“Keep calm”: Mantenete la calma sulla sentenza Tar. Ma serve che la Regione ricorra al Consiglio di Stato

Qualcuno quella sentenza del Tar sulla pretesa di ottenere le anagrafiche dei firmatari della petizione “No-acciaieria” l’ha definita un obbrobrio. Parole forse eccessive ma di certo i giudici amministrativi hanno valutato la questione solo in punta di arido diritto, con un rigido approccio burocratico che mal si adatta ad una questione che potrebbe avere ripercussioni sociali serie. Per non dire poi che le toghe non hanno argomentato in maniera solida dal punto di vista giurisprudenziale la loro sentenza citando precedenti. Ma detto questo, ci sono davvero rischi per i firmatari della petizione? La risposta che vorremmo dare è un deciso “no” ma invece è solo un “ni”. Ma comunque è bene  citare la frase coniata più di 80 anni fa in Gran Bretagna: quel “Keep calm and carry on” insomma mantenete la calma e andate avanti, nata come efficace campagna che l’allora governo di Sua Maestà mise in campo per tranquillizzare la popolazione e prepararla ad affrontare con il giusto atteggiamento anni di guerra, difficoltà e giorni bui. Certo non sarà guerra fra Danieli e gli oltre 20000 firmatari e c’è ragionevolmente da pensare che non arriveranno giorni bui, ma sicuramente è comprensibile una certa apprensione da parte di persone non certo avvezze a ricevere le famigerate buste verdi “atti giudiziari” se non magari quelle per una multa per divieto di sosta. Tranquilli, pensare ad azioni risarcitorie di massa non sarebbe conveniente per la stessa azienda di Buttrio, se non altro sul piano dell’immagine. Ma ovviamente la vicenda non va minimizzata, perché anche la semplice minaccia resta un gravissimo attacco alla libertà di opinione ed un peso psicologico che ci viene segnalato da più parti. Rassicuriamo allora perché ragionevolmente sarà  difficile che i firmatari possano, nella loro generalità, avere problemi di natura giudiziaria per il semplice fatto di essersi giustamente mobilitati per esprimere il proprio dissenso dinnanzi all’imposizione di una struttura industriale che avrebbe avuto un impatto territoriale e ambientale  notevole. Più probabile invece la possibilità che la Danieli decida di colpire in maniera mirata qualcuno, ma soprattutto che costituisca una black list a futura memoria, magari escludendo fornitori o aspiranti dipendenti. Ancora diversa potrebbe essere la posizione per chi dipendente gruppo Danieli lo è già, si potrebbe aprire una teorica vertenza per volontà dell’azienda di colpire i dipendenti firmatari della petizione rei di avere infranto  il cosiddetto “obbligo di fedeltà” con l’azienda e i suoi interessi. Anche in questo caso però si aprirebbe una vertenza di natura sindacale che difficilmente vedrebbe soccombere il lavoratore, ma è altrettanto evidente che la semplice contestazione potrebbe essere psicologicamente punitiva. Per questi motivi non si deve rimanere silenti in attesa degli eventi. Occorrerà una mobilitazione a partire dalla massima circolazione di informazioni corrette e chiamando la politica alle proprie responsabilità che, in questa vicenda, sono molte. Tralasciando la genesi che ha portato alla petizione, che non avrebbe avuto ragione di essere se solo il presidente Massimiliano Fedriga e il suo assessore Sergio Emidio Bini, non avessero pasticciato facendo promesse all’allora paron della Danieli, l’ormai scomparso Enrico Benedetti, per poi decidere una giravolta che ha provocato come azione punitiva indiretta proprio la richiesta della Danieli di avere i nomi dei firmatari della petizione. Così oggi la palla torna proprio in mano alla  politica e precisamente alla giunta e maggioranza regionale che dovranno decidere sul ricorso al Consiglio di Stato. Al momento solo le forze d’opposizione si sono espresse chiedendo al presidente di agire, ed invece per ora  il silenzio, non solo di Fedriga, ma anche dei partiti di maggioranza, è davvero insopportabilmente assordante.