Il pugile triestino Broili sul ring del Palachiarbola con tatuaggi nazisti, scoppia la polemica. L’incontro con il patrocinio del Comune di Trieste
Ancora oggi il pugilato viene chiamata “nobile arte della difesa” vuoi per la lunghissima storia di questa disciplina, nota fin dai tempi di Omero e da sempre inserita all’interno dei Giochi Olimpici dell’era antica , vuoi perchè per praticarla non basta la forza bruta ma anche disciplina e capacità di domare e razionalizzare l’istinto. Purtroppo questi valori, discussi e discutibili, diventano carta straccia quando chi pratica la “nobile arte” dimostra con comportamenti di vita violenti e simboli ostentati che a prevalere è la brutalità ideologica. Purtroppo l’ennesimo caso arriva da Trieste, con tanto di condanna da parte della Federazione italiana pugilato per quanto visto sul ring del Palachiarbola dove, in un incontro per il titolo italiano dei pesi Superpiuma, il triestino Michele Broili si è presentato con un torace interamente coperto da tatuaggi con simboli nazisti. Dalla «testa di morto», il totenkopf, che richiama l’unità paramilitare addetta alla custodia dei campi di concentramento della Germania nazista, al simbolo delle SS. Ma sul corpo del pugile anche un enorme castello coronato dalla scritta «Ritorno a Camelot», il nome di un raduno che si tiene ogni cinque anni organizzato dal Veneto Fronte Skinheads.
Riporta l’Ansa: La Fpi (Federazione Pugilistica Italiana) venuta a conoscenza e preso atto della situazione emersa nel corso dell’incontro di pugilato disputatosi oggi a Trieste tra i pugili Michele Broili e Hassan Nurdine, valevole per il titolo italiano dei pesi superpiuma, “condanna e stigmatizza con forza e perentoriamente il comportamento del proprio tesserato e si dissocia da ogni riferimento che i tatuaggi offensivi dallo stesso portati evochino. Tale comportamento è in palese contrasto con le norme sancite dal “Codice di Comportamento Sportivo del Coni (art.5)” che la F.P.I. recepisce, condividendone spirito e contenuto. Per tali ragioni la Fpi “si riserva di sottoporre agli Organi di Giustizia Federali tale comportamento affinché ne sia, nelle opportune sedi, valutata la contrarietà rispetto allo Statuto ed ai Regolamenti Federali e vengano adottate le opportune misure sanzionatorie anche a tutela dell’immagine della Federazione Pugilistica Italiana. Riservandosi, altresì, ogni opportuna azione”. “Durante l’incontro – aggiunge la federazione in una nota – si sono notati alcuni tatuaggi sul corpo del pugile Broili inneggianti al nazismo e, come tali, costituenti un comportamento inaccettabile e stigmatizzato da sempre dalla Federazione Pugilistica Italiana, la quale è costantemente schierata contro ogni forma di violenza, discriminazione e condotta illecita e/o criminosa. Ovviamente di tale comportamento è esclusivamente responsabile il tesserato che lo ha posto in essere e, semmai, indirettamente ed oggettivamente la Società di appartenenza che lo abbia avallato e/o tollerato. Alcuna responsabilità può e deve essere ascritta alla Federazione Pugilistica Italiana, la quale non può essere a conoscenza delle scelte personali di ogni singolo tesserato sino a quando non ne abbia contezza”. Vero ma viene da chiedersi la società sportiva di appartenenza non era a conoscenza? Il pugile Broili si allenava da solo nella cantina di casa sua o frequentava sedi sportive? In realtà i tatuaggi nazisti di Broili erano già noti a Trieste e nell’ambiente della boxe italiano. A febbraio delll’anno scorso era infatti scoppiata una polemica perché una foto del pugile era stata scelta per la Trieste Boxe Night, un evento organizzato dall’associazione sportiva Ardita (di cui Broili fa parte) con il patrocinio del comune di Trieste. Per evitare polemiche in quell’occasione Ardita aveva eliminato l’immagine di Broili dalla locandina, ma la polemica anche contro l’amministrazione comunale giuliana si trascinò a lungo. Insomma tutti o quasi non potevano non sapere e quindi la domanda legittima che campeggia anche nel titolo della Gazzetta dello Sport è: “Ma come è possibile che gli sia stato concesso di salire sul ring per il titolo italiano?” Per altro la stessa Gazzetta ci ricorda che sul ring del Palachiarbola di Trieste, il match tra Hassan Nourdine, nato a Tazzarine in Marocco ma residente ad Asti ed il triestino Michele Broili è stato ad appannaggio esclusivo dell’astigiano Nourdine che conquista così il tricolore dei superpiuma. La riunione pugilistica è stata organizzata dalla Promo Boxe Italia di Mario Loreni e dall’Ardita Boxe in collaborazione con il comune di Trieste e la Lion Gym. Forse sarebbe il caso che i candidati sindaci prendano le distanze da quella “collaborazione”.