L’autonomia scolastica al centro di una tavola rotonda. Ma poi emerge anche la sanità e lo spezzatino che si vorrebbe fare dello Stato

Un interessante tavola rotonda sul tema dell’Autonomia scolastica un Fvg si è svolto ieri pomeriggio a Zugliano presso il Centro Balducci. L’evento che ha visto la partecipazione soprattutto di personale scolastico era organizzata da Open Sinistra e dal sindacato Flc-Cgil. Hanno dato vita al dibattito, fra gli altri,  l’assessore regionale all’Istruzione Alessia Rosolen, Salvatore Spitaleri della Commissione paritetica Stato Regione, Stefano Stefanel dirigente scolastico, Dianella Pez in rappresentanza dei Comitati per il ritiro dell’Autonomia differenziata, Adelaide Puddu, presidente di Proteo Fare Sapere Fvg che ha assunto anche il ruolo di moderatrice, Enrico Panini, ex-vice
Sindaco di Napoli e sindacalista, il consigliere regionale di Open Furio Honsell e il segretario generale della Flc-Cgil Francesco Sinopoli. In sostanza sindacato, mondo della scuola e politica si sono confrontati con punti di convergenza ma anche di dissenso, sullo spinoso tema dell’autonomia scolastica per fare il punto sul percorso di “regionalizzazione” e sui rischi che comporta. Il dibattito in realtà si è sviluppato oltre il giudizio sulla “scuola regionale” per arrivare alla madre della questione, la richiesta politica di “autonomia differenziata” che ha visto come apripista le regioni Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna. Pur per ragioni diverse e senza che si sviluppi un reale dibattito nazionale, si sta proseguendo nel tentativo di modificare in maniera profonda e, a nostro parere, pericoloso la stessa struttura del stato nazionale in senso federale. Sorgono spontanei quindi, partendo anche dal dibattito di ieri, alcuni quesiti: l’autonomia differenziata e aggiungeremmo la riforma del Titolo V della Costituzione che ha aperto le danze, era nello spirito con il quale i costituenti avevano previsto l’esistenza delle Regioni ed il passaggio territoriale di competenze su alcuni temi specifici? La risposta è ormai scontata dimostrata dai fatti, ma se sbagliare è umano, perseverare appare davvero diabolico.  Fra l’altro tutta la vicenda dell’Autonomia differenziata, che non è un particolare secondario nella vita dei cittadini,  resta sottotraccia, come fosse oggetto di trattativa “segreta” a partite dal fatto che lo scorso anno la norma è stata inserita in maniera anomala tra i collegati alla legge di bilancio, quasi a garantirne una intoccabilità futura. Insomma un modo per blindare il disegno di legge attuativo e farlo passare senza discussione forse in nome della solita spada di Damocle della “governabilità”. Va detto che una revisione politica del progetto sarebbe fondamentale perchè una delle cose che ha messo in discussione la pandemia e le vicende tragiche che l’hanno accompagnata, è proprio la debolezza che ha provocato l’autonomia regionale nel settore sanitario. Il servizio sanitario nazionale è stato infatti il primo a diventare terreno di prova di questo regionalismo avanzato e non ha certamente dato prova di efficienza da nord a sud, anzi non ha funzionato neppure nelle regioni che avevano, sulla carta, i migliori fondamentali. Mutuando questo sistema al sistema scolastico appare evidente che la situazione potrebbe perfino essere peggiore. In sanità  si è puntato ad una gestione di incarichi e di dirottamento di risorse verso il privato, basta guardare il sistema “lombardo” e ahinoi quella targato Riccardi, indebolendo ulteriormente il sistema già indebolito dai tagli precedenti. Nella scuola, sottotraccia, c’è invece la formazione del consenso futuro attraverso l’uso subdolo di una struttura che alla fine potrebbe generare, all’estremo, su programmi e incarichi, tanti piccoli “min-cul-pop” regionali. Eppure se c’è una cosa che la pandemia ha insegnato (anche con una proliferazione anomala di croci nei cimiteri),  è che le regioni non sono affidabili proprio sul terreno che dovrebbe essere il loro specifico campo d’azione. L’utilizzo autarchico delle risorse che viene richiesto a gran voce non è la panacea dei mali, anzi, la sanità pubblica, che costituisce peraltro il fondo di gran lunga maggiore delle loro risorse finanziarie, ha dimostrato il contrario. Tutti gli errori compiuti hanno fatto rimpiangere anche a chi non voleva l’autorità dello Stato centrale. Sembrerebbe naturale che in questo momento un minimo di pudore consigliasse alle regioni di stare defilate in silenzio, riaprendo il libro che pare già scritto, per ridiscuterlo. Niente affatto, vogliono l’autonomia differenziata per fare quello che gli pare e non solo nelle regioni in mano al centrodestra, ma anche in quelle governate dal centrosinistra si trovano sostenitori accaniti. L’autonomia differenziata, che qualcuno vorrebbe addirittura anche sui Vigili del Fuoco, fra l’altro, dà alle regioni competenze stringenti su beni culturali e paesaggio,  mutuando così nella pratica lo slogan “padroni a casa nostra”. Così si potrebbe arrivare a dettare legge anche sui beni comuni ed artistici: su Venezia decide solo il Veneto, su Roma solo il Lazio e sul Friuli, non solo i friulani però, dato che nonostante i decenni passati, il Fvg è purtroppo una regione unitaria solo nella testa della politica. Sarebbe decisamente il caso che su queste vicende si parlasse più in generale anche al di fuori degli operatori del sistema scolastico, perchè il rischio serio è che la sorte dei cittadini italiani finisca sotto gli interessi di bassa bottega delle nomenklature regionali.