Lavoro, indagine Ires Fvg su dati Inps: in forte flessione rapporti a termine(-11.7%) crescono assunzioni a tempo indeterminato
Nel primo trimestre del 2019 il numero di nuovi rapporti di lavoro dipendente attivati in regione nel settore privato (esclusa l’agricoltura) è diminuito dell’11,7% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente (4.445 assunzioni in meno). La significativa crescita delle nuove assunzioni a tempo indeterminato (706 in più, pari a +13,3%) e in apprendistato (+114 unità, +6,5%), infatti, non ha compensato le forti flessioni dei rapporti a termine (-1.536, pari a -10,3%) e soprattutto in somministrazione (-3.903, oltre un terzo in meno). Infine risulta stabile il ricorso al lavoro stagionale e si rileva un moderato incremento di quello intermittente (+5,8%, pari a +169 nuovi contratti), dal 2017 utilizzato come alternativa ai voucher. Lo rileva il ricercatore dell’Ires Fvg Alessandro Russo che ha rielaborato dati Inps.
Gli effetti del Decreto Dignità
L’approvazione a luglio 2018 del cosiddetto “Decreto Dignità” ha introdotto importanti modifiche nei contratti a tempo determinato, in particolare riducendone la durata massima (da 36 a 24 mesi) e il numero di proroghe possibili (da 5 a 4), aumentando il contributo addizionale previsto per ogni rinnovo e reintroducendo la causale (se il contratto supera i 12 mesi). La legge di conversione del Decreto (approvata quasi un mese dopo) ha poi previsto un regime transitorio fino al 31 ottobre, mentre dal 1 novembre 2018 in poi si applicano solamente le nuove regole. A partire dalla seconda metà dello scorso anno si possono pertanto osservare degli evidenti effetti sulle dinamiche dei contratti a termine e in somministrazione. In entrambi i casi si rileva un’interruzione della fase espansiva che era iniziata nel 2016. È anche vero che nei primi mesi del 2019 il numero di trasformazioni dei contratti a termine in tempi indeterminati è quasi raddoppiato rispetto allo stesso periodo dello scorso anno (era uno degli obiettivi del Decreto), ma si tratta del proseguimento di un trend già precedentemente in atto (nei primi sei mesi del 2018 l’incremento era stato pari a +90,7%). Le trasformazioni a tempo indeterminato di rapporti in somministrazione, pur in deciso aumento, sono numericamente marginali (+143 unità nel primo trimestre 2019 rispetto al periodo gennaio-marzo 2018). Per effetto delle novità normative che hanno riguardato il mercato del lavoro è dunque sensibilmente diminuito il ricorso delle imprese ai contratti a termine e in somministrazione, in evidente discontinuità con il passato, mentre è proseguita la crescita delle stabilizzazioni in continuità con i primi mesi dell’anno scorso. Non bisogna infatti dimenticare che la forte espansione delle assunzioni a termine nel biennio 2016-2017 ha successivamente determinato un fisiologico incremento delle stabilizzazioni a tempo indeterminato, ulteriormente favorito dalle recenti novità normative e anche dagli incentivi rivolti ai giovani fino a 35 anni. Si può ricordare che nei primi tre mesi di quest’anno le assunzioni dei giovani under 35 che hanno beneficiato dei relativi sgravi contributivi sono state 311 su un totale di 5.997 nuovi rapporti a tempo indeterminato (5,2%), le trasformazioni 521 su 6.417 (8,1%).
Cresce la componente a tempo indeterminato
I rapporti di lavoro a tempo indeterminato avevano avuto un forte impulso nel 2015, grazie alla possibilità per le imprese di usufruire di consistenti sgravi contributivi; negli anni successivi questa notevole crescita è stata solo in parte intaccata. Nel 2018 e nei primi mesi del 2019 si è registrato un nuovo importante incremento e, se si considerano le variazioni nette dei contratti a tempo indeterminato (assunzioni più trasformazioni di altre tipologie contrattuali meno le cessazioni), il saldo della prima parte di quest’anno risulta ampiamente positivo e pari a oltre 6.000 unità in regione.
I motivi delle cessazioni dei rapporti a tempo indeterminato
Negli ultimi anni si può rilevare un netto aumento delle interruzioni dei contratti per dimissioni dei lavoratori, che riguardano ormai il 70% delle cessazioni dei rapporti a tempo indeterminato in regione. A seguire si trovano i licenziamenti di natura economica, in deciso calo nel tempo (erano pari a quasi 40% nel 2014, nel 2018 sono scesi sotto il 20% del totale), che comprendono quelli avvenuti per giustificato motivo oggettivo, licenziamento collettivo, per esodo incentivato, cambio appalto o interruzione di rapporti di lavoro nel settore edile per completamento dell’attività e chiusura di cantiere. Sono infine meno numerosi ma in aumento i licenziamenti di natura disciplinare, che includono quelli per giusta causa o giustificato motivo soggettivo: passati dal 2,5% del totale nel 2014 al 4,5% nei primi tre mesi del 2019.
Più aperture di partite Iva
Sempre nel periodo gennaio-marzo 2019 il numero di nuove partite Iva in regione è stato pari a oltre 3.100, quasi il 3% in più rispetto al primo trimestre 2018, una variazione inferiore rispetto a quella registrata a livello nazionale (+7,6%). A livello territoriale Gorizia mostra una sensibile flessione (-17,5%, la più pesante in Italia dopo quella di Benevento pari a -24,7%), Trieste e Pordenone presentano incrementi in linea con il dato nazionale e vicini all’8%, Udine un aumento più contenuto (+3,1%). Con il recente cambiamento delle regole di adesione al regime forfettario, che ne hanno ampliato notevolmente la platea, saranno particolarmente interessanti i dati relativi all’andamento delle aperture di partite Iva nel corso di tutto il 2019. È infatti prevedibile una ulteriore fase di crescita, anche perché alla luce delle novità normative il lavoro autonomo può in certi casi presentare una maggiore convenienza rispetto all’occupazione dipendente.
I dati statistici relativi alle aperture delle nuove partite Iva di imprese e professionisti sono quelli comunicati all’Amministrazione Finanziaria e memorizzati nelle banche dati dell’Anagrafe Tributaria. Si ricorda che le informazioni riguardanti le chiusure non vengono pubblicate perché non significative da un punto di vista economico, in quanto al momento della cessazione dell’attività spesso i contribuenti non adempiono all’obbligo di chiusura della partita Iva.
In aumento le domande di disoccupazione
Nei primi tre mesi di quest’anno risultano in aumento anche le domande di prestazione NASpI (Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego), passate da circa 7.200 a quasi 8.000 in regione (+10,4% rispetto al +6,6% nazionale); si tratta di un ulteriore segnale di criticità proveniente dal mercato del lavoro. Si ricorda che la NASpI è una prestazione erogata a favore dei lavoratori dipendenti che abbiano perso involontariamente l’occupazione. La NASpI riguarda tutti i lavoratori dipendenti ad eccezione degli operai agricoli (per i quali è prevista un’altra specifica tutela) e i lavoratori a tempo indeterminato della pubblica amministrazione.