La geopolitica è tornata di moda. Trieste spera nella Cina e nella Germania. Il Friuli teme il pericolo giallo, indeciso se stare con gli Usa o con la Russia
All’inizio c’era la Cina, pronta a comprare il porto di Trieste per i suoi commerci. Poi si è messa di mezzo la geopolitica.
Caracciolo con la rivista Limes è attualmente il vate indiscusso di questa disciplina e la sua presenza in Friuli ed a Trieste va crescendo come i tornado nel “middle west”. Siamo così venuti a sapere che, se l’Italia non ha ancora capito cosa fare da grande e in giro conta come il due di coppe a briscola, il nostro grande porto mitteleuropeo e il territorio al contorno stanno diventando la posta in gioco di una partita piuttosto affollata.
Andiamo con un certo ordine. Gli Stati Uniti non si fidano più dell’UE franco-tedesca e per arginare le storiche brame imperiali russe sono propensi ad assecondare la proposta polacca del “trimarium”, con tre pilastri, sul Mar Baltico (Polonia), sul Mar Nero (Romania), sul Mare Adriatico (Croazia). Si va da Danzica a Fiume e questo permette di configurare un sistema militarmente rafforzato con paesi appartenenti all’ex dominio sovietico, direi quasi una riedizione molto più ampia dello storico “confine militare” che proteggeva i territori asburgici dalle mire degli ottomani. Appare allora evidente come per la nuova “red belt” il porto di Trieste e la base di Aviano siano di una importanza logistica strategica.
Contemporaneamente, come ormai è noto da tempo, Cina e Germania puntano a rafforzare le infrastrutture al servizio dei loro commerci, ormai conosciute come “silk roads” che spaziano tra i vari continenti dalla terra al mare. Se le vie di terra sono soprattutto una questione che coinvolge la Russia sia a nord che a sud (Balcani), tra quelle marittime emerge una nuova centralità del Mediterraneo su cui si appuntano gli appetiti e le speranze per Trieste. Ma gli USA sono convinti che i commercianti non la contano giusta e che strategie militari e digitali occulte siano pronte ad entrare in funzione a loro danno.
Insomma sembra proprio che si sia aperta la seconda edizione della “corsa per Trieste” e che lo stesso trattato di pace di Parigi sia ancora gestibile per quanto riguarda il tema dell’istituzione del TLT (Territorio Libero di Trieste): e non solo in relazione all’Allegato VIII che permette un particolare regime di Zone Franche portuali su cui interessi plurimi hanno puntato il mirino.
Il Friuli in questo gioco diventa naturalmente un retro porto (o piattaforma logistica) e potrebbe vedere all’orizzonte due rischi. In primo luogo c’è una possibile espansione industriale delle Zone Franche triestine in concorrenza spietata con l’attuale sistema produttivo, e da qui nasce la campagna anti cinese guidata dal presidente degli industriali pordenonesi Agrusti. Ma certamente più concreto e gravido di conseguenze comincia ad intravvedersi un rinnovato futuro destino militare di tutta l’area nell’ambito della ristrutturazione strategica delle forze nello spazio europeo.
Insomma tra tedeschi a cui gli americani chiedono un deciso schieramento e impegno di riarmo, cinesi sospettati dei più loschi affari con mire perverse occultate nei telefonini, russi e “nuovi ottomani” infiltrati ovunque nel Balcani, questa Europa di mezzo è diventata nuovamente un incubo per i servizi segreti e vede gli USA decisi a rinforzare il loro dominio in Europa e a farne pagare i costi anche agli altri.
Dentro tutto ciò noi vecchi abitanti dell’area nord adriatica rischiamo di non capire più nulla di quanto ci sta succedendo intorno. E le nostre identità storiche aperte al mondo rischiano di essere riassorbite da cupe restaurazioni reazionarie e nazionaliste.
Dimenticavo l’Italia. Caracciolo la considera non pervenuta in materia geopolitica, priva di un qualsiasi pensiero strategico, a fare il paio con una Unione Europea non in grado di esprimere una linea comune e nemmeno a far pesare la stessa propria dimensione economica.
Quale spazio resta a noi cittadini del F-VG che da Trieste a Pordenone, transitando per una dormiente Udine, vediamo riavvicinarsi alcuni spettri del passato con una rimessa in discussione del nostro far parte di una comunità transnazionale già viva a partire dalla concreta situazione di Gorizia? Magari ogni tanto qualcuno in stato confusionale si scuote e manda, da destra e da sinistra, invocazioni di aiuto a Putin, spero inascoltate.
In un convegno tenutosi a Trieste pochi giorni fa uno studioso ungherese Peter Techet ha proposto una riorganizzazione dell’Unione Europea come riedizione dell’Impero Asburgico proponendone la nuova capitale Trieste proprio a partire dalla sua dimensione costitutiva extra nazionale. Trieste città globale per definizione. E d’altronde anche esponenti della società civile (tedeschi, sloveni, italiani e friulani) che guardano con preoccupazione al tema della pace e dell’ambiente si sono incontrati nell’autunno scorso a Klagenfurt ed hanno rilanciato il tema di una Regione trans statale di Alpe Adria.
Forse tutte queste considerazioni sono pure fantasie prive di concretezza e tutto sommato è meglio occuparci solo del declino dell’Udinese e del futuro radioso di Pordenone e Triestina. E accontentarci della presenza di Fedriga alla Fiera della Logistica di Monaco di Baviera. Ma prima o poi anche l’Italia sarà costretta a svegliarsi e non oso immaginare dove potrà portarci.
Giorgio Cavallo