il 25 aprile irriconoscente del Sindaco di Cervignano

“Cittadini, lavoratori! Sciopero generale contro l’occupazione tedesca, contro la guerra fascista, per la salvezza delle nostre terre, delle nostre case, delle nostre officine. Come a Genova e a Torino, ponete i tedeschi di fronte al dilemma: arrendersi o perire!” Sono le parole che fondano la ricorrenza della Festa della Liberazione nel 25 aprile 1945, giorno della chiamata all’insurrezione generale, e a pronunciarle è la voce di Sandro Pertini, il Presidente più amato, il Presidente Partigiano, Deputato della Costituente, antifascista, socialista, neutralista, esiliato, recluso e confinato dal fascismo, membro a quei tempi del Comitato di Liberazione Nazionale. È d’obbligo, per chi fa un’orazione istituzionale il 25 aprile, dire come nasce questa data basilare, dire cosa fu il fascismo prendendone le distanze, dire il ruolo centrale della Lotta partigiana che culminò nella chiamata di cui sopra, dire che l’intera nostra vita è garantita e protetta dal tessuto di compiti, diritti e regole scritto nella Costituzione del ‘48 che esclusivamente da questa Lotta prende vita. Il sindaco di Cervignano non conosce né vuole assolvere questo compito, quindi relega il ruolo partigiano alla periferia, in una parola appena smozzicata detta a fatica alla fine del suo discorso, centrato invece nel richiamo alla forza determinante degli Alleati e nel sacrificio dei Militari italiani internati nei campi tedeschi. Il sindaco sembra assumersi il compito politico ed esistenziale di sgombero della memoria e di riscrittura della storia, sia per silenziare la profondità e ampiezza dell’ideale di libertà, democrazia, pace, giustizia sociale, e delle spinte all’emancipazione ed alla ribellione ai soprusi, per cui morirono partigiane e partigiani, sia per tentare di cancellare la realtà storica che inquadra ed affida alla Lotta partigiana il grande merito del sorgere del patto sociale costituzionale che formalizza e fissa i caratteri di quell’ideale, unendoci come popolo. Certo, per concludere la guerra fu fondamentale il contributo degli Alleati; tuttavia sono i movimenti di popolo (e la Resistenza lo fu), non gli eserciti, ad essere guidati dalla forza delle idee, e non furono certamente gli Alleati a dare al popolo italiano quella dignità che il fascismo aveva cancellato e che ci permise di istituirci come Repubblica, dandoci da soli una Costituzione diversamente dalla Germania, salvando anche le nostre strutture industriali. E di garantire così anche il diritto del sindaco a quella libera parola che gli consente di dar fiato a omissioni simili ad imbrogli e a favole atte a riscrivere la nostra storia fondativa, in coerenza con le ambizioni del centrodestra nazionale – ove milita la sua giunta – che quotidianamente utilizza il silenziamento delle voci che dissentono, la repressione, l’uccisione del confronto, i media venduti, le falsità e le menzogne fatte spudoratamente sistema.
Ma le idee restano, non stia così tranquillo il sindaco dalla voce corta e dal naso lungo. Perché qualcuna le raccoglierà e racconterà sempre. “Non piangetemi, non chiamatemi povero. Muoio per aver servito un’idea” (Lettere di condannati a morte della Resistenza europea, Einaudi). Così scrisse con la punta di uno spillo sulla copertina di una Bibbia Guglielmo Jervis, Medaglia d’Oro al Valor Militare, Partigiano, torturato, fucilato e poi impiccato nell’agosto del 1944. Le idee, quando umane e belle, sono forti.
E citi pure il sindaco durante la sua commemorazione le pietre d’inciampo che ha realizzato (di cui lo ringraziamo, pur con la carenza di approfondimento che ne ha caratterizzato la posa), ma sui fondamenti non vale il principio di compensazione. Citi pure le parole di Antoine de Saint-Exupéry, la trovata di quest’anno dei suoi suggeritori/suggeritrici, e le arricchisca dei suoi banali commenti personali. Emerge nel suo discorso la volontà di trascurare voci più attinenti, quelle di Sandro Pertini, Piero Calamandrei, Concetto Marchesi, Tina Anselmi (nel cui partito il sindaco militava), Nilde Jotti… di non far parola delle Repubbliche libere come quella della Carnia, fucine di sperimentazione democratica, di non dire a proposito degli Alleati che furono le formazioni partigiane ad entrare per prime, dichiarandole libere, nelle più grosse città del Nord Italia, tra cui la nostra Udine, e Firenze, Genova, Torino, Milano… Si studi un po’ di torture subite da Partigiani e Partigiane prima di relegarli senza alcuna riconoscenza ad attori secondari nel suo raccontino da scuola media. Non occorre andare lontano, basta Palmanova con le sue pratiche di smembramento e di esposizione di corpi nudi appesi ancora vivi al ghiaccio dell’inverno. Il fascismo è violenza, ferocia, oppressione, e lo è nel cuore, nella teorizzazione di un mondo fatto da privilegiati e da calpestati, nel razzismo, nell’esigenza di un nemico da distruggere (sia esso un ebreo o un comunista o ciò che in quel momento serve). Andrebbe detto e ripetuto quotidianamente cosa fu e cosa è il fascismo, soprattutto in un periodo ed in una realtà internazionale che questa ferocia ormai sta facendo propria. Il 25 aprile ci ricorda che quel grande crimine travestito da idea è stato 80 anni fa rifiutato e, come la guerra, ripudiato e reso illegale dalla Costituzione che, invece, impone alla Repubblica compiti di solidarietà e uguaglianza, garantendo tutto ciò che è centrale per ogni vita, il lavoro, la cui dignità è fondamento di ogni altro principio, la salute come diritto universale, una scuola libera. Abbiamo ancora la scuola della Repubblica, pur malconcia e stanca dopo una miriade di attacchi: salviamola in quanto scuola di pensiero critico, che ci consente di smascherare le narrazioni tossiche, salviamo la Costituzione antifascista come unico anticorpo che possediamo. Scrisse Paola Garelli, Partigiana, anni 28, fucilata dai fascisti nel novembre del 1944 “Mimma cara, la tua mamma se ne va pensandoti e amandoti, mia creatura adorata, sii buona, studia. Non devi piangere né vergognarti per me. Quando sarai grande capirai meglio. Ti chiedo una sola cosa: studia, io ti proteggerò dal cielo” (ivi).
Esigiamo di vederle ed ascoltarle, le parole partigiane, le vogliamo centrali nei discorsi istituzionali di chi sulla Costituzione ha giurato. In questo periodo triste prevale l’omissione sia in palchi di piccoli comuni sia tra i banchi del governo quando si preferisce il 25 aprile essere altrove. Vengono invece gridate, queste parole, nelle piazze che rispondono, sempre più piene, alla pochezza di certa classe politica.
Celina Balducci, Dianella Pez, Alessia Zambon del Gruppo Donne contro la guerra Bassa Friulana