Il marchio “Io Sono Friuli Venezia Giulia” alla Scuola Mosaicisti del Friuli . Chi si contenta gode, ma quello slogan è decisamente brutto e pericoloso

ass Zannier_presidente Lovison_presidente Filipuzzi

Con il conferimento del marchio “Io Sono Friuli Venezia Giulia”, la Scuola Mosaicisti del Friuli spiega una nota della stessa scuola, “entra a far parte del progetto collettivo che testimonia la sostenibilità ambientale, economica e sociale e l’origine delle produzioni e delle iniziative nate nella nostra regione e orgogliose di farne parte. Un marchio dunque simbolo di una comunità che vive in un territorio ricco di risorse, qualità, saperi e tradizioni da valorizzare”. In realtà bisogna dire che cresce in Friuli un certo malcontento per quel marchio che alcuni, certamente sbagliando in eccesso ma non senza ragioni di fondo, affermano essere addirittura marchio dell’infamia, della omologazione in salsa “regionale” delle specificità dei singoli territori, una sorta di scippo delle eccellenze locali che in una comunità vasta sono in realtà ricchezza collettiva se mantengono la propria specificità anche nell’immagine. Intendiamoci, non è che si voglia mettere in discussione l’ente Regione, anche se forse un ripensamento a livello nazionale sul decentramento, a partire dalla sanità, andrebbe fatto, ma riportare tutto ad una sorta di marketing omologatore appare una forzatura inutile e dannosa. Posizione questa in gran parte condivisibile e almeno degna di essere valutata e non piallata come tende a fare la Regione con Fedriga che di quello slogan, probabilmente, vuol fare il suo “cartello” personale  per le prossime elezioni regionali . Quello slogan più che sbagliato è decisamente brutto. Per Stefano Lovison, presidente della Scuola Mosaicisti del Friuli, invece si tratta di “un vanto che conferma un percorso intrapreso dall’Istituzione nell’ambito specifico del mosaico promosso come un ‘saper fare’ proprio del territorio regionale, un’arte che le maestranze friulane hanno portato nel mondo”. Questo è uno dei motivi che, ha spiegato Filipuzzi, che ha condotto la Fondazione Agrifood & Bioeconomy FVG, a cui è demandata la concessione del marchio, a ritenere la Scuola Mosaicisti del Friuli particolarmente rappresentativa della nostra regione: i mosaici che escono dai laboratori della Scuola sono frutto di una storia, di una cultura, di una tradizione che ha saputo coniugarsi con ricerca e innovazione. Il mosaico, arte millenaria, è forma espressiva attuale, capace di declinarsi nell’architettura, nell’arredo e nel design, così le opere musive veicolano l’identità regionale e raggiungono Paesi anche molto lontani qualificando con luce, colore e bellezza luoghi pubblici e privati, civile e religiosi, aperti e chiusi. Ecco allora, come ha spiegato l’Assessore regionale Zannier, che l’assegnazione del marchio va oltre il riconoscimento di un luogo d’origine o della qualità produttiva: significa far parte di una comunità, credere in una visione ampia e articolata dove ognuno si impegna e contribuisce nel segno della sostenibilità a fare “grande” il Friuli Venezia Giulia. Sarà, ma a noi di Friulisera sembra invece una pasticciata operazione di facciata, un marketing ingannevole, che in qualche modo anziché arricchire priva il Friuli di una specialità. Specilità che non va mai contrapposta ad altre specialità ma che deve mantenere la propria anima, storia e autonomia.